Violenza da lockdown: l’indagine del Cnr.

Quali conseguenze ha avuto la convivenza forzata causata dalla pandemia sugli equilibri delle coppie italiane? Una domanda alla quale provano a rispondere due indagini nazionali, condotte tra marzo e aprile 2020 dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr (Osservatorio Mutamenti Sociali in Atto Covid-19).

Le due indagini hanno mostrato l’esistenza di un rischio di incremento dei fenomeni di violenza di coppia, registrando, al trascorrere del lockdown, un aumento dei soggetti che hanno dichiarato la possibilità di atti di violenza psicologica reciproca fra i due sessi e di violenza fisica verso le donne.

Percezione del rischio di violenza di coppia

“Nella primavera 2020, durante il lockdown”, spiega Antonio Tintori, ricercatore del Cnr-Irpps, “la convivenza forzata tra partner ha riguardato quasi il 60% degli intervistati a livello nazionale. Tra questi, oltre il 15% ha vissuto con figli piccoli e circa il 50% con figli con età pari o superiore a 12 anni. La convivenza è avvenuta nel 15% dei casi in un piccolo appartamento (circa 50/70 mq). I dati hanno dimostrato che l’allungarsi del periodo di confinamento può causare un incremento dei casi di violenza domestica, anche in presenza di minori: nella prima indagine, circa il 3,4% dei genitori ha dichiarato che i propri figli hanno assistito alle loro liti, percentuale che sale al 5,7% con la seconda indagine. La convivenza forzata, inoltre, ha generato preoccupazione tra i partner rispetto alla stabilità della coppia nel 6% dei casi nel primo periodo di osservazione, nell’8% nella seconda indagine”.

Opinioni circa alcuni stereotipi di genere

A partire da marzo l’Osservatorio ha analizzato con indagini su scala nazionale gli effetti psicosociali ed economici della crisi prodotta dalla pandemia: condizione abitativa, relazionale ed economico-lavorativa, attività quotidiane, iperconnessione e relativi stati psicologici, violenza di coppia e “assistita”, ovvero perpetrata in presenza di figli. “Gli stereotipi di genere, l’elemento cognitivo che può generare pregiudizio, discriminazione e violenza di genere, sono molto diffusi fra la popolazione italiana. Tale condizionamento riguarda circa il 15% degli intervistati, in particolare uomini di medio-basso livello di istruzione residenti nel Mezzogiorno e di età più avanzata”, evidenzia il ricercatore del Cnr-Irpps.

Opinioni circa alcuni stereotipi di genere (% per donne)        

“Il perdurare del lockdown ha rafforzato l’idea stereotipata, al punto da determinare una scansione dei compiti domestici a maggiore discapito delle donne e conducendo a ipotizzare che il periodo di incertezza abbia offerto una sorta di modello comportamentale di rifugio. Almeno 3 soggetti su 10 hanno visto l’isolamento forzato come il momento in cui la donna ha potuto riacquistare ‘il suo ruolo naturale di madre e moglie’. È emersa, inoltre, la tendenza a ritenere l’uomo degno di maggiori attenzioni, ad esempio la possibilità di uscire più spesso della donna per sopperire a varie esigenze domestiche. Abbiamo infine notato come tra le due indagini sia aumentata la quota di donne che accettano l’atteggiamento stereotipato di genere, testimoniandone la grande forza di persuasione e quanto questa, nell’attuale momento di crisi, si configuri come un rassicurante modello comportamentale anche tra le donne che ne sono vittime”.

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