Violazioni allo Stato di diritto in Ue. Lo strumento della condizionalità non funziona.
Procedimenti ai sensi dell’articolo 7 contro la Polonia
Da sempre reputato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, uno strumento fondamentale per la tutela dei principi comuni, lo spauracchio del meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto, che avrebbe dovuto bloccare i finanziamenti Ue verso i Paesi non rispettosi dei valori europei, si conferma poco sostanziale.
Negli anni, infatti, sono stati attivati procedimenti ai sensi dell’articolo 7 contro la Polonia per presunte carenze nell’applicazione dello Stato di diritto e recentemente, nel maggio 2024, è stata presa la decisione di chiudere il procedimento, nonostante il nuovo governo di Donald Tusk non abbia ancora adottato una sola riforma istituzionale e stia commettendo gravi violazioni dello stato di diritto.
Tutto in perfetta linea di continuità con il “tenore democratico” delle iniziative promosse negli ultimi anni dalla peggiore Commissione europea dalla fondazione dell’Ue.
Dovuto, quindi, capire su quali basi sia stato deciso di archiviare il procedimento contro la Polonia alla luce dell’assenza di alcuna riforma e, come evidenziato dall’eurodeputato Tomasz Froelich, quanto tale decisione stia intaccando la reputazione della Commissione, istituzione più interessata a rilasciare vere e proprie “certificazione di salute democratica” sulla base di semplici dichiarazioni e in assenza di serie riforme.
Per la Commissione, però, la decisione è stata presa sulla base di “una valutazione approfondita ed obiettiva della situazione dello Stato di diritto in Polonia, secondo il commissario Didier Reynders. Eh già! Si può tranquillamente dire che i diritti riproduttivi delle donne siano assolutamente protetti in Polonia.
Non dovrebbe sorprendere, poi, la supercazzola contenuta nella risposta dell’esponente della Commissione Ue: “È importante tenere presente che ciò che viene valutato è il “rischio evidente” di una grave violazione dello Stato di diritto ai sensi dell’articolo 7(1) TUE. Il riconoscimento da parte della Polonia dell’esistenza di carenze nello Stato di diritto che devono essere affrontate, l’adozione di un programma chiaro sotto forma di piano d’azione e il fatto che siano stati adottati i primi passi concreti per attuare il piano d’azione, nonché gli impegni assunti nei confronti del primato del diritto dell’UE e dell’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia dell’UE e della Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno portato la Commissione a concludere che non esiste più un rischio così evidente di grave violazione dello Stato di diritto da parte della Polonia”, conclude Reynders.