Viaggio nell’Italia delle Politiche Giovanili: l’Umbria.

Prosegue il viaggio di Sardegnagol alla scoperta delle leggi giovanili approvate nelle Regioni d’Italia. Un viaggio che, lo ricordiamo, si concluderà con un focus sulla situazione sarda. Recentemente assurta all’onore delle cronache politiche nazionali per le elezioni che hanno visto il centro destra prevalere su un’inedita coalizione PD/M5S, in Umbria è in vigore dal 2016 una legge sulle politiche giovanili.

La norma si rivolge ai giovani di età compresa tra i 14 e i 35 anni e attribuisce un ruolo centrale ai Comuni nella sua attuazione. Da un punto di vista strutturale la legge prevede un tavolo di coordinamento con gli enti locali sulle politiche giovanili composto dall’assessore competente, che lo presiede, e 12 assessori comunali individuati dal Cal. A tale organismo si affianca una consulta regionale dei giovani, composta al massimo da 35 rappresentanti, <<scelti con la massima trasparenza e garantendo parità di genere tra associazioni, movimenti giovanili, universitari, oratori, giovani imprenditori, giovani professionisti>>.

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I principali strumenti della legge sono il piano regionale per le politiche giovanili e il programma regionale per le politiche giovanili. Il primo, della durata di tre anni e approvato dal Consiglio regionale <<stabilisce, a partire dall’analisi dei bisogni dei giovani presenti sul territorio, le linee e gli obiettivi da perseguire, anche sulla base delle priorità strategiche contenute nei documenti di programmazione europei, nazionali e regionali di settore>>.

Il piano regionale, approvato di anno in anno dalla Giunta regionale, definisce le priorità degli interventi e dei progetti.

Principali soggetti attuatori degli interventi, come detto, sono i Comuni. Numerosi e ambiziosi gli ambiti operativi, a fronte di un fondo per le politiche giovanile destinato a finanziare la legge che nel primo anno era di soli 70.000 euro.  “Istruzione e Formazione”, con disposizioni per integrare il diritto allo studio e promuovere il riconoscimento della certificazione delle competenze e delle abilità acquisite; progetti innovativi volti a favorire l’ “Imprenditoria Giovanile”; “Accesso all’abitazione” da parte dei giovani, promuovendo anche interventi innovativi di autocostruzione e autorecupero degli edifici; “Incentivazione dell’utilizzo dei servizi pubblici di mobilità”; “Promozione della Salute”, con interventi per promuovere la sicurezza e la salute nei luoghi di divertimento e un’attenzione particolare alla sessualità sicura, secondo la strategia educativa denominata “peer education”, che mira a favorire la comunicazione tra adolescenti riattivando scambi di informazioni ed esperienze interne al gruppo dei pari (già adottata nelle scuole e con l’ausilio delle strutture sanitarie); “Cittadinanza attiva”, coinvolgendoli nei processi decisionali attivando progetti di e-democracy e, per chi ha compiuto i 16 anni di età, attraverso la partecipazione a referendum consultivi regionali; “Promozione culturale” attraverso progetti volti a valorizzare l’arte e la creatività giovanile, incentivare la fruizione e l’accesso ai beni e alle attività culturali da parte dei giovani e promozione delle attività dei giovani artisti favorendo l’incontro fra mercato e produzione artistica e culturale; favorire la partecipazione dei giovani a “volontariato e integrazione” delle seconde generazioni di migranti con progetti dedicati; servizio Informagiovani, affidato ai Comuni; “Spazi per l’aggregazione giovanile”, riqualificando, con i Comuni, spazi pubblici caduti in disuso; “Portale giovani” info@giovani, collegato a quello europeo per la gioventù; “Carta giovani”, per favorire l’accesso alla cultura; “Giornata regionale dei Giovani”, al fine di valorizzare le esperienze creative, artistiche, sportive e imprenditoriali dei giovani umbri.

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Siamo di fronte a una legge complessa articolata, almeno per quel che riguarda gli obiettivi che si prefigge,  che reca pregi e difetti comuni a numerose norme del settore: Una visione del mondo giovanile a 360° nella quale confluiscono partecipazione attiva, inclusione sociale, preparazione al mondo del lavoro accanto a una dotazione di strumenti, a partire da quelli economici, non sempre all’altezza o adeguati alle finalità della legge.

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