Vaccino anti-Covid e risposta immunitaria. Lo studio dell’Aou Sassari.

A dieci giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino il 76,32 per cento degli operatori vaccinati ha manifestato una risposta immunitaria verso l’antigene Spike del Covid-19. A dieci giorni dalla somministrazione della seconda dose la risposta immunitaria è emersa nel 100 per cento dei soggetti presi in esame. È quanto mette in evidenza lo studio sulla risposta immunitaria effettuato dall’Aou di Sassari su un campione di 378 operatori su quasi 4mila vaccinati – sanitari, amministrativi, tecnici dipendenti dell’Aou e delle ditte esterne che lavorano in ospedale – che tra gennaio e febbraio sono stati vaccinati con il vaccino Pzifer Biontech.

Lo studio vede in campo il Centro Vaccinale, la Microbiologia, la Medicina di Laboratorio, l’Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere, e la Sorveglianza sanitaria.

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“Dai dati di monitoraggio a disposizione – afferma il responsabile della Sorveglianza Sanitaria, Antonello Serra – risulta che nel mese successivo alla conclusione del ciclo vaccinale, cioè a febbraio, il rapporto tra il riscontro di positività e i tamponi effettuati è calato notevolmente. Parliamo di circa 10 volte rispetto al periodo compreso tra ottobre e dicembre 2020, tenendo anche conto della variazione della curva epidemiologica”.

Emerge anche che tra i soggetti che hanno contratto una infezione Covid, a partire dai primi 10 giorni dalla prima somministrazione del vaccino, nessuno ha manifestato una condizione clinica rilevante, in particolare non ha sviluppato la malattia localizzata a livello polmonare.

“Valutazioni più stabili potranno essere precisate solo dopo periodi di osservazioni più lunghi – prosegue Antonello Serra – Allo stato attuale possiamo dire che la somministrazione delle due dosi di vaccino consente di attivare, nella gran parte dei soggetti, una risposta del sistema immunitario. Ancora, però, non si conosce quale sia il livello di questa risposta che garantisce una protezione dalla patologia Covid”.

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“Dai nostri dati – conclude Serra – sembrerebbe inoltre che già in questa fase ci sia una protezione dalle forme più gravi della patologia. Sono soltanto dati iniziali che, tuttavia, possono inserirsi nel dibattito sulla possibilità di ritardare la somministrazione della seconda dose di vaccino a vantaggio di una strategia che raggiunga più rapidamente un numero superiore di soggetti”.