Tratta, Save the Children: “1 vittima su 4 in Europa è minorenne”.
La tratta degli esseri umani, che coinvolge per più della metà dei casi donne, ragazze e bambine, ma anche ragazzi e bambini, è ancora uno dei mercati illeciti più diffusi e proficui in tutto il mondo, insieme al traffico di droga e armi. I soli casi accertati nel 2020, che hanno dato luogo a procedimenti giudiziari e condanne, riguardano 109.216 vittime nel mondo, un numero che non rappresenta le proporzioni reali del fenomeno in gran parte sommerso, e che è indice della debolezza dei Paesi nel contrastarlo. Secondo l’analisi condotta dal Dipartimento di Stato americano, tra i 185 paesi monitorati sull’applicazione del Protocollo di Palermo (2000) per la prevenzione, soppressione e punizione del traffico di esseri umani, infatti, solo 28 avrebbero messo in campo sforzi significativi ed efficaci, come nel caso di Stati Uniti, Australia, Canada, Gran Bretagna, Svezia o Namibia, e tra gli europei Belgio, Spagna, Austria e Francia, mentre l’Italia è relegata un gradino sotto, in compagnia di Albania, Bangladesh, Costa d’Avorio, Nigeria, Malta, Cipro e Marocco, tra gli altri.
In Europa, dove si stima che il traffico di esseri umani produca in un anno 29,4 miliardi di euro di profitti, ben un quarto dei soli 14.000 casi identificati riguardano vittime minorenni, intrappolate in gran parte nello sfruttamento della prostituzione (64%).
In Italia, i casi emersi e assisiti nel 2021 dal sistema anti-tratta erano 1.911 (con 706 nuove prese in carico nel corso dell’anno), in gran parte di sesso femminile (75,6%), mentre i minori rappresentavano il 3,3% del totale (61). Tra le vittime assistite, la forma di sfruttamento prevalente è quella sessuale (48,9%), seguita dallo sfruttamento lavorativo (18,8%). Tra i paesi di origine delle vittime prevale la Nigeria (65,6%), seguita da Pakistan (4,5%), Marocco (2,6%), e, tra gli altri, da Gambia (2,5%) e Costa d’Avorio (2,3%), che, sebbene ancora in numeri percentualmente ridotti, si segnala per un trend in crescita negli ultimi anni. Sono infatti di origine ivoriana il 4,6% delle 130 donne e ragazze con figli minori (161) che risultano assistite dal sistema anti-tratta italiano all’8 giugno 2022. Si tratta di giovani donne due volte vittime dello sfruttamento, per gli abusi e spesso i ricatti estremi che fanno leva sulla loro condizione di madri particolarmente vulnerabili. La fascia di età prevalente (45,4%) ha tra i 18 e i 25 anni, ma c’è anche chi ne ha meno di 17.
Questi alcuni dei dati in evidenza nella XII edizione del rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili”, diffuso oggi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro -, in vista della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani che ricorre il prossimo 30 luglio. Il rapporto analizza le condizioni di bambine, bambini, adolescenti e giovani vittime o potenziali vittime di tratta e sfruttamento nel nostro Paese, anche alla luce dell’impatto della pandemia che le ha rese ancora più invisibili e irraggiungibili, perché più sfruttate sessualmente nel chiuso delle case e con l’ausilio della rete, e che le ha costrette spesso ad accettare di svolgere anche altre attività rischiose fuori controllo e sottopagate, in alcuni casi sul limite o fuori dalla legalità.
Nel 2021 l’Europol ha ricevuto 28.758 segnalazioni di tratta o traffico di esseri umani, con 6.139 nuovi casi. Le organizzazioni criminali attive nel traffico di esseri umani si sono adattate alle restrizioni della mobilità transnazionale imposte dal contenimento della pandemia, utilizzando sempre di più lo sfruttamento sessuale in-door e i canali alternativi, come gli ambienti digitali, creando un vero e proprio sistema di e-trafficking. Chat online, social media, agenzie di collocamento online, siti web di assistenza all’immigrazione contraffatti per reclutare potenziali vittime, forum sul dark web, pagamento dei servizi legati allo sfruttamento tramite criptovalute, vengono utilizzati per mettere in atto lo sfruttamento, che può riguardare, oltre alla sfera sessuale e lavorativa, altre forme di sfruttamento. In Italia, per esempio, sono stati registrati nel 2021 5.316 casi di pedopornografia trattati dalla Polizia Postale, con un aumento del 47% rispetto al 2020 (3.243), e 531 minori vittime di adescamento online, con una concentrazione di casi nella fascia 10-13 anni (306).
“Il fenomeno della “tratta digitale” si è affermato particolarmente nel periodo dell’emergenza Covid. Se i criminali hanno saputo cogliere molto rapidamente le opportunità del digitale, le autorità di competenza e la rete di protezione devono oggi fronteggiare diverse sfide nel cercare di contrastare il fenomeno. Dobbiamo rafforzare gli strumenti di monitoraggio e conoscenza dell’e-trafficking e dello sfruttamento indoor, coinvolgendo istituzioni nazionali, sovranazionali e internazionali e organizzazioni indipendenti attive nella protezione dei minori” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Infatti, come sottolinea il rapporto diffuso oggi, durante la pandemia le organizzazioni anti-tratta attive nel mondo hanno avuto molte più difficoltà nel garantire un lavoro costante di emersione, identificazione e osservazione delle vittime, come sembra dimostrare anche il numero di casi segnalati nel database globale Counter Trafficking Data Collaborative che era di 27.840 nel 2019, ma è crollato a 4.120 nel 2020 e 2.060 nel 2021, mentre salta anche all’occhio un preoccupante raddoppio della percentuale di vittime minorenni, passate dal 3,3% del 2020 al 6,8% del 2021 (di cui il 3,8% sotto gli 8 anni).
In Italia, attraverso le testimonianze degli operatori di Save the Children, di altre organizzazioni e di alcuni referenti istituzionali, viene in evidenza come l’acuirsi della crisi economica innescata dalla pandemia, moltiplichi i rischi di sfruttamento per gruppi particolarmente vulnerabili, come i minori stranieri non accompagnati, che spesso arrivano nel paese con un pesante debito contratto con i trafficanti per il viaggio che devono ripagare. Si tratta in gran parte di adolescenti di sesso maschile, che si trovano esposti al rischio di sfruttamento in particolare nel momento in cui escono dal sistema di accoglienza per il compimento della maggiore età (il compimento della maggiore età è la causa dell’uscita dalla rete di accoglienza nel 64,2% dei casi) che li trova spesso in condizioni di integrazione ancora fragili e precarie, o per allontanamento volontario dalle strutture (25,6%), a volte su richiamo di connazionali o altre persone che propongono lavori in nero nelle grandi città come Roma o Milano. I gruppi più vulnerabili in questo senso sono quello dei minori non accompagnati egiziani, bangladesi, ma anche tunisini.
“L’impatto della pandemia ha reso ancora più evidente, se possibile, la condizione di totale vulnerabilità delle vittime o potenziali vittime di tratta e sfruttamento. Donne, bambine, bambini e adolescenti che hanno sofferto già molto nella loro vita e non hanno quasi mai gli strumenti per potersi difendere, e, soprattutto, persone e alternative positive a portata di mano intorno a loro. L’Europa e l’Italia sono territori di massimo guadagno per i trafficanti, ed è indispensabile che rafforzino l’efficacia nel contrasto del fenomeno e nella protezione delle vittime, a partire dalla prevenzione. All’Europa chiediamo nell’ambito della riforma del Patto Asilo e Migrazione, una normativa volta ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati che si spostano attraverso i confini esterni e interni e sui territori degli Stati Membri, prevedendo anche procedure di ricongiungimento familiare spedite e un sistema di ricollocamento sicuro tra gli stati membri che superi il sistema di Dublino e prevenga i movimenti secondari autonomi, pericolosissimi per i minori e manna per trafficanti. All’Italia chiediamo misure strutturali, come l’approvazione da parte del Governo nell’ambito degli affari correnti del Piano Anti-Tratta Nazionale che – fermo dal 2018 – rappresenta ormai un’urgenza per la presa in carico di tante vittime. La crisi di governo non può e non deve bloccare l’approvazione del Piano che è stato definito anche con il contributo di molti esperti e realtà impegnate sul campo. E’ fondamentale individuare tempestivamente i minori più vulnerabili e a rischio, per questo motivo chiediamo un monitoraggio indipendente alle frontiere terrestri, realizzato da team con competenze di protezione dei minori, per individuare precocemente e garantire una assistenza immediata a tutti i minori a rischio” continua Raffaela Milano.
I profili delle giovani vittime di tratta e sfruttamento in Italia. Il rapporto diffuso oggi cerca di tracciare un profilo di donne e minori più esposti alla tratta e allo sfruttamento, a partire dai casi delle vittime assistite dal sistema anti-tratta, che accoglie principalmente donne molto giovani o minorenni di origine nigeriana, sfruttate nel circuito della prostituzione. La principale motivazione che spinge queste ragazze nel circuito della tratta è legata alla situazione di povertà, fragilità e disgregazione familiare nel contesto di origine in Nigeria, che facilita l’adescamento e il miraggio di potersi fare carico economicamente dei propri familiari una volta giunte in Italia con la falsa promessa di un lavoro regolare, che si trasforma invece nello sfruttamento. Anche se il numero delle persone nigeriane nel sistema di protezione ha registrato una contrazione nel 2022 (37,5%) rispetto all’anno precedente (50%), questo non viene associato ad una riduzione delle ragazze vittime di tratta, quanto piuttosto nell’aumento dello sfruttamento sessuale indoor e online. Nel 2021 si è confermato il trend di aumento delle giovani vittime nigeriane con figli prese in carico dal sistema anti-tratta, bambini nati spesso da violenze, anche di gruppo, subite da parte degli sfruttatori nel corso del viaggio o in Italia, mentre si segnalano alcuni preoccupanti casi di coinvolgimento sotto ricatto di minorenni nigeriane anche nelle economie illegali condotte da connazionali coinvolti nel traffico di droga.
Tra i gruppi maggiormente a rischio di sfruttamento, desta allarme una presenza in crescita delle giovani donne e minori ivoriane. Come riportato dagli enti preposti all’accoglienza dei minorenni, le giovani ivoriane, in gran parte di un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, si allontanano mediamente dopo pochissimo tempo dalle strutture in cui sono state collocate senza lasciare traccia. I riscontri sul campo indicherebbero il contatto con trafficanti che le spingerebbero a raggiungere, soprattutto attraverso Ventimiglia, la Francia. Queste giovani sono particolarmente vulnerabili perché, secondo le testimonianze raccolte, arrivano in Italia con una profonda stanchezza emotiva, paura, sconforto, preoccupazione per il futuro, bassa autostima, sensazione di non essere degne di avere un futuro sereno e una sfiducia generalizzata verso gli altri, legata verosimilmente a violenze subite, stupri, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili, che possono gravemente compromettere la percezione di sé, degli altri e delle relazioni di fiducia e affetto.
A conferma del quadro tracciato dal rapporto negli anni precedenti, i dati della mappatura italiana del Numero Verde Anti-Tratta italiano relativi al primo trimestre 2022 evidenziano una presenza significativa anche di donne dell’est Europa, provenienti dalla Romania (525), dall’Albania (205) e dalla Bulgaria (91), che, secondo le segnalazioni degli esperti e operatori anti-tratta raccolte, sarebbero quasi le uniche a non aver mai interrotto la loro presenza nella prostituzione su strada, anche se nel caso delle minorenni si è constatato il dirottamento da parte dei trafficanti verso lo sfruttamento in-door. Molte di queste ragazze, spesso molto giovani, provengono da città e contesti socio culturali molto deprivati e spesso sperimentano sin da bambine estrema povertà, violenza e alcolismo; il loro reclutamento avviene soprattutto facendo leva sui loro sogni e sulla voglia di cambiare vita da parte di connazionali che si fingono spasimanti, i lover boy[8], che intercettano le ragazze potenziali vittime sia in presenza che on-line. Quando arrivano in Italia, vengono sfruttate nella prostituzione forzata in particolare nella costa adriatica o nei pressi delle grandi città. Anche quest’anno, si conferma nelle evidenze l’esposizione di minori e giovani donne provenienti dall’est Europa impiegate in condizioni di sfruttamento estremo come braccianti agricole, soprattutto al sud, che sono anche vittime, sotto ricatto dei padroni che “concedono” loro il lavoro, di frequenti abusi sessuali.
Il re-trafficking. Come sottolinea il rapporto di Save the Children, desta preoccupazione l’aumento delle vittime di tratta che, dopo essere uscite dal sistema anti-tratta, ricadono nelle reti di vecchi o nuovi aguzzini. La crisi economica nel nostro paese, l’eccessiva burocrazia che caratterizza i percorsi di integrazione e la marginalità in cui vivono (spesso ghetti o periferie degradate), favoriscono la ricaduta delle vittime nella medesima o in altre forme di sfruttamento, con un impatto devastante sul nuovo progetto di vita personale intrapreso. Se c’è stato un buon accompagnamento lavorativo e abitativo nel reinserimento, il radicamento sociale sul territorio è un efficace antidoto del rischio di re-trafficking, ma lo sgancio con le realtà di accoglienza verso la completa autonomia è uno snodo di vita molto delicato, in cui possono insediarsi nuovi rischi, come l’avvento di “un fidanzato” interessato che sfrutta la loro fragilità e le reintroduce nel circuito dello sfruttamento.
Nel caso di minori maschi vittime di sfruttamento lavorativo, invece, le criticità maggiori nel post-accoglienza sono legate all’arrivo in Italia che molto spesso avviene a ridosso della maggiore età. La mancanza del tempo necessario per avviare un percorso di protezione e inclusione sociale efficace, fa sì che raggiunti i 18 anni, si ritrovino fuori dal sistema di accoglienza e protezione e tornino a lavorare in situazioni di sfruttamento. Soprattutto durante il passaggio alla maggiore età, la forte pressione psicologica legata alla necessità di trovare un impiego e un’abitazione stabile, dovendo in molti casi contribuire ai bilanci economici familiari nei paesi di origine, è così gravosa da indurli ad attuare strategie compensative come l’abuso di sostanze o di alcool oppure il ripiego nel gioco d’azzardo.
foto Gianfranco Ferraro per Save the Children