Traffico di stupefacenti: arrestati i vertici di due organizzazioni di Cagliari.

Al termine di una operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari sono stati arrestati i presunti capi di due organizzazioni, operative nei quartieri di Is Mirrionis e San Michele, dedite al traffico di droga nella città di Cagliari. Sodalizi, come emerso nel corso delle indagini, capaci di rifornire oltre 250 clienti al giorno grazie a una rete logistica creata ad hoc e costituita da due palazzi, una pizzeria e un camper mobile.

Gli elementi investigativi raccolti sinora hanno permesso di individuare due distinti gruppi di presunti trafficanti, uno con base in alcuni palazzi di edilizia popolare di via Castelli, composto da 16 indagati e l’altro operante a San Michele, composto da 6 indagati. La droga, in base alla qualità, veniva denominata kinder, carrera, goldon, messi o nike.

Complessivamente sono 28 le persone indagate, delle quali 1 raggiunta dalla misura cautelare in carcere e 2 poste agli arresti domiciliari.

Il gruppo criminale del quartiere San Michele, in particolare, si occupava anche delle “vendite all’ingrosso” di ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, che poi venivano distribuite in altre piazze della città e della provincia.

Nel corso dell’attività investigativa sono stati sequestrati complessivamente 10 chili di stupefacenti e sequestrati circa 50.000 euro in contanti. 

I due presunti capi di questa associazione, arrestati oggi e messi ai domiciliari, secondo quanto sinora emerso, avrebbero anche organizzato e coordinato tutte le attività illecite e reperito sul mercato le ingenti quantità di droga da smerciare. Inoltre, si sarebbero occupati di mettere a disposizione dei loro sottoposti i difensori in caso di “problemi legali”, specie dopo gli arresti in flagranza, e di stipendiare i pusher per il loro lavoro quotidiano. 

LEGGI ANCHE:  Cagliari: sequestrati 50 chili di stupefacenti.

Le attività di vendita delle dosi iniziavano nel pomeriggio, puntualmente alle 13.00, e andavano avanti ininterrottamente sino alle 23.30. In una giornata di “lavoro” entravano negli androni non meno di 250 persone, soprattutto giovani, per acquistare le dosi. Il prezzo di ogni dose era di 5 euro per hashish e marijuana e di 30 euro per la cocaina. 

I pusher venivano pagati 120 euro per ogni giornata di lavoro e non potevano allontanarsi dal loro posto nemmeno per cenare. Non erano ammesse pause e l’organizzazione, quindi, si occupava di fargli consegnare la pizza per la cena.

I due presunti capi del gruppo di via Castelli avrebbero mantenuto l’assoluto controllo dei sodali e delle attività rimanendo costantemente sulla piazza, anche per risolvere eventuali problemi che potevano nascere: ad esempio litigi durante le cessioni di droga oppure con i pusher, che avrebbero rallentato il ritmo delle vendite. Vi erano giornate nelle quali i clienti erano talmente tanti che i due presunti capi intercettati si preoccupavano per l’ ”assalto che c’era stato” e per la droga che era tutta finita e che andava subito di nuovo procurata in grosse quantità. Oltre ad assegnare gli incarichi, i due avrebbero anche punito con il “licenziamento” gli spacciatori che rubavano le dosi per rivendersele in proprio o si impossessavano di parte degli incassi. Analoghe “punizioni” arrivavano se le vedette si distraevano o se, durante il “servizio”, consumavano droga. Questi comportamenti avrebbero potuto mettere a rischio l’intera attività, specie quando passavano le pattuglie delle forze di polizia per i normali controlli. 

LEGGI ANCHE:  Rc auto: aumenti in arrivo per oltre 815.000 automobilisti.

I due presunti capi si sarebbero occupati anche di cambiare nei supermercati le banconote di piccolo taglio e le monete con cui i clienti pagavano le dosi.

Come emerge sinora dalle indagini, tutta l’attività di spaccio era considerata dall’organizzazione un vero e proprio lavoro che dava la possibilità agli indagati e alle loro famiglie di “mangiare”. 

La presunta associazione di via Castelli si sarebbe rifornita di una parte della droga ricorrendo al sodalizio criminale del quartiere San Michele, che avrebbe fatto capo all’altra persona finita oggi in carcere su ordine del G.I.P. 

Questa associazione aveva la sua base nell’abitazione dell’arrestato e in una strada del quartiere San Michele. La via veniva indicata convenzionalmente come “cantiere” oppure “caddozzo”. 

LEGGI ANCHE:  Politiche giovanili, Agenzia Giovani: "Esc opportunità per Under30".

Qui c’era la centrale per la vendita all’ingrosso, mentre in una pizzeria del quartiere, sempre di proprietà dell’arrestato, veniva fatta la vendita al dettaglio delle dosi. Le dosi venivano consegnate dai pusher dell’organizzazione anche a domicilio, con auto e scooter o a piedi all’interno di borsoni. Anche l’arrestato si sarebbe occupato di vendere le dosi al dettaglio, oltre di contrattare per la vendita di ingenti quantità all’ingrosso e di occuparsi occasionalmente del “taglio” della cocaina. I panetti di droga venivano nascosti in un autolavaggio, in una palestra e in una sauna di proprietà della famiglia dell’arrestato. Il presunto capo del gruppo di San Michele avrebbe organizzato tutta l’attività della filiera: dal reperimento della cocaina, hashish e marijuana, al taglio e confezionamento, dalla vendita all’ingrosso e al dettaglio al reclutamento e consegna ai pusher.

L’attività di spaccio non si era interrotta nemmeno durate il lockdown dovuto alla pandemia per Covid 19. Infatti, dopo l’entrata in vigore del decreto “Io resto a casa”, nel marzo 2020, lo spaccio si era spostato dalla pizzeria, chiusa proprio per il decreto, a un camper, che l’arrestato aveva acquistato proprio per non interrompere la vendita e per preservare la sua famiglia da eventuali contagi dal virus.