Territori. Alla scoperta del Borgo lagunare di Giliacquas in compagnia dello scrittore Roberto Brughitta.
Con questo articolo inauguriamo “territori” una rubrica dedicata ai luoghi della nostra Isola tradizionalmente al di fuori dalle rotte turistiche. Il primo articolo è dedicato al Borgo lagunare di Giliacquas, frazione del Comune di Elmas.
Reti distese ad asciugare, nasse, barche in legno in secca o alla fonda a pochi metri dalla riva, precarie rimesse in lamiera. L’aria densa e intrisa di sale chi si poggia sulla pelle e sugli abiti è la carezza invisibile con cui la laguna accoglie i visitatori. Siamo a Giliacquas, borgo di pescatori nel territorio di Elmas.
Questo agglomerato di case costruite su terreni melmosi è reso speciale dall’essere l’unico luogo abitato ad affacciarsi direttamente sulla laguna di Santa Gilla. Tale peculiarità ha fatto si che Giliacquas nel corso degli ultimi anni sia diventata meta di un numero crescente di visitatori provenienti da tutta la Sardegna. Qui si possono ammirare tramonti mozzafiato e respirare appieno l’atmosfera della laguna.
Lo scrittore Roberto Brughitta in questi luoghi ha ambientato le vicende del suo romanzo “Baci di Laguna”, un’opera scritta quasi per caso e divenuta grazie al passaparola un clamoroso successo editoriale. Gli abbiamo chiesto di aiutarci a conoscere meglio questo incantato borgo lagunare.
Come e quando nasce Giliacquas?
Difficile rispondere con esattezza a questa domanda. Certo è che al centro della laguna, nella zona denominata “Cuccuru Ibba” si trovano le rovine di un sito nuragico, anzi prenuragico visto che i reperti ritrovati collocano l’insediamento al periodo della cultura di Ozieri (3200-2800 a.C.) .
Questo sfata il detto che i sardi odiavano il mare. Il nuraghe era inoltre in collegamento visivo con la sella del diavolo, dove sicuramente esisteva un punto di vedetta verso il mare. Non c’è alcun dubbio che le saline esistessero già da quel periodo e se pure il sito risulta al confine di Elmas ma in territorio di Assemini, penso che fosse comunque collegato con Giliacquas. Anziani abitanti mi hanno confermato che attraversavano la laguna a piedi, sfruttando le zone meno profonde.
Il cabarettista Giampaolo Loddo mi confidò che loro da ragazzini , arrivando da Cagliari mediante lo sterrato denominato Donna Laura che corre parallelo alla ferrovia, arrivavano nella piccola spiaggia che era nominata “Giobiacquas” (acque di Giove) e non Giliacquas. Non ho trovato altre fonti certe sull’argomento ma la mente è andata alla probabilità che in quella zona ci fosse, in periodo romano, un tempio dedicato a Giove. Da Giobiacquas a Giliacquas il passo sarebbe stato breve, anche perché in realtà in quella zona non ho mai visto tantissimi gigli d’acqua.
Successivamente i punici e poi i romani continuarono a frequentare e abitare la laguna. Lo dimostrano gli innumerevoli reperti trovati nella zona. Un dato certo è che Giliacquas confinava con lo strategico porto Scipione che era situato probabilmente nei pressi dell’attuale centro commerciale Santa Gilla e davanti a quella che poi divenne la capitale del giudicato di Calari fino al 1258, anno nella quale venne distrutta dai pisani.
Parliamo naturalmente della grande Santa Igia, che si estendeva almeno fino alla chiesetta di San Pietro dei pescatori sita in Viale Trieste a Cagliari e aveva parte delle abitazioni nell’isolotto di Sa Illetta. Insomma, penso che Giliacquas sia nata con i primi pescatori che sicuramente vivevano sulle sue sponde in capanne di tronchi rivestite di stuoie di canne. Quelle canne che usavano per realizzare le loro imbarcazioni che sicuramente assomigliavano ai Fassonis dei parenti di Cabras.
Poi sono arrivati i nuragici, i punici, i romani, gli aragonesi, i Vittorini di Marsiglia e così via, fino ad arrivare ad Alberto Lamarmora, J.E. Crawford Flitch, e D.H. Lawrence, che ne rimasero talmente affascinati che dedicarono alle sue acque tantissime pagine. Mi piace ricordare alcuni versi del Lamarmora che restando affascinato dai tramonti lagunari, nel suo “Itinerario dell’isola di Sardegna” del 1860 scrisse: “…è da questa parte che si può ammirare il sole che si perde la sera dietro le montagne, con una maestà che è propria di questa latitudine, esso proietta quasi sempre, soprattutto in certe stagioni, ardenti fuochi e riflessi di luce, che nessuno dei nostri pittori continentali oserebbe riprodurre col rischio d’essere accusato di esagerazione e falsificazione del vero”.
Quali fatti si sono svolti sulle sue rive?
Un fatto sicuramente importante fu quello che risulta essere il primo scavo archeologico subacqueo o comunque in umido, d’Europa. Il primo ritrovamento risale al 1869, quando un pescatore lagunare che aveva posizionato a circa 70 cm di profondità la sua attrezzatura da pesca nella zona denominata “Cala Moguru”, recuperò fra le maglie della sua rete una testa femminile in terracotta.
I ritrovamenti continuarono numerosi e questo convinse il direttore dell’allora Regio Commissariato ai Musei e agli Scavi, Filippo Vivanet, a organizzare nel 1891 una campagna di scavi che a causa dell’avvicinarsi dell’inverno proseguì fino all’estate del 1892. I reperti recuperati furono centinaia e risultarono realizzati con i fanghi alluvionali della laguna. Recuperarono maschere umane, alcune con le sembianze di Giove ( ed ecco che ricompare Giove), Esculapio, Apolline o di altre divinità maggiori.
Inoltre trovarono innumerevoli mani, piedi, protomi di cani, coccodrilli, draghi e pantere, e ancora oggetti di uso quotidiano come pentole, brocche, ciotole e lampade a due becchi. Insomma, un vero e proprio tesoro archeologico.
Un altro fatto di importante valore storico che è accaduto sulle sponde della laguna di Giliacquas è senza ombra di dubbio la battaglia di Lutocisterna (o Lucocisterna), che si svolse tra la zona dell’attuale aeroporto e l’attuale via Fangario ( luto= fango) e che vide da una parte l’esercito catalano-aragonese e dall’altra l’esercito della repubblica di Pisa. Era il 29 febbraio 1324 e la battaglia si concluse con la disfatta dei pisani. Fu così che poco distanti dalle sponde della laguna di Giliacquas e immersi nel fango fino alle ginocchia, persero la vita migliaia di uomini tra fanti, balestrieri e cavalieri di entrambi i fronti.
Consiglio ai lettori di cercare altre notizie su questo evento storico, perché gli eventi ebbero interessanti sviluppi nei giorni e mesi a venire.
Cosa ha rappresentato per te il borgo dal punto di vista letterario?
Tutto cominciò un giorno che per l’ennesima volta dovetti rispondere all’amico continentale di turno che mi chiedeva dove vivessi, che Elmas era il paese dove c’era l’aeroporto. Il giorno mi chiesi se fosse mai possibile che ogni volta per far capire dove fosse ubicato il paese dove vivevo ormai da parecchi anni, potevo farlo solamente tramite l’importante scalo aeroportuale.
Quello stesso giorno mi recai in biblioteca e mi imbattei in due fantastici volumi, il primo scritto da Renzo Ferru e il secondo da Antonio Asunis. Entrambi i testi illustravano una moltitudine di informazioni su vicende e siti archeologici che mi impressionarono non poco. Tutto il territorio di Elmas brulicava di storia antica. Oltre ai ritrovamenti dei reperti sopracitati, scoprii che sotto l’istituto agrario “Duca degli Abruzzi” passa un tratto dell’acquedotto romano edificato sotto l’imperatore Antonino Pio e tutt’ora percorribile per quasi tutta la sua lunghezza, e parliamo di 600 metri perfettamente conservati.
La zona denominata “Is Punteddus” veniva così chiamata perché dal terreno spuntavano decine di spezzoni di colonne romane, come fossero tanti puntelli. Non sto ad elencare tutte le meraviglie, anche se invito il lettore a cercarle sui testi da me citati, per rispondere alla domanda mi limiterò a parlarvi del sito che mi è letteralmente entrato nel cuore, la piccola chiesetta campestre di Santa Caterina. Campestre ora, ma ai tempi dei monaci benedettini dell’ordine di san Vittore di Marsiglia che intorno all’anno mille ne fecero il loro monastero, era sicuramente al centro di un piccolo borgo. Visto anche la presenza di un pozzo all’interno del convento che uno all’esterno.
Fu grazie a quella graziosa chiesetta che la mia fantasia iniziò a creare non solo gli edifici, ma anche i singoli personaggi di un romanzo che da li a pochi mesi sarebbe arrivato in libreria. Fatale fu anche l’incontro con Giuseppe, un pescatore del luogo che a bordo del suo “Ciu” (imbarcazione lagunare dal fondo piatto) mi fece conoscere in lungo e in largo uso e costumi. Il personaggio principale del libro “Baci di laguna” divenne infatti un pescatore. Il romanzo ebbe un discreto successo, tanto che dopo cinque libri che parlavano di tutt’altro, ho dovuto scrivere un sequel.
La storia del nuovo romanzo “Genna di Taquisara” in realtà comincia ambientato in Ogliastra ma improvvisamente e oserei anche dire prepotentemente, durante la stesura arrivarono alcuni dei vecchi personaggi che dirottarono la storia sempre più verso sud fino a terminare proprio sulle sponde di Giliacquas. Recentemente ho appreso la notizia che “Genna di Taquisara” è diventato testo di narrativa in una classe delle scuole medie di Elmas.
Diciamo che l’intento di far conoscere il paese di Elmas non solo tramite l’aeroporto è riuscito, ora almeno per tutti i miei fedeli lettori, e cominciano ad essere parecchi anche nel resto dello stivale, Elmas è il paese della chiesetta di Santa Caterina, dell’acquedotto romano, delle centinaia di reperti che giacevano sott’acqua, ma soprattutto è il paese dove nel cielo della sua laguna gli uccelli danzano, e le loro acrobazie tra i pennacchi dei canneti, sembrano delicati segni di carboncino su un quadro.
Che rapporto hai con quel tratto di Laguna?
Oserei dire quasi maniacale. Non ci crederete ma la laguna riesce a farti soffrire di nostalgia. Le distese di salicornia, l’odore salmastro delle nasse e le reti stese ad asciugare al sole, gli sbarramenti posizionati in lontananza, i “Ciu” ormeggiati alla banchina che danzano mossi dalle onde, i fenicotteri (che in laguna da sempre vengono chiamati Mangonis e non Genti arrubia come affermano alcuni) che in certi periodi dell’anno si avvicinano a meno di venti metri e tutto il resto, sono solo alcuni degli elementi che ti vengono a mancare se solo fai passare troppo tempo.
Ed è per questo che appena posso mi reco sulle sue sponde per ammirare il paesaggio, e dalla primavera all’autunno non passa mese che non navighi le sue acque con la mia canoa. Raramente mi ritrovo da solo, perché oltre ai miei carissimi amici pescatori, che ogni volta mi fanno sentire a casa, trovo tanti altri abitudinari del posto e non. Inoltre, specialmente al tramonto, non manca giorno che non incontri amici fotografi che da anni non si stancano di immortalare gli splendidi tramonti lagunari.
Da anni ormai accompagno amici e conoscenti che, rimasti affascinati dalle mie foto e dalle mie descrizioni, vogliono toccare con mano tale meraviglia. Io sono nativo del quartiere cagliaritano di Sant’Avendrace che per tradizione era abitato da panetteras e piscadoris, e forse è per quello che a Elmas mi sono trovato come a casa.
Sicuramente però ha anche influito l’accoglienza che le varie amministrazioni comunali, la Consulta delle donne, la biblioteca, la Pro Loco , le associazioni Avis e AIDO, gli amici del mercato comunale e le varie attività commerciali mi hanno dimostrato. Penso che ormai possa affermare che nelle mie vene scorre acqua leggermente salmastra, acqua lagunare.