Spopolamento nell’Isola, Soru: “Dobbiamo avere il coraggio di accogliere per ridare vita ai nostri paesi”.

Contrastare lo spopolamento nelle aree rurali. E’ l’appello condiviso da Renato Soru a Lodine nel corso dell’incontro “Paesi in rete: la città diffusa nel territorio”. Una piaga che, nella più totale noncuranza per la questione giovanile (come dimostrato anche dalla Giunta Solinas e, in generale, dall’Armata Brancaleone attualmente in Consiglio regionale), è ormai fuori controllo.

A dirlo, infatti, sono i crescenti dati sulla denatalità e la rassegnazione dei/delle giovani sardi/e. Fattori che uniti alla mancanza di servizi essenziali, di interventi per giovani e giovani coppie e per giovani aspiranti imprenditori (nonostante l’ampia presenza di risorse pubbliche), confermano il progressivo impoverimento sociale e culturale dell’Isola. Una espressione sempre più esclusivamente geografica dominata dalla rassegnazione, stereotipi e mancanza di sinergia tra pubblico e privato.

Elementi, decisamente lontanti dagli archetipi che hanno fatto grande l’isola e che continuano ad assicurare il fallimento di una intera comunità: quella sarda.

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Su questi temi Soru ha proposto alcune soluzioni, a partire dall’apertura dei paesi all’immigrazione e fino ad arrivare all’istruzione e alle nuove tecnologie, passando per la medicina territoriale e il potenziamento del trasporto pubblico locale.

“Lo spopolamento – ricorda l’ex presidente della Regione – non riguarda solo Lodine, è una problematica che riguarda la Sardegna intera. Abbiamo perso 85mila abitanti negli ultimi 10 anni, solo Sassari ne ha perso 18mila in 20 anni. L’isola è la regione che si spopola di più in Italia, soprattutto nei paesi dell’interno c’è difficoltà a vivere e investire. La politica è chiamata a decidere e a trovare soluzioni. Cosa succede e potrebbe accadere? Più diminuisce la popolazione e il presidio del territorio più si favorisce un utilizzo esterno della nostra terra per altre servitù, oltre a quella militare. Penso alla servitù energetica o quella riguardante l’ utilizzo delle foreste. Spopolamento e servitù vanno di pari passo.  Abbiamo il dovere di facilitare e incentivare il trasferimento generazionale in agricoltura, nell’allevamento e nell’artigianato. Preferiamo vendere le nostre case a un euro oppure preferiamo qualcuno che venga a lavorare e integrarsi nella nostra comunità? – si chiede Soru -. Dobbiamo avere il coraggio di accogliere nuove famiglie che possano aiutarci nel mondo agricolo e dell’allevamento, ma anche nei servizi di cura alle persone. Permettiamo a nuove famiglie giovani di venire a vivere e a far crescere i propri figli qui da noi. Mi rendo conto di dire una cosa che non tutti forse condivideranno, però lo voglio dire con forza: non abbiate paura di accogliere, apriamo i paesi all’immigrazione. I nuovi sardi che verranno sono un’opportunità per la sopravvivenza dei nostri paesi ma anche un importante presidio contro le nuove servitù. Siamo fenici, punici, romani, bizantini, genovesi, pisani, siamo già tutto questo, non dobbiamo avere paura”.

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Fondamentale anche investire nelle infrastrutture e nell’istruzione: “Puntiamo a superare il divario digitale e alle nuove tecnologie che permettono una maggiore connessione e organizzazione. La fibra deve arrivare in ogni casa, in ogni impresa e scuola. Le imprese di oggi nascono dall’istruzione e dall’innovazione, dalla ricerca e dal saper fare. Non solo, andremo a investire nel trasporto pubblico locale e nella medicina territoriale, garantendo anche un adeguato compenso ai medici. In sintesi interventi mirati, strutturali e su più assi del sapere e della conoscenza. È il tempo della responsabilità di ciascuno, vedo una mobilitazione che sorge. Noi siamo in cammino e in questo momento siamo la coalizione più forte perché non abbiamo imposizioni da fuori”, conclude Renato Soru.

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