Società scientifiche, associazioni pazienti e istituzioni firmano il Patto per l’eliminazione dell’Epatite C.

Un ‘Patto per l’eliminazione dell’Epatite C’ in Italia. Lo hanno presentato e firmato a Roma numerosi attori del Sistema Salute, che si sono confrontati sui risultati ottenuti finora dal programma di screening e sulle possibili soluzioni per contrastare nel modo più efficace l’epatite C nel nostro Paese.

È accaduto al termine dell’evento ‘Epatite C: Obiettivo eliminazione, il momento è adesso. Strategie e modelli organizzativi per riscrivere la storia delle epatiti virali‘, a cui hanno preso parte decisori pubblici nazionali, regionali e territoriali, rappresentanti delle istituzioni, delle società scientifiche e dei pazienti, esperti e professionisti sanitari e sociosanitari.

Due le azioni al centro dell’incontro odierno promosso da Gilead Sciences: prorogare l’attuale programma di screening gratuito per l’epatite C a tutto il 2025, promuovendolo con maggior efficacia, ed estenderlo anche ai nati tra il 1948 ed il 1968, oltre all’attuale coorte di nascita 1969-1989, oggi considerata. Due azioni indispensabili e prioritarie secondo gli esperti riuniti questo pomeriggio nella Capitale per raggiungere l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di eliminare questa infezione entro il 2030.

E sulla base dei dati presentati durante l’incontro, per metterle in pratica non sono necessari fondi aggiuntivi rispetto ai 71,5 milioni di euro già stanziati attraverso il Decreto Milleproroghe, per la maggior parte ancora non utilizzati, anche a causa della bassa adesione. Nel corso dell’evento, infatti, è emerso come la copertura dello screening abbia raggiunto solo l’11% della popolazione generale tra i 35 e i 55 anni.

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“L’epatite C– ha spiegato la presidente dell’Associazione Italiana Studio del Fegato (Aisf), Vincenza Calvaruso– è una malattia infiammatoria del fegato causata dal virus Hcv. Nella maggior parte dei casi l’infezione evolve in epatite cronica, fibrosi, cirrosi e carcinoma epatico. Questo processo dura molti anni, durante i quali l’infezione resta silente. È quindi molto difficile stimare il cosiddetto sommerso e pertanto, per raggiungere l’obiettivo dell’eradicazione dell’epatite C, è essenziale in primo luogo non fermare il programma di screening ma continuare ad assicurarlo e implementarlo ovunque non sia ancora partito per tutte le popolazioni target”.

Il programma di screening per l’epatite C è stato lanciato in Italia nel 2020, con l’intento di individuare le infezioni sommerse e trattarle precocemente, per ridurre la trasmissione del virus e l’incidenza delle gravi complicanze correlate. Il programma è destinato a tre popolazioni target: i nati tra il 1969 e il 1989, le persone seguite dai Servizi per le dipendenze (Ser.D.) e le persone detenute. Grazie allo stanziamento di 71,5 milioni di euro, dal 2020 al 2024 il nostro Paese ha continuato a implementare e rafforzare lo screening per l’Hcv con aggiornamenti legislativi e iniziative sanitarie.

“Lo screening- ha evidenziato il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Massimo Andreoni- ha permesso di identificare ad oggi oltre 10.000 persone che non sapevano di avere l’infezione da Hcv e che in molti casi abbiamo potuto avviare al trattamento. Questi risultati sono stati ottenuti nonostante il programma abbia subito ritardi e in molte regioni non sia stato completamente implementato. Risultati che danno un importante segnale sulle potenzialità dello screening”.

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Per Massimo Andreoni “è fondamentale che venga prorogato, ampliato a fasce di popolazione più ampie, attivato in tutte le regioni e anche promosso con campagne di sensibilizzazione e comunicazione efficaci. Stiamo finalmente assistendo a una riduzione delle complicanze da epatite C, ma se lo screening dovesse venire interrotto, queste torneranno certamente ad aumentare, con un impatto inevitabile sul Sistema Sanitario Nazionale”.

Secondo i dati del Report ‘Eliminazione dell’Epatite C in Italia- Stato dell’arte e possibili nuove strategie regionali‘, realizzato da Isheo per Gilead Sciences, al 31 dicembre 2023 erano state testate oltre un milione di persone ed erano stati identificati oltre 10.000 casi di infezione da Hcv attiva. Un risultato senza dubbio importante ma di certo non sufficiente, anche considerando che il termine del programma di screening è previsto per la fine di quest’anno.

Presentato nel corso dell’evento, il documento contiene un’analisi dell’implementazione del programma di screening a livello nazionale e regionale, le stime del budget utilizzato e di quello rimanente, della numerosità della coorte 1948-1968, dei costi dell’eventuale ampliamento dello screening a questa popolazione e dei risparmi per il sistema sanitario.

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Come anticipato, soltanto l’11% della popolazione generale della coorte 1969-89 è stata sottoposta a screening e la stima del budget rimanente rispetto al fondo stanziato è stata calcolata pari a 61.644.920 euro. Il numero di pazienti eleggibili allo screening con l’estensione alla popolazione 1948-68 è risultato pari a 31.539.490 e la copertura economica necessaria è stata stimata in 58.380.040 euro: una spesa quindi sostenibile, perché inferiore alla rimanenza dei fondi già stanziati.
“Per quanto riguarda lo screening nazionale finalizzato al raggiungimento degli obiettivi Oms- le parole del presidente EpaC Ets, Ivan Gardini– è necessario fornire alle regioni una certezza di stabilità sul lungo periodo, almeno fino al 2030, rendendo lo screening strutturale e non sperimentale come è attualmente, apportando tutte le modifiche normative del caso, concertate con regioni, società scientifiche e associazioni pazienti”.

“È assolutamente auspicabile una strategia sanitaria globale sulla prevenzione delle infezioni trasmissibili- ha poi precisato- ma che possa trovare concrete possibilità di attuazione attraverso una solida base normativa ed economica, almeno per l’epatite C”.