Siria, quale piano per il rimpatrio dei rifugiati in Ue?

La guerra civile in Siria, riaccesasi alla fine dello scorso novembre tra l’esercito di Assad e le forze ribelli Hayat Tahrir al-Sham, designate come gruppo terroristico dall’UE (aspetto che negli ultimi mesi non è stato tenuto in considerazione, come ricordano gli incontri di alcuni esponenti europei con Al Jolani), ha portato alla creazione di una ulteriore fase di transizione e, quindi, di instabilità nella regione dove l’autoproclamato presidente ad interim, Al Jolani, sta cercando di formare un nuovo Governo (peraltro in assenza di elezioni libere e giuste).

Una nuova presidenza che ad oggi non ha fatto sapere cosa vuole fare sulla questione dei rimpatri dei diversi milioni di rifugiati siriani in Europa. non è stata, infatti, designata alcuna “area sicura” in Siria per facilitare il ritorno dei rifugiati siriani, nonostante le richieste di ben 8 Paesi Ue (Italia, Austria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Slovenia e Slovacchia).

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Sul tema è intervenuta l’eurodeputata di Renew Europe, Raquel García Hermida-Van Der Walle, che ha chiesto alla Commissione von der Leyen di riferire sull’opportunità di normalizzare le relazioni con un regime criminale e di rimpatriare i cittadini siriani in Ue in assenza di garanzie sulla loro incolumità.

Per l’Alto rappresentante dell’Ue Kaja Kallas però si tratterebbe di un “non problema”, dal momento che l’Ue – in linea con la strategia per la Siria del 2017 – “ha mantenuto un approccio pragmatico e basato su principi, astenendosi dal normalizzare le relazioni con il regime di Assad”.

Una risposta, come sempre, diplomatica e poco esaustiva sul ruolo che l’Ue, in qualità di “leader globale dei valori”, dovrebbe dimostrare, vista anche la presenza di milioni di cittadini siriani nei suoi Stati membri: “Nel contesto attuale – secondo l’estone – è essenziale che l’UE sostenga una transizione inclusiva e guidata dalla Siria e che continui a valutare le condizioni per ritorni sicuri, dignitosi e volontari in Siria seguendo – sapendo che la situazione rimane molto instabile – le linee guida dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”.

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