Sindrome feto alcolica: l’Iss pubblica il primo manuale per famiglie e operatori.

Informazione sugli effetti dell’alcol in gravidanza, prevenzione della disabilità e approccio di cura. Sono questi i temi trattati nel primo manuale “Prendersi cura della FASD. Manuale per conoscere una sindrome quasi invisibile” dedicato alla sindrome feto alcolica pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità in occasione della Giornata mondiale oggi 9 settembre, nata per aumentare la consapevolezza sui rischi legati all’alcol in gravidanza.

Prodotta dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS, la pubblicazione nasce nell’ambito del progetto CCM Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (Fetal Alcohol Spectrum Disorder, FASD) e della Sindrome Feto Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS).

Secondo i dati più recenti tratti da interviste alle visite neonatali, circa una donna su 4 dichiara di assumere almeno 1-2 bevande alcoliche al mese e una donna su tre anche durante il periodo di allattamento.

“Poiché non si conosce il quantitativo minimo di etanolo che provoca dei danni al feto – dice Simona Pichini dell’ISS – né il momento dello sviluppo fetale in cui il danno è maggiore o irreversibile si raccomanda zero alcol in gravidanza e zero alcol quando si decide di avere un figlio”

Questo lavoro, ricordano dall’Iss, è dedicato principalmente sia ai professionisti della salute che alle famiglie; la sua stesura ha visto la collaborazione di alcuni dei maggiori esperti italiani sul tema e dei familiari aderenti all’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe AIDEFAD – APS.

L’obiettivo è quello di offrire uno strumento agile che possa essere utilizzato da tutti: operatori della salute, della scuola, del carcere, pazienti, cittadini, affinché conoscano in modo più approfondito, o quanto meno in modo più consapevole, la complessità della sindrome.

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Il manuale è composto da due parti: la prima fornisce informazioni generali sugli effetti dell’alcol in gravidanza e descrive lo Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (Fetal Alcohol Spectrum Disorders; FASD), senza tralasciare informazioni su epidemiologia, diagnosi e possibili trattamenti, offrendo anche al lettore alcuni interessanti spunti di riflessione sulla comunicazione. 

Nella seconda parte viene lasciato spazio alle esperienze personali di famiglie con individui affetti da FASD e degli individui stessi, esplorando, con la collaborazione di alcuni membri dell’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (AIDEFAD), cosa significa per le persone e per le famiglie affrontare la FASD e come ambiente e collettività siano coinvolti nel loro percorso di vita. Un capitolo specifico è dedicato all’importante tema della prevenzione, declinato nei suoi diversi approcci. Infine, sono descritti alcuni progetti sperimentali di gruppo, effettuati con la collaborazione di professionisti del Comitato Scientifico di AIDEFAD e due esperienze di gruppi di auto aiuto.  

Tra dicembre 2018 e aprile 2019 sono state intervistate complessivamente 29.492 mamme nelle 11 regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna) che ad oggi hanno aderito alla Sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia (ISS, 2019). Il 19,7% delle mamme ha dichiarato di aver assunto bevande alcoliche almeno 1–2 volte al mese durante la gravidanza e il 34,9% durante l’allattamento.

Nel corso del 2021, nell’ambito del progetto CCM Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (Fetal Alcohol Spectrum Disorder, FASD) e della Sindrome Feto Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS) è iniziata la raccolta di capelli materni e di meconio neonatale con lo scopo di acquisire informazioni oggettive sul consumo di alcol nelle donne in gravidanza in Italia e per comprendere i termini reali dell’esposizione a questa sostanza. I campioni di capelli materni e di meconio natale, sia quelli raccolti e quelli che si stanno ancora recuperando, saranno utilizzati per la determinazione dell’etilglucuronide, il biomarcatore del consumo dell’alcol. Dai risultati oggi disponibili, scaturiti dall’analisi di circa 700 meconi e 700 capelli, possiamo dire che le donne italiane hanno compreso il messaggio di non bere gravidanza “Zero alcol in gravidanza e quando si desidera avere un bambino” diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità. Difatti, i dati preliminari sanciscono che meno dell’8% delle donne in gravidanza beve in occasioni sporadiche e solo uno 0,6% dei neonati, il cui meconio è stato fino ad oggi analizzato, è risultato esposto all’alcol materno. Una indagine simile sul meconio neonatale nel 2012 mise in evidenza un 7,9% di neonati esposti all’alcol gestazionale.

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La FASD, si legge nella nota dell’Iss, è oggi la più grave disabilità permanente di origine non genetica e pertanto totalmente evitabile mediante l’astensione completa dal consumo di alcol in gravidanza. Le difficoltà cognitive e comportamentali che si manifestano nel corso dello sviluppo del bambino sono il risultato diretto dell’esposizione del feto all’alcol e il danno cerebrale ed organico che ne consegue è permanente: disabilità intellettiva, deficit del funzionamento esecutivo, della memoria e dell’elaborazione dell’informazione, ritardo o disfunzione del linguaggio, difficoltà nell’apprendimento verbale e di codifica, difficoltà generale riconoscere e comunicare le proprie emozioni e di cogliere i nessi di causalità, i disturbi dell’adattamento, il deficit dell’attenzione e l’iperattività. Se queste non sono trattate tempestivamente, esitano nelle cosiddette “Disabilità secondarie”. La diagnosi precoce è di fondamentale importanza perché permette di ascrivere i sintomi a una diagnosi precisa ma, soprattutto, aiuta a pianificare tempestivamente un piano di intervento, in grado di minimizzare le disabilità secondarie.

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Fare una diagnosi precoce di FASD consente di seguire il bambino fin dai primi mesi dello sviluppo, prendere in carico la famiglia, avviare un trattamento adeguato alle disabilità evidenziate, prevenire/ridurre la comparsa delle disabilità secondarie. Non c’è un trattamento specifico per la FASD, ma ogni persona va valutata individualmente per poi definire un trattamento mirato, praticamente “cucito addosso”. Il trattamento è diretto sulla persona e sulla famiglia ed eventuali altri caregiver. È indispensabile la formazione di tutte le figure professionali che si occupano della persona con FASD (professionisti sanitari, insegnanti, datori di lavoro, allenatori sportivi). Le persone con FASD possono aver bisogno di diversi tipi di trattamento che vanno dalle cure mediche specialistiche ai trattamenti di tipo medico-psico-sociale sulla persona, sulla famiglia, sugli insegnanti, sull’ambiente di lavoro fino al trattamento farmacologico. Le cure mediche specialistiche sono indispensabili in caso di malformazioni o malfunzionamenti di vari organi ed apparati (visivo, acustico, cardiaco, renale, riproduttivo o altro). Per le loro caratteristiche neurocognitive le persone con FASD non sempre riescono ad aderire a un percorso psicoterapico e portarlo a buon fine, pur dimostrandosi spesso ben predisposte. Il trattamento Cognitivo Comportamentale è risultato essere più efficace negli adolescenti in trattamento di gruppo che hanno tratto benefici anche con l’arte-terapia, il teatro, la musica e altre tecniche di espressione delle emozioni.

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