Sempre meno giovani in UE: ecco il “meccanismo per i talenti”.
Un’Europa sempre più vecchia, non inclusiva per i giovani e che sta attraversando un’importante transizione demografica dove a soffrire sono le regioni con una forza lavoro in calo, con alti tassi di emigrazione giovanile (in Sardegna qualcuno si autocelebra dalle parti della Giunta Solinas) e una bassa percentuale di persone con un’istruzione terziaria.
Per contrastare questa sempre più incontrovertibile dinamica demografica l’UE ha deciso di lanciare il nuovo “Meccanismo di potenziamento dei talenti” (che si spera non abbia nulla a che fare, in termini di ambizioni, con i locali programmi regionali sardi per la formazione imprenditoriale dei talenti o con gli improbabili tentativi di co-programmazione regionale).
Meccanismo, si legge nella velina dell’Esecutivo von der Leyen, che proverà a sostenere “le regioni dell’UE colpite dal declino demografico della loro popolazione in età lavorativa a formare, trattenere e attrarre le persone, le capacità e le competenze necessarie per affrontare l’impatto della transizione demografica”. Obiettivo a dir poco ambizioso in un’Isola (quella sarda) dove anche il minimo portale istituzionale dedicato alla gioventù non viene aggiornato dal 2012 e dove l’unica proposta di legge, la 182, vegeta nel limbo della Commissione seconda in Consiglio regionale dal lontano 2019.
“Se non affrontata – dichiarano dalla Commissione von der Leyen – questa transizione scatenerà nuove e crescenti disparità territoriali man mano che le regioni invecchiano e restano indietro per numero e competenze della loro forza lavoro, ostacolando la resilienza e la competitività dell’UE”. Insomma, la sensazione che qualcuno/a stia provando a chiudere la stalla dopo la fuga dei buoi è decisamente palpabile. Troppi, infatti, i decenni di politiche assenti per l’inclusione dei giovani nel panorama “democratico” dell’UE.
Ma, nell’ottica della politica del “tutto si trasforma e niente si ditrugge” tipica di una cerca narrazione UE, il meccanismo, presentato nella comunicazione odierna sulla valorizzazione dei talenti nelle regioni d’Europa, mira a dare un nuovo slancio alla riqualificazione e al miglioramento delle competenze, comprendendo nuovi fondi e iniziative per sostenere le regioni più colpite dalla transizione demografica in corso e prevenire l’emergere di nuove e maggiori disparità territoriali in l’Unione Europea.
Certo è che se non si affronteranno le sfide poste dall’attuale transizione demografica, ovvero l’invecchiamento, il declino della popolazione, la diminuzione della popolazione in età lavorativa, ma anche l’aumento delle disparità territoriali e, soprattutto la questione giovanile, non ci saranno politiche e fondi capaci di mettere una toppa alla falla demografica dell’UE.
Non soprende che gli Stati membri dell’UE, grazie a un paradigma a dir poco escludente per i giovani, abbiano registrato un forte calo della loro popolazione in età lavorativa, diminuita di circa 3,5 milioni di persone tra il 2015 e il 2020. Dati per nulla ottimistici dal momento che secondo le più rosee previsioni si prevede la perdita di altri 35 milioni di persone in età lavorativa entro il 2050.
82 regioni in 16 Stati membri (che rappresentano quasi il 30% della popolazione dell’UE), infatti, sono gravemente colpite da questo calo della popolazione in età lavorativa, da una bassa percentuale di laureati e laureati o da una mobilità negativa della loro popolazione di età compresa tra i 15 e i 35 anni. A qualcuno dalle parti della Giunta Solinas e dell’Assessorato al Lavoro ricordano qualche entità territoriale questi dati? Probabilmente no, visto l’autocelebrativa campagna istituzionale (purtroppo ripresa acriticamente dalla “blasonata” stampa locale”) incentrata sull’aver sconfitto la disoccupazione giovanile. Solo “Giggetto” Di Maio con la “vittoria sulla povertà” era riuscito a fare meglio…
Regioni, come la Sardegna, dove nonostante la “disinformazione” confezionata da una certa comunicazione istituzionale, si continua a non affrontare alcuna sfida strutturale, quali l’inefficienza nel mercato del lavoro, nell’istruzione, nella formazione e nei sistemi di apprendimento degli adulti, senza contare lo scarso rendimento nei settori dell’innovazione (bisognerebbe sorprendersi del contrario visto le Agenzie Regionali attive nell’Isola), della governance pubblica o dello sviluppo delle imprese e scarso accesso ai servizi.
Sfide, che se affrontate, potrebbero attrarre più lavoratori qualificati oltre a diffondere tra la popolazione l’impressione di vivere in una Regione d’Italia e d’Europa dentro il perimetro della cosiddetta “grazia di Dio”. Ma, la Sardegna, continuerà ad essere e a operare come una delle tante trappole territoriali “per lo sviluppo dei talenti”, minacciando la prosperità a lungo termine all’interno dello Stato Italiano e dell’UE.
A cosa potrà mai servire il nuovo meccanismo di protezione dei talenti? A far contenta qualche cooperativa/azienda collegata a qualche “grande vecchio” della politica regionale?
Ma, sempre con il beneficio del dubbio, volendo farsi trascinare dall’entusiasmo della Commissione europea per la nuova iniziativa (magari se si rendesse più accessibile il programma Erasmus+, si otterrebbero molti risultati) il nuovo meccanismo di promozione dei talenti si baserà su 8 pilastri. Un nuovo progetto pilota sarà lanciato nel 2023 per aiutare le regioni a elaborare, consolidare, sviluppare e attuare strategie su misura e globali, nonché a identificare progetti pertinenti, per formare, attrarre e trattenere lavoratori qualificati. Ancora una nuova iniziativa sull'”Adattamento intelligente delle regioni alla transizione demografica” che prenderà il via nel 2023 per aiutare le regioni con tassi più elevati di partenza dei giovani ad adattarsi alla transizione demografica e investire nello sviluppo dei talenti attraverso politiche su misura basate sul luogo (ricordiamoli i tempi della politica sulla famigerata proposta di legge regionale n. 182).
Tra i pilastri anche lo strumento di supporto tecnico (STI) che, sempre nelle ambizioni dell’UE, sosterrà gli Stati membri, con riforme a livello nazionale e regionale, necessarie per affrontare la contrazione della popolazione in età lavorativa. Ad aiutare anche i programmi della politica di coesione (sperando non siano inaccessibili come le attuali call della DG Regio) e gli investimenti interregionali per l’innovazione.
Un nuovo invito è previsto anche per le azioni innovative previsto in seno alla futura “Iniziativa urbana europea” per testare soluzioni basate sul territorio guidate da città in via di restringimento che affrontano le sfide dello sviluppo, del mantenimento e dell’attrazione di lavoratori qualificati.