S&D: “Continua l’ingerenza della politica nel servizio pubblico radiotelevisivo italiano”.

L’8 maggio 2023 Carlo Fuortes si dimetteva dal ruolo di amministratore delegato dell’emittente radiotelevisiva pubblica italiana Rai. Una uscita di scena condita da una nota di polemica contro le “pressioni politiche” e la missione di servizio pubblico della Rai “compromessa”. Alle dimissioni di Fuortes hanno fatto seguito quelle di diversi giornalisti. Dinamiche che hanno destato la preoccupazione del gruppo S&D* per il quale si teme che “questi cambiamenti improvvisi andranno ad accrescere l’influenza del Governo sulla linea editoriale e sulla programmazione”.

Un problema non nuovo che si ripropone ad ogni cambio di Governo a scapito, come si può immaginare, della qualità del servizio radiotelevisivo pubblico: “I fornitori di media di servizio pubblico svolgono un ruolo essenziale nel fornire informazioni verificate e programmi di qualità che riflettono una pluralità di opinioni e devono essere al servizio dei cittadini indipendentemente dalla maggioranza al Governo”.

La stessa relazione dell’Osservatorio del pluralismo dei media sull’Italia relativa all’anno 2021, d’altronde, ha segnalato i rischi elevati per l’indipendenza della governance e del finanziamento pubblico dei media di servizio pubblico e ha sottolineato la necessità di una riforma sostanziale della Rai. Riforma della quale si parla dalla lontana legge Gasparri che, di fatto, non ha mai visto la luce nella sua totalità.

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“Alla luce di questi allarmanti sviluppi – scrivono i firmatari dell’interrogazione – l’UE si trova ora più che mai davanti all’urgenza di elaborare un solido quadro giuridico per proteggere i media dalle ingerenze”. Serve quindi tutelare il servizio publico da qualsiasi ingerenza politica ed economica ma, come visto negli ultimi tempi, la Commissione europea – alla luce di quanto fatto anche in occasione della decisione di censurare i canali russi in Ue, Russia Today e Sputnik – non può certamente essere il punto d’approdo per questo genere di richieste.

Fatta questa premessa, il commissario Thierry Breton ieri ha rassicurato i firmatari dichiarando che “la Commissione è consapevole dei rischi di interferenza politica che incidono sull’indipendenza dei media del servizio pubblico in Italia. A tale riguardo la relazione sullo Stato di diritto 2023 relativa all’Italia rileva che occorre rafforzare le salvaguardie dell’indipendenza editoriale e finanziaria di tali media”. Una dichiarazione che sa di paradosso dal momento stesso che le call della “democratica e pluralista” Unione europea sono tutto fuorchè accessibili per i media indipendenti.

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Ma un minimo di autocritica dalle parti dell’Esecutivo von der Leyen è, come visto dal 2019, difficile da rilevare.

“La relazione – continua ancora Breton – rileva inoltre che non si sono constatati sviluppi per quanto riguarda il quadro normativo che disciplina la governance e i sistemi di finanziamento della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.a. (RAI), malgrado l’esigenza, menzionata nella relazione sullo Stato di diritto 2022 e nell’Osservatorio del pluralismo dei media (Media Pluralism Monitor, MPM) 2023, di una riforma che permetta alla RAI di resistere meglio ai rischi di influenze politiche e dipendenza finanziaria nei confronti del governo”.

Chissà dove stava la Commissione europea nel 2004 quando fu approvata la Legge Gasparri… misteri!

Ma bisogna sperare ed essere positivi per il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo: “La proposta della Commissione relativa a una legge europea per la libertà dei media, adottata il 16 settembre 2022 e attualmente oggetto di negoziati legislativi al Parlamento europeo e al Consiglio, prevede una serie mirata di norme volte a rafforzare il funzionamento indipendente dei media di servizio pubblico impedendone la politicizzazione e garantendo lo svolgimento della loro missione per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno”, ha aggiunto Breton.

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Proposta per la quale i dirigenti e gli organi direttivi dei media del servizio pubblico dovrebbero essere “nominati mediante procedure trasparenti, aperte e non discriminatorie” (andiamo, siamo seri e meno ingenui) e che i media di servizio pubblico dispongano di risorse finanziarie adeguate e stabili per l’adempimento della loro missione di servizio pubblico e offrano al loro pubblico informazioni e opinioni imparziali e pluralistiche.

Difficile assistere a un tale miracolo in un Paese come l’Italia dove solo la morte per cause naturali di un noto Tycoon ha posto fine alla questione del conflitto di interessi.


*Massimiliano Smeriglio (S&D), Franco Roberti (S&D), Brando Benifei (S&D), Camilla Laureti (S&D), Achille Variati (S&D), Pina PicS&Dierno (S&D), Pietro Bartolo (S&D), Mercedes Bresso (S&D), Giuliano Pisapia (S&D), Alessandra Moretti (S&D), Petra Kammerevert (S&D), Domènec Ruiz Devesa (S&D), Hannes Heide (S&D), Sylvie Guillaume (S&D), Diana Riba i Giner (Verts/ALE).

Foto di Vidmir Raic da Pixabay