Scorie nucleari in Sardegna: “Il Consiglio regionale dice no”.
L’hard entry sulla scena politica relativa l’ipotesi di stoccaggio delle scorie nucleari in Sardegna, non si è fatta attendere dal Consiglio regionale, oggi riunitosi per votare un documento unitario per ribadire la posizione contraria della Sardegna all’individuazione dei siti di stoccaggio nell’Isola.
Una seduta intensa, iniziata con l’intervento del presidente della Regione, Christian Solinas, che ha sottolineato l’unità delle forze politiche verso la contrarietà all’ipotesi inserita nel piano della Sogin che ha identificato 14 siti nell’oristanese e nel sud sardegna per il deposito di combustibile nucleare esaurito. Solinas ha poi sottolineato, oltre all’esito del referendum popolare consultivo, anche l’approvazione di una legge regionale che ha dichiarato la Sardegna territorio denuclearizzato, impedendo non solo lo stoccaggio ma anche il transito di scorie nucleari all’interno del territorio regionale.
Il presidente ha rimarcato, inoltre, che l’Aula si è espressa più volte sul tema e che un documento tecnico redatto dall’assessorato regionale dell’Ambiente ha chiarito che l’applicazione dei criteri escludenti, già previsti a livello centrale, da soli sono sufficienti ad escludere che la Sardegna possa essere individuata come area; “I 14 siti individuati come potenzialmente idonei ricadono su un territorio di alto pregio paesaggistico, ambientale, archeologico, storico e culturale e priva di collegamenti viari adeguati. La Sardegna – ha aggiunto il Governatore – ha pagato da tempo il proprio tributo alla solidarietà nazionale con oltre il 60% del territorio riservato a servitù militari, oltre a quelle di tipo industriali, che ancora non hanno visto interventi di bonifica, ma anche a quanto la Sardegna ha pagato per lo sviluppo delle reti ferroviarie italiane, visto che è stata disboscata per quattro quinti del suo territorio, con i conseguenti danni all’ecosistema, che hanno determinato le situazioni di rischio idrogeologico, mutazioni climatiche nel ciclo delle piogge e tutta una serie di fattori concomitanti che hanno modificato profondamente anche il sistema economico e produttivo”.
Ha preso successivamente la parola l’esponente di Fratelli d’Italia, Fausto Piga, che ha ripercorso le tappe che hanno confermato il no della Sardegna al nucleare, dalla legge del 2003 al referendum del 2011, sottolineando l’importanza di approvare un documento unitario che dia forza all’azione del presidente Solinas e dell’assessore dell’Ambiente, Gianni Lampis: “La Sardegna non vuole essere il cimitero delle scorie nucleari. La vocazione turistica della Sardegna deve essere tutelata, come l’importante attività legata all’agricoltura e alla pastorizia”.
Per Massimo Zedda dei Progressisti “le scorie derivano dal comparto della ricerca e dell’elettroproduzione e le Regioni con il più alto tasso di produzione di scorie, ben il 68% del totale a livello nazionale, è concentrato nel Lazio, in Lombardia e in Piemonte. E’ opportuno inserire questo dato, visto che nei 67 siti individuati, 7 sono in Piemonte e 5 nel Lazio”.
Roberto Li Gioi (M5S) “il Consiglio ha una grande opportunità, ovvero combattere uniti per la Sardegna. La notizia che la nostra Isola sia stata inserita tra le aree potenzialmente idonee alla costruzione del deposito nazionale delle scorie nucleari è di una gravità incommensurabile: la nostra terra non è la pattumiera del mondo e non lo sarà mai”.
Successivamente Domenico Gallus (Udc Cambiamo) ha ricordato che “la Sardegna ancora una volta si trova al centro di un interesse che la vede protagonista passiva di scelte calate dall’alto in dispregio del suo Statuto di autonomia speciale, da parte di uno Stato che la colloca in un’ottica di stampo becero colonialista come territorio da sfruttare per interessi lontani dalle necessità e bisogni del suo popolo”.
Giovanni Satta (Psd’Az) ha condiviso l’intervento del presidente Solinas e ha sottolineato che da parte delle altre Regioni c’è stata una levata di scudi per dire no e che la Sardegna deve far sentire la sua voce. Satta ha anche ricordato che lo Stato ha l’obbligo di individuare il sito, come previsto dall’Ue. Il consigliere sardista ha evidenziato, inoltre, che “la Sardegna può avere importanti opportunità di sviluppo, con il Recovery Fund, l’Obiettivo 1 e la vertenza entrate” auspicando, inoltre, che “nello scrivere il futuro della Sardegna, quindi in tutta la Sardegna, di quella rappresentata da voi, ma anche di quelle rappresenta la minoranza, la Giunta e il Presidente sappiano coinvolgere tutti”.
Per Maria Laura Orrù (Progressisti) la pubblicazione della carta era un atto dovuto e si è detta contraria a contrapposizioni istituzionali fini a se stesse: “E’ necessario evidenziare quanto l’Isola ha già sacrificato in termini di servitù militari e delle industrie, ma anche l’esito del referendum. Sarebbe opportuno presentare un piano strategico sostenibile dell’Isola da mettere sul tavolo e chiarire che la nostra Isola deve mettere al centro, e mette al centro, l’ambiente, il paesaggio, la cultura come base per il suo sviluppo futuro. Nessuna regione vorrà il sito sul proprio territorio”.
Contraria anche la consigliera Desirè Manca (M5S) che ha ricordato come fu avviato l’iter per la individuazione di un sito idoneo ad ospitare i rifiuti radioattivi prodotti in Italia: “E’ partito tutto nel 2010, al governo c’era Berlusconi. L’Italia stipulò un accordo con l’Europa per l’individuazione di un deposito di stoccaggio di scorie nucleari. In quel governo c’erano Fratelli d’Italia e la Lega. L’accordo prevedeva anche la realizzazione di impianti per la produzione di energia nucleare. C’è dunque una precisa responsabilità della destra – ha attaccato Manca – nel 2010 venne dato mandato alla Sogin di localizzare il sito e di elaborare il progetto per la realizzazione di un deposito di stoccaggio. La mappa era pronta da tempo, solo questo governo ha avuto il coraggio di divulgarla. Tutti sapevano che la sua pubblicazione avrebbe creato problemi”.
“Nel 2010 – ha aggiunto Manca – alla guida della Regione c’era Cappellacci, lo stesso che oggi protesta contro la pubblicazione della mappa da parte di Sogin”.
Anche il consigliere di Leu, Eugenio La,i ha dichiarato la propria ferma contrarietà all’ipotesi di un deposito di scorie nucleari in Sardegna: “Il nostro sarà un no senza se e senza ma: qui non c’è in ballo il futuro di un governo o di una giunta ma quello dei sardi. Da questo Consiglio deve emergere una posizione unanime. Ringrazio il presidente per aver proposto l’istituzione di un tavolo che coinvolga tutte le componenti della società sarda. Questa non è la battaglia di un partito ma dell’intero popolo sardo che ha già pagato a caro prezzo la presenza delle servitù militari e dell’industria pesante che ha provocato danni ambientali e sanitari alla Sardegna”.
Il consigliere di Leu ha quindi concluso il suo intervento con un invito al Governatore Solinas: “Prepari una relazione tecnica che entri nel merito della questione e rimandi al mittente la proposta di un sito di scorie nucleari in Sardegna. La relazione di Sogin non tiene conto dei rischi idrogeologici. Nel mio territorio ci sono i laghi che forniscono acqua a 180 comuni dell’isola. Perché si individua un territorio fragile ma allo stesso tempo importante per la Sardegna. Dobbiamo provare a ribaltare lo studio attraverso un nuovo modello di sviluppo. Da noi otterrà un mandato pieno per il no alle scorie nucleari, lo sfrutti tornando in aula con le motivazioni da contrapporre al piano della Sogin. Evitiamo polemiche e contrapposizioni politiche: questa è una battaglia di tutto il popolo sardo”.
Pierluigi Saiu (Lega) ha invece rivolto pesanti critiche all’operato del governo nazionale: “Nella notte tra il 4 e 5 gennaio la Sogin ha pubblicato la carta delle aree idonee ad ospitare il sito. Mentre tutti sono alle prese con la pandemia, il governo attraverso la Sogin individua 67 aree idonee. Lo fa di notte, quasi di nascosto, alle prime luci del giorno scopriamo che, tra i 67 siti idonei, 14 si trovano in Sardegna. Proprio mentre l’opposizione protesta contro il Piano Casa i suoi rappresentanti a Roma ipotizzano un deposito di scorie nucleari in Sardegna. Non mi bastano le rassicurazioni dei sottosegretari sardi Calvisi e Todde. La Sardegna non doveva essere presente nell’elenco della Sogin perché ha già pagato in termini di servitù militari, lo Stato è in debito con noi. L’insularità costa a ogni sardo 5700 euro all’anno. Se qualcuno pensa di trasformare la Sardegna in una pattumiera sbaglia di grosso. Il popolo sardo non lo permetterà”.
Antonello Peru (Cdu cambiamo), dopo aver apprezzato l’identità di vedute tra maggioranza e opposizione, ha elencato le ragioni della sua contrarietà al deposito di scorie nucleari nell’isola: “Il popolo sardo si è espresso chiaramente nel referendum del 2011 la Sardegna ha pagato un caro prezzo per le servitù militari, con la cessione di 35mila ettari del suo territorio. Stesso discorso per la presenza dell’industria pesante che ha portato lavoro ma anche inquinamento e compromissione dei territori. Siamo inoltre l’unica regione con un pesante deficit energetico (paghiamo il doppio l’energia) e le nostre imprese sono penalizzate per la mancata realizzazione delle infrastrutture nei trasporti. L’Italia deve riconoscerci per ciò che siamo e per ciò che rappresentiamo: siamo la terra del buon cibo e dell’accoglienza, dell’ambiente e della biodiversità. I danni d’immagine, con la realizzazione di un deposito di rifiuti radioattivi, sarebbero incalcolabili”.
Un no al progetto Sogin anche da parte di Alessandro Solinas (M5S): “Il nostro è un no netto a qualsiasi ipotesi di realizzazione di un sito in Sardegna. L’Isola ha già pagato a caro prezzo le servitù militari e l’industrializzazione selvaggia. Lo studio di Sogin è solo tecnico, qualsiasi governo lo avrebbe dovuto fare”.
Critico nei confronti dell’esecutivo nazionale l’intervento di Michele Ennas (Lega): “La Sardegna è stata scaraventata in prima linea senza essere consultata. Il governo ha deciso di notte evitando qualsiasi confronto, in un momento in cui i riflettori sono puntati sulla pandemia. E’ una decisione inopportuna che scavalca la volontà delle popolazioni interessate. Emergono problemi di carattere procedurali evidenti: l’Isola intera si mobilita per respingere questa ipotesi. Noi speriamo sempre di ottenere altre attenzioni dal Governo ma questo non accade. Diciamo no a questo tentativo calato dall’alto”.
Successivamente, a favore del mandato al presidente Solinas, è intervenuto anche il leader dell’Udc Giorgio Oppi: “In passato ci sono stati ripetuti pronunciamenti del Consiglio contro l’ipotesi di un deposito di scorie nucleari in Sardegna durante il governo Renzi, quando era ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, l’idea era quella di realizzare il sito a bocca di miniera. Per questo venne presa in considerazione anche l’area del Sulcis, ipotesi poi scartata perché inidonea. Si parlava allora della Puglia come regione più idonea ad ospitare il deposito. Le popolazioni locali sembravano d’accordo anche in considerazione delle ingenti risorse destinate al territorio per gli indennizzi. Per anni però non si è fatto niente, ci si è quasi dimenticati della questione. Oggi se ne riparla, si individuano 67 siti possibili di cui 14 in Sardegna. Spero che questa discussione sia superflua. Il Consiglio si è già espresso. Si dia mandato pieno al presidente della Regione per ribadire la scelta che abbiamo fatto in passato”.
Per il Psdaz ha preso la parola il capogruppo Franco Mula: “Già nel 2015 tutti i Comuni sardi avevano detto no alle scorie e così l’esito referendario. Però fa specie che un documento tecnico continui a indicare la Sardegna come un territorio dove potrebbero essere ospitate le scorie. E’ del tutto evidente che per i sardi non ci sono governi amici. Altro che scorie, ci aspettiamo ben altro da Roma visto che siamo un’isola, abbiamo difficoltà nei trasporti e paghiamo caramente l’energia per le nostre imprese”.
Per le conclusioni ha preso la parola il presidente della Regione: “Si conferma un comune sentire tra noi e il tema non è il rapporto tra governi ma tra lo Stato e l’autonomia speciale – ha affermato Solinas – con gli occhiali della storia e non della cronaca dobbiamo valutare le scelte da fare, quando si parla di materiale radioattivo. Perché gli effetti si svilupperanno per i prossimi tre secoli. Una scelta è stata fatta: nei 67 siti ce ne sono 14 della Sardegna, nonostante un referendum e tanti altri momenti istituzionali abbiano già escluso la volontà della Sardegna di autorizzare un deposito. Nel 1977 l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti dal Canada annunciò l’acquisto di due centrali nucleari. Nell’anno successivo il Cipe indico la Sardegna come base strategica per la produzione di energia nucleare. Ad Andreotti rispose l’allora presidente Pietrino Soddu, che nonostante la comune militanza politica, assunse una posizione contraria e intransigente”.