Sanità. Solo 8 professioni su 30 possono lavorare nella PA e svolgere la libera professione.

Il “comparto sanità” italiano comprende circa 30 professioni sanitarie che sono tutte “intellettuali, soggette a responsabilità, necessitanti di titolo universitario, di iscrizione all’Ordine e di aggiornamento continuo”. Tra esse solo otto categorie (come medici, psicologi) possono avere un impiego pubblico indeterminato e svolgere stabilmente anche la libera professione, mentre alle ulteriori 22 (circa 600000 professionisti) ciò è di fatto precluso.

Una constatazione di fatto che ha indotto l’eurodeputa del Partito Popolare Europeo, Lucia Vuolo, a chiedere se – vista pure la sentenza CGUE, del 13 gennaio 2022, nella causa n. C-282/19 – sussista una discriminazione di fatto tra i professionisti italiani del comparto sanità.

Come ricordato oggi dal commissario europeo Nicolas Schmit, la direttiva 2000/78/CE del Consiglio vieta le discriminazioni in materia di occupazione, anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro, fondate sulla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o le tendenze sessuali. La Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha chiarito che l’ambito di applicazione di tale direttiva non può essere esteso al di là dei motivi in essa elencati”.

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Perciò, secondo la Commissione Ue, non sembrano esservi violazioni dei diritti o discriminazioni tra le diverse professioni sanitarie del comparto sanità. “Analogamente – prosegue l’esponente della Commissione Ue – non sembra esservi alcuna violazione dell’articolo 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in quanto tale disposizione è piuttosto volta a stabilire la competenza dell’Unione a sostegno degli Stati membri nella promozione dell’occupazione e nel miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Sancita dall’articolo 45 TFUE, la libera circolazione dei lavoratori implica il divieto di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Secondo la giurisprudenza costante della CGUE, la nozione di discriminazione comprende non solo la discriminazione diretta fondata sulla nazionalità, ma anche qualsiasi forma di discriminazione indiretta che produca lo stesso risultato”.

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foto Antoine Rassart / European Union, 2021 Copyright