Sanità in Italia, Corte dei Conti: “Ministero non deve limitarsi a svolgere un ruolo di ‘mero finanziatore’ delle Regioni”.
Le risorse stanziate dal 1999 fino alla legge finanziaria del 2006 per il perseguimento di standard di salute, di qualità e di efficienza dei servizi da erogare soprattutto nei centri urbani delle aree centro-meridionali dell’Italia che, al riguardo, registrano ancora sensibili ritardi rispetto alle grandi metropoli del settentrione, sono state circa 1 miliardo e 200 milioni di euro. Degli originari 302 interventi che, a seguito di rimodulazioni, sono diventati complessivamente 258 effettivi, quelli conclusi sono stati 20, in esecuzione 23, in sospeso 10 e non ancora iniziati 19.
E’ quanto emerge dalla Relazione sugli “Interventi di riorganizzazione e riqualificazione dell’assistenza sanitaria nei grandi centri urbani”, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti con delibera n. 2/2021/G, che ha esaminato le attività intraprese con i fondi erogati alle Regioni ai sensi dall’art. 71 della legge n. 448/98, sulla base del Piano straordinario del Ministero della Salute, verificando lo stato di attuazione al 2018 di tale Piano, con riguardo ai profili finanziari, alla realizzazione delle opere finanziate ed al conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla legge, con specifici aggiornamenti al 2020. In molti casi le risorse statali sono state impegnate per le costruzioni di nuovi ospedali cofinanziati anche con stanziamenti regionali o con fondi comunitari.
Fra le problematiche rilevate sul territorio, con riferimento alla diffusione delle apparecchiature tecnologiche sanitarie, in particolare delle piattaforme di chirurgia robotica e dei ventilatori polmonari, l’istruttoria ha evidenziato “marcate differenze tra regioni del sud e quelle del centro-nord, con prevalente concentrazione di tali dotazioni strumentali in queste ultime”.
Anche dal punto di vista operativo, gli stati di avanzamento delle iniziative mostrano sensibili difformità a livello regionale nell’utilizzo delle risorse, mentre dall’analisi gestionale incentrata sull’effettiva utilizzazione dei fondi statali, con il coinvolgimento di diversi livelli istituzionali/amministrativi, è emerso che le aziende ospedaliere non sono in grado di soddisfare le esigenze di intercambiabilità del personale, con particolare riguardo per le figure professionali di tipo tecnico.
Per questo la Sezione raccomanda al Ministero di non limitarsi a svolgere un ruolo di “mero finanziatore” delle Regioni, ma a sviluppare, nell’espletamento dei suoi compiti, azioni di coordinamento, vigilanza e controllo, al fine di stimolare gli Enti ritardatari a portare a termine il programma.
Secondo la Corte, è opportuno, infine, introdurre modifiche normative per l’implementazione delle competenze intestate all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), sia in materia di supporto tecnico-contabile alle Regioni e agli enti in piano di rientro al fine di contenere la spesa per forniture di servizi di advisory contabile da parte di soggetti privati, che in tema di riduzione delle liste di attesa e di coordinamento a livello nazionale per le valutazioni di HTA (metodiche legate allo studio delle nuove tecnologie sanitarie da introdurre nel Paese).