Sandro Ghiani. Il caratterista sardo più popolare della storia della commedia italiana.
Sandro Ghiani, il caratterista sardo per eccellenza. Dal profondo Sulcis degli anni ’50 al gotha del cinema italiano degli anni ’70 e ’80, passando per le serie televisive più celebri degli anni ’80 e anni 2000, come ‘Don Matteo’ e ‘La Squadra’. Una carriera strepitosa sotto i riflettori, vissuta a stretto contatto con gli attori più rappresentativi della commedia italiana degli ultimi 40 anni.
Da Carbonia al Cinema cult degli anni ’70, ’80 e ’90. Dalle serie tv alla regia teatrale, sceneggiatore e doppiatore. Un artista a tutto tondo, eppure saresti dovuto diventare un prete. Come hai scoperto la tua passione per la recitazione e cosa ti ha portato a diventare uno dei più popolari caratteristi della commedia italiana?
Sono approdato in seminario da ragazzino, cercando chissà cosa nella fuga da casa dopo la morte di mio padre. Mi sono chiuso in me stesso con tanti problemi di relazione con il mondo esterno. Quando è arrivato Don Bernini , il nuovo direttore del seminario, saggio e un po’ psicologo ha capito subito che ero lì non per vera vocazione mi ha aiutato in un percorso che mi ha portato a riprendere contatti con me stesso e gli altri.
Mi ha inserito in un gruppo teatrale dell’oratorio e mi ha affidato una serie di mansioni all’esterno del seminario. Durante queste esperienze teatrali mi sono sentito subito a mio agio, entusiasta e felice. Provavo gioia nel constatare le reazioni del pubblico, mi faceva piacere sentire gli applausi ed essere apprezzato. Nella interpretazione dei vari ruoli crescevo come persona e contemporaneamente arricchivo di sfumature il mio personaggio. Da qui la decisione dopo qualche anno di approdare a Roma in cerca di fortuna nel cinema.
40 anni di carriera ma nei tuoi primi film è assente la definizione che ti ha reso popolare, il ruolo del sardo. Com’è nata la caratterizzazione che ti ha reso celebre?
Avevo un forte accento isolano e nel cinema di allora non c’erano molti caratteristi sardi. Ogni volta che serviva “un sardo” chiamavano me. La mia faccia ha fatto il resto. Il personaggio è nato così… poi ho pure seguito dei corsi di dizione per smussare l’accento ma ormai tutti mi volevano come sardo. Anzi mi chiedevano di marcare la pronuncia.
Ricordi un provino che ti ha messo a dura prova?
Non ho mai fatto provini per il cinema. La chiamata era diretta, il regista vedeva le foto e dopo un breve colloquio venivo scritturato.
Lino Banfi, Adriano Celentano, Diego Abatantuono, Renato Pozzetto, Nino Manfredi, Laura Antonelli e Carlo Verdone. Alcuni attori con i quali hai lavorato. Che ricordi hai di loro?
Tantissimi ricordi. La semplicità e generosità di Banfi, la simpatia e la stravaganza di Celentano, la gentilezza di Pozzetto, la signorilità di Verdone, l’ironia di Abatantuono, la bravura e i tempi comici di Manfredi e la dolcezza e professionalità di Laura Antonelli. Tutti ricordi molto belli. Tutte esperienze che mi hanno insegnato molto.
Indubbiamente sei il caratterista sardo più popolare della storia della commedia italiana. E’ un ruolo che ti ha divertito interpretare?
Sì, lo sento un po’ come una mia creatura… anche se nel corso del tempo il mio personaggio è cresciuto e si è raffinato. Ma comunque mi ha sempre divertito interpretarlo.
Secondo te l’interpretazione di questo ruolo ha penalizzato la tua ‘credibilità’ in ruoli più drammatici?
No , non mi sembra. In realtà ho girato “ da sardo “ molti film drammatici importanti. Passione d’amore di Scola in cui ero candidato al David di Donatello come miglior attore non protagonista. “Scemo di Guerra” di Dino Risi, “I dimenticati” di Piero Livi in un ruolo da protagonista e poi nel “Mostro di Firenze” di Grimaldi, “Spaghetti House” con Manfredi e “Don Matteo” di Base. Però vengo ricordato per i film più commerciali.
Dall’epoca d’oro degli anni ’80, dove si giravano anche 400 film all’anno, ai tempi odierni. Quali sono i principali fattori che hanno portato al ridimensionamento del cinema italiano?
Penso che tra le altre cose abbia influito l’importazione incontrollata della filmografia americana, nonché la scomparsa di molti bravi registi ed attori che facevano la commedia all’italiana.
Come hai vissuto la popolarità in tutti questi anni?
Mi sono sempre sentito apprezzato nell’ambiente del cinema. Da qualche anno, grazie ai social, ho scoperto quante persone tra il pubblico mi apprezzano, cosa di cui prima non mi ero reso conto.
Hai mai pensato che la stereotipizzazione del sardo e della Sardegna sia stata, per certi versi, influenzata da certe sceneggiature alle quali hai preso parte? Penso, per esempio, al film “Viulentemente Mia” di Carlo Vanzina e, in particolare, alla scena in cui Roberto della Casa, rivolgendosi a Diego Abatantuono per punirlo, enuncia la frase “Ti sbatto in Sardegna”.
Si a volte può essere successo. Purtroppo è stato un limite di qualche autore o sceneggiatore.
Che idea ti sei fatto sugli attacchi giornalistici che hanno definito la Sardegna come “Terra del Covid” e delle recenti vignette satiriche che continuano a dipingere i sardi come pecore e/o pastori?
Il Covid-19 si diffonde in tutto il mondo. Non è esclusiva di nessuno. Importante invece è rispettare regole e usare protezioni per limitare contagi e difendere i più deboli. Per la mia esperienza i sardi sono conosciuti come persone generose ed ospitali. Tutto il resto appartiene ad un mondo che non c’è più.
Che rapporto hai mantenuto negli anni con l’Isola?
La Sardegna è spesso nei miei pensieri ed è legata alla mia infanzia, al ricordo di una natura incontaminata, alla libertà e alle mie radici. Nel corso di questi anni sono tornato molte volte in occasione delle vacanze per rivedere i miei fratelli.
Cosa fa Sandro Ghiani nella sua quotidianità?
Vivo nella campagna in provincia di Roma con mia moglie. Produciamo olio, vino, frutta antica e verdure biologiche. Facciamo passeggiate nei boschi con il nostro amico a quattro zampe. Poi leggo, scrivo e zappo! Insomma una vita semplice a contatto con la natura.
Nel 2016 hai partecipato a ‘Ora non ricordo il nome’ di Michele Coppini. C’è qualche nuovo progetto nell’immediato futuro di Sandro Ghiani?
Ho molti progetti in programma. La realizzazione di un film tratto dal primo racconto del mio libro ” L’angelo della porta accanto” scritto insieme a Susanna Trossero, nota scrittrice sarda. Inoltre sto scrivendo un secondo libro autobiografico che spero possa anch’esso diventare un film dal titolo “Pane e Zucchero”, la semplice merenda che mia madre mi preparava da bambino.