“Ripensamenti d’artista”, la campagna per raccontare l’ispirazione dei grandi poeti e maestri della storia dell’arte.
Il Ministero della Cultura celebra la “Giornata Internazionale dei Musei” con una nuova iniziativa in linea con il tema di questa edizione: il potere dei musei di trasformare il mondo attorno a sé.
Trasformazioni, pentimenti e correzioni sono infatti i protagonisti di “Ripensamenti d’artista”, la campagna digitale ideata per raccontare le incertezze e i dubbi che hanno accompagnato i tormentati processi creativi delle maestre e dei maestri dell’arte e della letteratura italiana, dall’ispirazione iniziale fino al risultato finale. Di queste perplessità è rimasta traccia su tele, tavoli e fogli di lavoro: tocchi di pennello correttivi, scarabocchi, macchie di inchiostro accidentali e strofe interamente eliminate e sostituite. Entrare così nell’ intimità del lavoro, estraendo parti modificate dall’artista in prima persona, per una sentita necessità, è un po’ come invadere il suo animo, perché permette di scoprire non solo le dinamiche legate all’ideazione dell’opera, ma anche tratti celati della sua personalità.
Ogni settimana, sui canali social del Ministero, la campagna verrà declinata in due diversi filoni narrativi: uno dedicato alle arti figurative, l’altro al mondo della scrittura. Il primo, in particolare, svelerà tutti segreti che si nascondono sotto gli strati pittorici dei più celebri capolavori custoditi nei musei, gallerie e pinacoteche dello Stato: un racconto delle difficoltà e incertezze del processo creativo e di come, al termine di questo, l’artista rimanesse spesso insoddisfatto dell’opera realizzata.
Molti di questi ripensamenti sono percepibili a occhio nudo, altri invece sono visibili solo grazie alle procedure di restauro e alle più avanzate tecniche di indagine analitiche e diagnostiche applicabili alle opere d’arte. Ancora, ulteriori documenti della campagna svelano i disegni e gli studi preparatori di sculture e monumenti, riportano i progetti architettonici di edifici e quartieri, decorazioni di librerie e soffitti, tutti concepiti in una diversa modalità rispetto l’esecuzione. Con una speciale lente di ingrandimento verranno poi approfonditi, grazie ad articoli dedicati, i capolavori di alcuni dei maestri del Rinascimento e del Manierismo italiano.
La seconda rubrica della campagna digitale racconta invece le tante revisioni che si celano dietro i “capolavori di carta” custoditi in archivi e biblioteche, come segni a matita, note a margine, appunti e cancellature, tutti ben evidenti ai margini di dattiloscritti o manoscritti autografi: testimonianze delle frequenti rielaborazioni a cui vennero sottoposti i testi di romanzi, saggi, articoli, tragedie e componimenti poetici prima di venir consegnati, con la loro pubblicazione, alla dimensione dell’eternità.
I musei, biblioteche, archivi, e luoghi di cultura dello Stato, aderendo all’iniziativa, hanno svolto un lavoro di ricerca certosino nelle proprie collezioni, portando alla luce una mole considerevole di documenti e testimonianze.
Sembra che il celebre romanzo “L’Edera” di Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura, dovesse inizialmente chiamarsi “Romanzo Sardo,” come dimostrano gli originali dell’autrice conservati presso la Biblioteca Nazionale di Sassari; una delle poesie più apprezzate di Giovanni Pascoli, “Il poeta solitario”, era stata concepita in maniera diversa, come dimostrano le bozze del componimento presenti nell’ Archivio della Fondazione Mario Novaro di Genova, ricche di versi cancellati e nuove strofe scritte ai margini; molte volte sono state corrette e riviste anche le ottave del canto 46 dell’ ”Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto della Biblioteca Nazionale di Napoli; le prime stampe del Codice Zanardelli, custodite dall’Archivio di Stato di Brescia, rivelano la modernità del nuovo Codice penale che per primo abolì la pena capitale in tutta Italia, mentre la maggior parte dei paesi europei ancora ne faceva ricorso.
Per le arti figurative, un contributo significativo è giunto dall’Opificio delle Pietre dure di Firenze, uno degli istituti più importanti nel campo del restauro a livello internazionale che, grazie alla sua attività in questo settore, ha costruito negli anni un archivio ricco di immagini frutto delle tecniche di ricerca diagnostica, come la riflettografia infrarossa, spettroscopia per immagini e radiografia digitale, applicate a quelle opere custodite nei più importanti musei dello Stato e giunte all’Istituto per fini di restauro.
Strani occhi si nascondono tra le pieghe dell’abito di Santa Caterina d’Alessandria nella “Pala di Sant’Ambrogio” di Botticelli conservata nelle Gallerie degli Uffizi; il volto di un San Giuseppe appare sul telo bianco che l’altro San Giuseppe della “Natività dello Zingarello” della Galleria Nazionale della Puglia tiene tra le mani; il Beccafumi aveva inizialmente ideato la sua “Madonna” della Pinacoteca Nazionale di Siena mentre teneva in braccio il bambino sul lato sinistro e non sul lato destro, come lo vediamo oggi; il Museo Real Bosco di Capodimonte conserva, tra i tanti capolavori, anche la “Crocefissione” di Masaccio, uno degli iniziatori del Rinascimento, la cui opera è stata oggetto di un restauro eseguito nella metà degli anni ’50 che ha consentito il recupero del dettaglio iconografico dell’Albero della vita, nascosto da una ridipintura seicentesca; le analisi eseguite sulla “Danae” di Tiziano, sempre a Capodimonte, indicano come la fanciulla sdraiata fosse inizialmente una Venere, la dea dell’eros. E ancora: l’animale mitologico che tiene tra le mani la “Dama col liocorno” di Raffaello della Galleria Borghese, prima era un piccolo cagnolino; l’Ippogrifo dell’opera di Giovanni Lanfranco custodito nella Galleria Nazionale delle Marche, aveva originariamente le ali spiegate; il Rython conservato nel Museo di Gioia del Colle, oggi a forma di cervo, aveva un tempo la configurazione di una testa di cavallo; la riflettografia infrarossa eseguita sulla “Cena in Emmaus” di Caravaggio della Pinacoteca di Brera ha rivelato la presenza di uno sfondo paesaggistico, mai realizzato.
E proprio da quest’opera prende spunto il logo della campagna, che rielabora un piccolo dettaglio del quadro: una pennellata scoperta grazie alle analisi diagnostiche che hanno mostrato come in una prima versione del dipinto, nella parte sinistra della tela, dove oggi c’è una parete bruna, fosse stata realizzata una finestra, o una parte di un loggiato, che si apriva su un paesaggio. Infine, in un’originale animazione, alcune cancellature digitali faranno emergere il nome della campagna da un componimento scritto.
foto ISRE Nuoro