Rifiuti urbani, Ispra: “Produzione in calo, ma la plastica resta un problema”.

I dati sui rifiuti urbani relativi al 2020, presentati oggi nell’evento online organizzato da Ispra insieme a RiciclaTv, sono fortemente influenzati dall’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha segnato il contesto socio-economico nazionale. Le misure di restrizione adottate e le chiusure di diversi esercizi commerciali hanno influito sui consumi nazionali, determinando un calo della produzione dei rifiuti superiore a un milione di tonnellate.

Secondo la ricerca dell’Ispra, nel 2020 la produzione nazionale dei rifiuti urbani si attesta a 28,9 milioni di tonnellate, in calo del 3,6% rispetto al 2019 (-1,1 milioni di tonnellate); la diminuzione si registra in tutte le macro aree geografiche: nel Centro Italia il calo percentuale più consistente (-5,4%), seguono le regioni settentrionali (-3,4%) e quelle meridionali (-2,6%).

Ogni cittadino italiano produce 488 chilogrammi di rifiuti all’anno. La produzione pro capite più elevata è quella dell’Emilia Romagna, con 640 chilogrammi per abitante per anno, pur se in calo del 3,5% rispetto al 2019. Le altre regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale sono Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Lazio. I valori minori di produzione pro capite si registrano per la Basilicata (345 chilogrammi per abitante), il Molise (368 chilogrammi) e la Calabria (381 chilogrammi).

Ad eccezione della Valle d’Aosta, la cui produzione di rifiuti è rimasta stabile, tutte le regioni italiane hanno fatto rilevare un calo significativo dei rifiuti prodotti. Tra le regioni settentrionali, il calo maggiore si osserva per il Trentino Alto Adige (-6,3%), l’Emilia Romagna (-3,9%) e la Liguria (-3,7%); al Centro per il Lazio (-5,6%) seguito dalle Marche (-5,4%) e dalla Toscana (-5,4%), e al Sud per la Calabria (-6,7%) e la Basilicata (-4,3%).

Le tre province che producono più rifiuti sono in Emilia Romagna: Reggio Emilia, con 775 kg per abitante per anno, Ravenna con 702 kg e Rimini con 695 kg. Le province con i più bassi valori di produzione pro capite sono tutte localizzate nel Sud Italia: Potenza con 325 kg, Enna con 327 kg e Reggio di Calabria con 340 kg. Al Centro, solo Rieti e Frosinone, rispettivamente con 381 kg e 379 kg, mostrano una produzione sotto i 400 kg per abitante.

L’andamento della produzione dei rifiuti urbani nei 15 comuni con popolazione sopra ai 200 mila abitanti mostra una rilevante contrazione, sicuramente legata agli effetti della pandemia, con un calo complessivo, tra il 2019 e il 2020, dell’8,8%. L’assenza del pendolarismo e dei flussi turistici, per effetto delle misure di limitazione degli spostamenti, ha avuto un ruolo particolarmente significativo nella riduzione del dato di produzione, che risulta ben più elevata rispetto al -3,6% registrato su scala nazionale. Soprattutto per Venezia e Milano il calo è pari, rispettivamente, al 15,7% e al 14%, seguite da Firenze e Palermo con riduzioni del 12,3% e 10,8%. Catania e Roma mostrano contrazioni prossime al 10%.

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Risultano in calo anche gli indicatori socio-economici (PIL e spesa per consumi finali sul territorio economico delle famiglie residenti e non residenti). Tuttavia, i rifiuti prodotti fanno registrare un calo più contenuto (-3,6%) rispetto a quello del PIL e delle spese delle famiglie, rispettivamente pari all’8,9% e all’11,7%, facendo rilevare un lieve disallineamento tra l’andamento della produzione dei rifiuti e quello degli indicatori socio-economici.

La percentuale di raccolta differenziata si attesta, ancora, al 63% della produzione nazionale, con una crescita di 1,8 punti rispetto al 2019. Nonostante l’emergenza sanitaria da Covid-19 abbia influito significativamente sui consumi nazionali e di conseguenza sulla produzione dei rifiuti, il sistema di gestione delle raccolte differenziate ha, quindi, garantito l’intercettazione dei flussi di rifiuti presso tutte le tipologie di utenze e proprio le regioni maggiormente colpite dall’emergenza, dove sono state disposte specifiche ordinanze per il conferimento dei rifiuti nell’indifferenziato, hanno saputo adottare misure efficienti di gestione assicurando il ritiro di tutti i rifiuti.

Le percentuali rispetto alla produzione totale dei rifiuti urbani di ciascuna macroarea, sono pari al 70,8% per le regioni settentrionali, al 59,2% per quelle del Centro e al 53,6% per le regioni del Mezzogiorno.

Rispetto al 2019, tutte le macro aree geografiche mostrano incrementi nelle percentuali di raccolta differenziata. Nel 2020, raggiungono o superano l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa per il 2012, ben 9 regioni: Veneto (76,1%), Sardegna (74,5%), Lombardia (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Emilia Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli Venezia Giulia (68%), Umbria (66,2%) e Abruzzo (65%). Sono prossime all’obiettivo Piemonte (64,5%), Valle d’Aosta (64,5%), mentre la Toscana si attesta al 62,1%.

Al di sotto del 50% si colloca solo la Sicilia (42,3%) che, tuttavia, fa registrare un aumento di 3,8 punti rispetto alla percentuale di raccolta differenziata del 2019 (38,5%). In questa regione, in particolare, nel quinquennio 2016-2020, la percentuale di raccolta differenziata risulta quasi triplicata.

Come nei precedenti anni, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso, che nel 2020 si attesta all’88,3%, seguita da Mantova (87,1%), Belluno (84,6%) e Reggio Emilia (82%).

Percentuali inferiori al 40% si osservano per le province di Palermo (29,4%, nel 2019 29%), Crotone (32,7%, a fronte del 30,8% del 2019), Foggia (36%, 34,1% nel 2019), Catania (36,8%, 35,4% nel 2019), Messina (38,6%, 32,8% nel 2019) e Reggio di Calabria (39,6%, 36,3% nel 2019).

Tra le città metropolitane, la percentuale più elevata di raccolta si rileva a Cagliari con il 73,7%, con una crescita di 2,3 punti rispetto al 71,4% del 2019; Venezia si colloca al 73,6% (70,9% nel 2019) e al di sopra del 60% risultano Milano, Firenze e Bologna (rispettivamente 68,9%, 67,6% e 66,3%). Bari e Torino si collocano, rispettivamente, al 59,8% e 59,3%, mentre la Città metropolitana di Roma Capitale raggiunge il 50,4%. Il valore più basso, 29,4%, si registra per Palermo sostanzialmente stabile rispetto al 2019 (29%).

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I comuni capoluogo con percentuali di raccolta differenziata più elevate sono Treviso che raggiunge 87,5%, Ferrara con l’87,3% e Pordenone con 87,2%.

Tra le città di maggiori dimensioni (più di 200 mila abitanti) i maggiori livelli di raccolta differenziata si osservano per Parma, Venezia e Milano con percentuali pari, rispettivamente, all’82,7%, al 66% e 62,7% seguite da Padova, con il 60%, e Bologna, 55,5%. Roma, con una contrazione di 1,5 punti rispetto al 2019, si colloca al 43,8% mentre Bari e Napoli, anch’essi in calo, al 41,6% e al 34,5%. Genova, fa rilevare la stessa percentuale del 2019, 35,5%.

Per quanto riguarda le città della Sicilia, si rileva per Messina una crescita superiore ai 10 punti, che porta la percentuale al 29,2%.

L’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il 39,3% del totale. Il 68,4% della frazione organica è costituito dalla frazione umida da cucine e mense (4,9 milioni di tonnellate), il 27,1% (1,9 milioni di tonnellate) dai rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi, il 3,8% (275 mila tonnellate) dai rifiuti avviati al compostaggio domestico e lo 0,7% (circa 49 mila tonnellate) dai rifiuti dei mercati.

Carta e cartone rappresentano il 19,2% del totale; segue il vetro con il 12,2% e la plastica che rappresenta l’8,6%. Quest’ultima presenta la maggior crescita dei quantitativi raccolti, pari al 4,4% con un quantitativo complessivamente intercettato pari a quasi 1,6 milioni di tonnellate. Il 95% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi.

Nel 2020, circa il 51% dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata viene inviato ad impianti di recupero di materia; il riciclaggio totale, comprensivo delle frazioni in uscita dagli impianti di trattamento meccanico e meccanico biologico, si attesta al 54,4% e riguarda le seguenti frazioni: organico, carta e cartone, vetro, metallo, plastica e legno.

Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2020, sono 673: 359 al Nord, 120 al Centro e 194 al Sud. Sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata 359 impianti, 132 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico dei rifiuti, 131 sono impianti di discarica cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani.

Va rilevato che l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti.

L’anno 2020 è caratterizzato da un progresso del settore del trattamento della frazione organica da raccolta differenziata. La quantità totale recuperata (8,1 milioni di tonnellate), nel confronto con il 2019 mostra un incremento di 177 mila tonnellate (+2,2%). La quota dei rifiuti organici, in particolare, cresce di 205 mila tonnellate, pari al 3,2%. Tale andamento interessa tutte le aree del Paese, con una maggiore rilevanza nelle regioni centrali dove i rifiuti organici gestiti mostrano un incremento del 16,5%. Più contenuta ma, comunque, costante, la crescita nelle regioni del Nord e del Meridione, con incrementi pari, rispettivamente, all’1,6% e all’1,8%.

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Il 20% dei rifiuti urbani è smaltito in discarica, pari a 5,8 milioni di tonnellate, con una riduzione del 7,4% rispetto al 2019.

Si evidenzia un decremento riferibile al Sud (-9,1%), pari, in termini assoluti a oltre 259 mila tonnellate di rifiuti. Diminuzioni significative si rilevano, anche, al Centro (-8,3%), pari a circa 159 mila tonnellate, dovute ai miglioramenti in termini di raccolta differenziata nelle stesse aree. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 56%, passando da 13,2 milioni di tonnellate a 5,8 milioni di tonnellate.

Il numero degli impianti operativi è rimasto stabile rispetto alla precedente rilevazione (131 impianti).

Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (oltre 5,3 milioni di tonnellate); il dato è in diminuzione del 3,6% rispetto al 2019. Su 37 impianti operativi, 26 si trovano al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna.

Nel 2020 sono state esportate 581 mila tonnellate di rifiuti urbani (il 2% dei rifiuti urbani totali prodotti) e ne sono state importate 237 mila.

L’Austria, la Spagna e il Portogallo si confermano i Paesi cui sono destinati i maggiori quantitativi di rifiuti urbani. Le due regioni che maggiormente esportano sono la Campania e il Lazio.

I rifiuti prevalentemente inviati fuori dai confini nazionali sono quelli prodotti dal trattamento meccanico (31,5% del totale esportato) destinati in Spagna, in Portogallo e in Austria, seguiti dal combustibile solido secondario (20%) destinato all’isola di Cipro, in Portogallo, in Austria e in Ungheria.

Gli impianti localizzati sul territorio nazionale importano vetro (28,3%), plastica (23,3%), metallo (15,4%), abbigliamento (15%) e, in minor misura, carta e cartone e legno che costituiscono rispettivamente il 7,8% e il 5% del totale importato. Il vetro arriva soprattutto dalla Svizzera ed è destinato ad impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia. La plastica, proveniente soprattutto dalla Francia, dalla Polonia e dalla Spagna, è importata in Veneto. L’abbigliamento, invece, è importato in massima parte dalla Campania, presso aziende che ne effettuano il recupero.

Nel 2020, il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 185,6 euro/abitante (nel 2019 era 176,7 euro/abitante) in aumento di 8,8 euro ad abitante.

Al Centro i costi più elevati 221,8 euro/abitante, segue il Sud con 195,7 euro/abitante. Al Nord il costo è pari a 165,6 euro/abitante.

Tra le città che presentano il maggior costo si segnalano Venezia con 376 euro ad abitante, Cagliari con 299,8 euro ad abitante e Perugia con 288,2 euro ad abitante. I costi minori si rilevano per Campobasso, 160,5 euro ad abitante, Trento, 177,9 euro ad abitante e Trieste, 194,9 euro ad abitante.