Report AlmaLaurea: laureate più motivate, laureati più occupati e pagati.

Le migliori performance negli studi delle laureate non arginano il divario a favore degli uomini su esiti occupazionali e retribuzione. E’ quanto emerge dal rapporto realizzato da AlmaLaurea dal titolo “Laureate e laureati: scelte, esperienze e realizzazioni professionali”, volto ad approfondire il complesso e articolato insieme di informazioni statistiche e rappresentare le differenze tra laureate e laureati.

Nel 2020 le donne hanno rappresentato quasi il 60% dei laureati in Italia. Da questo primo importante dato parte l’analisi condotta da AlmaLaurea, che sottolinea peraltro la sovente provenienza delle donne da contesti familiari meno favoriti ed evidenzia, dunque, come esse siano state interessate da una minore selezione basata sul background familiare. Infatti, proviene da una famiglia in cui almeno uno dei genitori ha la laurea il 28,3% delle laureate e il 34,3% dei laureati; laddove, poi, i genitori siano in possesso di una laurea, le donne seguono le loro orme con minore frequenza (consegue la laurea nello stesso ambito disciplinare di uno dei genitori il 18,8% delle donne e il 21,7% degli uomini), soprattutto nelle lauree magistrali a ciclo unico, ossia quelle discipline che indirizzano verso la libera professione. Tuttavia, le donne dimostrano migliori performance pre-universitarie (voto medio di diploma 82,5/100, mentre è 80,2/100 per gli uomini); inoltre, provengono più di frequente da percorsi liceali (l’80,7%, rispetto al 68,0% degli uomini).

Le donne, ancora, prendono parte più degli uomini alle esperienze di tirocinio curriculare (61,4% rispetto al 52,1%), ma anche alle esperienze di lavoro durante gli studi (66,0% rispetto al 64,0%) e a quelle di studio all’estero (11,6%, rispetto al 10,9% degli uomini), anche se per queste ultime le differenze con gli uomini risultano molto contenute e poco rilevanti. Le performance universitarie, in termini sia di regolarità negli studi sia di voto di laurea, sono migliori per le donne (concludono gli studi in corso il 60,2% delle donne, rispetto al 55,7% degli uomini; il voto medio di laurea è, rispettivamente, pari a 103,9 e 102,1/110).

LEGGI ANCHE:  Trovato con uno storditore elettrico nello zaino: denunciato 28enne.

Quanto agli esiti occupazionali sono confermate le note differenze di genere, nel breve e nel medio periodo, per le diverse possibilità di inserimento nel mercato del lavoro e di valorizzazione professionale. Il tasso di occupazione registra percentuali a vantaggio degli uomini: tra i laureati di primo livello a cinque anni dal titolo pari all’86,0% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente pari a 85,2% e 91,2%. La pandemia da Covid-19 ha poi tendenzialmente ampliato i differenziali di genere, soprattutto in termini di tasso di occupazione. Inoltre, a cinque anni dal titolo, in presenza di figli il divario di genere si amplifica ulteriormente.

Gli uomini risultano avvantaggiati anche rispetto ad alcune caratteristiche del lavoro svolto: per loro maggiore lavoro autonomo (a cinque anni dal titolo 7,5% per le donne e 11,6% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 20,2% e 21,8%, rispettivamente, tra quelli di secondo livello) o alle dipendenze con un contratto a tempo indeterminato (64,5% per le donne e 67,4% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 52,2% e 59,1% tra quelli di secondo livello); per le donne, invece, più contratti non standard, ossia principalmente alle dipendenze a tempo determinato (17,0% per le donne e 12,2% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 18,9% e 11,5% tra quelli di secondo livello) anche perché occupate, più degli uomini, nel settore pubblico (35,8% e 28,4% tra i laureati di primo livello; 24,4% e 16,5% tra quelli di secondo livello). Settore in cui, a tal proposito, i tempi di stabilizzazione contrattuale sono notoriamente più lunghi in molteplici ambiti, tra cui, ad esempio, quello – tipicamente femminile – dell’insegnamento. Le donne, infine, dichiarano livelli di efficacia della laurea nel lavoro svolto più elevati di quelli degli uomini: 68,0% e 61,7% tra i laureati di primo livello e 69,2% e 67,7% tra quelli di secondo livello a cinque anni dal titolo.

LEGGI ANCHE:  Violenza contro le donne: I palazzi della Regione Sardegna si illuminano di rosso

In termini retributivi si conferma il vantaggio a favore degli uomini. In particolare, a cinque anni dalla laurea, gli uomini percepiscono, in media, circa il 20% in più: tra i laureati di primo livello 1.374 euro per le donne e 1.651 euro per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente 1.438 euro e 1.713 euro. L’analisi della professione svolta a cinque anni dalla laurea mostra che sono soprattutto gli uomini a occupare professioni di alto livello, ossia di tipo imprenditoriale o dirigenziale (2,2% tra le donne e 3,9% tra gli uomini) e a elevata specializzazione, ossia per cui è richiesta almeno una laurea di secondo livello (61,7% tra le donne e 63,6% tra gli uomini); inoltre, i dati analizzati evidenziano anche alcuni meccanismi di ereditarietà della professione tra genitori e figli, in particolare maschi.

Un altro aspetto, esplorato nel rapporto da AlmaLaurea, è il fenomeno della migrazione per motivi di studio e di lavoro dei laureati, che riguarda soprattutto chi proviene dal Mezzogiorno; l’approfondimento ha riguardato i soli cittadini italiani residenti in Italia. La migrazione per motivi di studio dei meridionali è più intensa per gli uomini rispetto alle donne (23,6%, +2,9 punti percentuali rispetto al 20,7% delle donne), anche se negli anni più recenti il divario di genere è andato via via attenuandosi. Il livello di istruzione della famiglia di origine condiziona tale fenomeno: si spostano di più i laureati meridionali che provengono da contesti culturalmente più favoriti. È però interessante evidenziare che nelle famiglie più favorite non si rilevano differenze di genere nelle scelte di mobilità, mentre nei contesti meno favoriti sono soprattutto gli uomini a spostarsi (+3,7 punti percentuali). Anche la mobilità per lavoro è una caratteristica peculiare dei residenti nel Mezzogiorno e degli uomini. Il fenomeno riguarda in particolare lo spostamento dal Mezzogiorno verso il Nord o, a prescindere dalla residenza, verso l’estero. A cinque anni dal titolo, tra i residenti nel Mezzogiorno, si sposta il 49,8% degli occupati uomini rispetto al 43,0% delle donne (+6,8 punti percentuali). Nelle aree del Centro e, soprattutto, in quelle del Nord la mobilità per lavoro è più contenuta, seppur più frequente tra gli uomini. La mobilità lavorativa verso l’estero è relativamente più diffusa tra gli uomini (5,8% rispetto al 3,8% delle donne). A prescindere dalla destinazione, la mobilità lavorativa si associa a livelli retributivi più elevati. In particolare, i laureati residenti nel Mezzogiorno che si sono trasferiti al Nord percepiscono una retribuzione mensile netta più elevata, non solo di coloro che risiedono e lavorano nel Meridione (+18,3%), ma anche di quanti risiedono e lavorano al Nord (+2,3%). Allo stesso tempo, alla mobilità lavorativa si associano differenziali di genere più contenuti, pur sempre a favore della componente maschile. Infatti, tra i residenti nel Mezzogiorno che lavorano al Nord il differenziale retributivo tra uomini e donne è pari al 14,8%, mentre sale per chi lavora nella propria ripartizione geografica di residenza: 21,5% tra i laureati del Mezzogiorno e 16,7% tra quelli del Nord. Tra i laureati dei percorsi STEM si evidenzia una maggiore mobilità per motivi di studio e di lavoro. Resta confermato che, anche all’interno di questi percorsi, le donne tendono a spostarsi meno frequentemente rispetto agli uomini. Concentrandosi in particolare sulle retribuzioni, i differenziali di genere, pur sempre a favore degli uomini, risultano più contenuti tra i laureati STEM e si riducono ulteriormente tra coloro che decidono di spostarsi per motivi lavorativi.

LEGGI ANCHE:  Dottorato: condizione ancora sottodimensionata nel sistema italiano.

Foto Studenti per la Città