Referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Il Punto del “Comitato 3 motivi per il NO”.
Tra meno di 3 settimane gli italiani torneranno alle urne per il referendum confermativo sul taglio dei rappresentanti dei due rami del Parlamento italiano. Ma su cosa saremo chiamati a votare? Il testo del quesito riportato sulla scheda elettorale sarà il seguente: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?“.
A differenza dei referendum abrogativi, non è previsto alcun quorum per validare l’esito del referendum costituzionale, ovvero nessuna soglia minima di partecipanti al voto al di sotto della quale la consultazione non sarebbe ritenuta valida. Quindi, a prescindere dal numero dei votanti, la riforma sarà approvata definitivamente se ci saranno più Sì che No, mentre sarà respinta se i No saranno più dei Sì.
Capire le motivazioni dei sostenitori del Sì e del No è, quindi, fondamentale per comprendere al meglio il cuore della riforma. Tra i contrari al taglio del numero dei parlamentari il Comitato 3 Motivi per il NO, rappresentato in Sardegna dal referente Maurizio Deidda.
Maurizio, a breve gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi sul referendum confermativo del taglio dei parlamentari. Come comitato regionale, quali azioni state portando avanti per sensibilizzare e informare i cittadini? Siete dell’idea che i sardi siano informati sui contenuti del Referendum?
Il Comitato 3 Motivi per il NO è un comitato nazionale, che si trova pressoché in tutte le regioni. Abbiamo elaborato dei file audio e video da inviare a tutte le emittenti radio e televisive locali accreditate al MAG (Messaggi Autogestiti Gratuiti); siamo stati accreditati dall’AGCOM per poter partecipare al dibattito pubblico con interventi televisivi nelle televisioni nazionali. A livello regionale siamo un piccolo gruppo locale, dove al momento sono la persona più disponibile a svolgere le attività per la diffusione dei messaggi e delle ragioni del NO del nostro Comitato. Stiamo lavorando per realizzare alcuni comizi sia su tutto il territorio nazionale, che in quello regionale: ne abbiamo svolto già uno a Cuneo.
Per quanto riguarda il grado di informazione dei sardi sul tema, credo che il livello medio di conoscenza non discosti dalle altre Regioni italiane: purtroppo il livello del dibattito è poco articolato, dato anche il fatto che il referendum è stato inserito in contemporanea durante le elezioni regionali che si svolgeranno in ben sette Regioni, dando quindi meno importanza al dibattito che si dovrebbe concentrare, a nostro avviso, in maniera esclusiva per una decisione così importante che è chiamata a fare il popolo italiano. La speranza è di riuscire a convincere, assieme a tutti i comitati e ai partiti che faranno campagna per il NO al referendum, un numero sufficiente di elettori perché questa riforma non passi.
Andiamo per ordine. Tra le vostre principali argomentazioni a supporto del NO alla riforma, avete indicato l’impoverimento della rappresentanza dei territori, un crescente sbarramento per l’accesso dei partiti al Parlamento e una proporzionale riduzione della qualità dei rappresentanti dei due rami del Parlamento, dato che con il taglio si opterà esclusivamente per un taglio quantitativo della rappresentanza. Perchè parlate di impoverimento della rappresentanza nei territori?
Perché chi verrà colpito da questa riforma saranno soprattutto i piccoli territori, come le contrade collinari che non si raccolgono attorno ad una media città, valli alpine, zone appenniniche isolate o parti di province non densamente popolate rispetto ad altre. Il taglio dei rappresentanti finirà per non permettere di rappresentare questi territori, perché non ci sarà la possibilità che venga più eletto un politico, che possa rappresentare le istanze di quella parte di popolazione. Le conseguenze saranno ulteriori tagli di spesa pubblica (come le chiusure di ospedali) che rischiano di isolare queste comunità: la Sardegna è una di queste, considerato che al momento siamo rappresentati da 17 deputati ed 8 senatori (rapporto 1 deputato ogni 96.000 abitanti circa e rapporto di 1 senatore ogni 205.000 abitanti.) che resta un rapporto già basso rispetto all’idea del numero di Parlamentari eleggibili ideato dall’Assemblea Costituente.
Inoltre vorrei ricordare che questa proposta sarebbe sicuramente ben vista da chi era a capo della Loggia P2 di Licio Gelli, che in molti sicuramente ricordano in maniera molto negativa, anche perché tra i punti cardine dei Piano di rinascita democratica, era presente la riduzione del numero di parlamentari.
Secondo voi la riforma avrà ricadute negative anche sull’accesso dei partiti minori al Parlamento. Perchè?
Sopratutto su di loro: i piccoli partiti che vorrebbero affacciarsi avranno molta più difficoltà ad accedervi perché servirà un numero maggiore di voti. Il rapporto della Camera dei deputati stesso specifica come si passerà, a livello nazionale, da una media di un deputato ogni 96.000 ad uno ogni 151.200 circa; stesso discorso sarà per i senatori, passando da uno ogni 188.000 circa a uno ogni 302.000 circa con una riduzione percentuale circa del 36%, aumentando quindi quel concetto di Casta che alcuni partiti presenti in Parlamento, in passato hanno sempre denunciato. Ne perderebbe la rappresentanza delle minoranze partitiche oltre che dei territori, considerato che l’Italia è un Paese con tante diversità.
Infine, come il taglio dei seggi potrebbe influire sulla qualità del ‘corpo parlamentare’?
Chi pensa che tagliare il numero dei parlamentari porterebbe ad un miglioramento della qualità dei rappresentanti, ragiona in maniera illogica a nostro parere: penso che la maggior parte di coloro che voteranno per il SI, vuole semplicemente che venga mandato via l’attuale corpo parlamentare. Il ragionamento sbagliato e pure illogico è che tagliando il numero di parlamentari, verranno mandati via o verranno scelti sempre i migliori, sia matematicamente perché la probabilità di avere un buon parlamentare in mezzo a tanti non validi diminuirà in maniera proporzionale alla perdita di parlamentari di poco valore o fannulloni.
La maggior parte della popolazione in questo momento vota tappandosi il naso, quindi mancando di stima per i partiti attuali, votando per il meno peggio: ciò vuol dire che non si stimano i partiti e quindi anche le persone che la rappresentano, dove al più si spera che gli si venga restituito il favore per aver votato quel candidato o quella lista (il così detto voto di scambio). Io sono convinto che se avessimo 950 Parlamentari bravi, studiosi, che tengono a fare gli interessi della popolazione e non gli interessi di alcune lobby, saremmo felici di dargli tutto lo stipendio che percepiscono, e non ci porremmo il problema, o non ci porremmo il problema di tagliare la rappresentanza. E’ un discorso puramente concettuale: da un malumore oggettivo (classe politica inetta e poco valida) ne sta derivando una soluzione di pancia forse comprensibile, ma per difendere la democrazia, completamente sbagliata, perché la diminuisce.
Sui principali cavalli di battaglia dei promotori del Sì, ovvero risparmio per i cittadini e maggiore dinamicità dell’iter legislativo, cosa criticate? Avete elaborato dei dati capaci di
contraddire questi due punti forti del ‘Comitato per il Sì’?
Il risparmio per i cittadini è infimo, rispetto alla diminuzione della rappresentatività e partecipazione democratica che perderebbe il popolo italiano: se proprio si dovesse considerare una diminuzione dei costi, la si dovrebbe fare lato stipendio dei parlamentari e non lato diminuzione del numero dei rappresentanti.
Per quanto riguarda invece la maggiore velocità dell’iter legislativo, è meglio fare una legge male e velocemente, purché si faccia, oppure è meglio che venga svolto uno studio attento, dettagliato per poi discuterlo in maniera da realizzare una legge ben scritta (altro problema di questi ultimi anni è che le leggi sono scritte in maniera pessima) e sopratutto valida nei contenuti? La velocità porta spesso a prendere decisioni affrettate e parziali.
Oltretutto, nell’ultimo decennio l’attività parlamentare si è quasi completamente ridotta alla legiferazione per decreti legge o alla trasformazione in legge delle disposizioni e direttive comunitarie, riducendo al minimo la realizzazione di leggi da parte del Parlamento: anche in questo periodo legato alla situazione sanitaria creatasi con il Covid-19, si è legiferato solo tramite DPCM e praticamente mai utilizzando il Parlamento come strumento per prendere decisioni.
Vi aspettate un terremoto politico in caso di vittoria del NO al Referendum?
La mia speranza è che come nel 2016, con il referendum sulla riforma costituzionale, che ha portato alla disfatta di Renzi e ad un cospicuo ridimensionamento del Partito Democratico, anche questo referendum, quattro anni dopo, porti alla disfatta di Di Maio e del Movimento 5 Stelle, in quanto partiti come movimento anti-sistema, con critica della Casta (i messaggi “li mandiamo tutti a casa” riecheggiano ancora) per poi assestarsi sulle posizioni di quella Casta che loro stessi volevano combattere e mandare via. Quindi la speranza successiva è che si crei una prateria dal lato dell’elettorato completamente scontento (che è già una percentuale cospicua) perché veri partiti popolari (e non rappresentazioni di lobby come quelli attuali) possano riuscire a deviare i malumori e proporre un’offerta politica che vada in direzione della piena applicazione dei dettami stabiliti dalla nostra Carta Costituzionale.