Pubblici esercizi, continuano le iniziative calate dall’alto del Governo Meloni.
Arriva in Italia l’ennesima iniziativa di scarso impatto per il decoro, la sicurezza degli avventori e dei dipendenti dei pubblici esercizi. In due parole il decreto Piantedosi, partorito al termine di una vera e propria fuga in avanti dell’Esecutivo Meloni che, lungo la stesura del provvedimento, ha escluso il coinvolgimento delle associazioni di categoria dal processo, confermando, se mai ce ne fosse bisogno, l’ennesimo caso di assenza di co-programmazione delle politiche nel nostro Paese, pur in presenza di appositi tavoli di concertazione.
Non sorprende, quindi, la levata di scudi delle principali organizzazioni dei pubblici esercizi, critiche verso le cosiddette “linee guida per la prevenzione degli atti illegali all’interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici”, inserite nel decreto del ministro Matteo Piantedosi.
Disposizioni che suggeriscono l’intenzione dello Stato di scaricare le proprie responsabilità, a partire dal presidio del territorio, sui pubblici esercenti, gravandoli, quindi, di ulteriori oneri, a partire dall’obbligo di installare sistemi di videosorveglianza (qualcuno spieghi a Piantedosi quanto sia difficile per la questione privacy mettere una telecamera pure in una abitazione privata) e illuminare le aree circostanti ai pubblici esercizi che, fino a prova contraria, dovrebbero rientrare nella responsabilità degli enti locali.
Insomma, una vera e propria fuga dallo Stato – e delle sue diramazioni periferiche – dai propri compiti. Una vergogna senza se e senza ma che mette più di un dubbio circa la qualità e l’opportunità del “sistema di cooperazione operosa” con le associazioni di categoria e i singoli esercenti messo nero su bianco nel decreto Piantedosi. A quando, dunque, un decreto sulla sanità per curarsi da soli, viste le evidenti pecchè del sistema sanitario del Bel Paese?
Che dire poi di una società dove le famiglie – insieme alle principali agenzie di socializzazione primaria e secondaria – spesso abdicano all’obbligo educativo verso i giovani? Che sia giusto gravare i pubblici esercenti anche di questo onere? Secondo il Ministro Piantedosi – e quindi anche del Governo Nazionale – sembrerebbe di sì, dal momento che si chiede ai pubblici esercenti di affiggere il codice di condotta e porre in essere altre azioni previste dal decreto, per evitare l’automatismo della chiusura e della sospensione della licenza in caso di disordini. In Italia è già difficile trovare dipendenti, pagare tasse e imposte, e agli esercenti viene ora chiesto un altro “tributo di sangue”. Insomma, siamo all’assurdo!
Come inattuabile, visti i limitati compiti di polizia degli esercenti, dovrebbe essere la possibilità di procedere all’identificazione dei responsabili in caso di disordini. Immaginiamo già lo “spontaneismo” della consegna dei documenti in caso di richiesta da parte di un qualsiasi cameriere. Il ridicolo è servito “à la carte”!
Nel frattempo, però, nessuno vuole fare una riflessione sui tempi di risposta della forza di polizia, sulla carenza degli organici e sulla qualità del presidio del territorio. Lo Stato non ha mai torto!
Nel frattempo, anche in Sardegna, le associazioni di categoria hanno fatto sentire la propria voce contro il provvedimento ministeriale, come il presidente Fipe Confcommercio Sud Sardegna, Emanuele Frongia, critico verso il decreto Piantedosi: “Apprendiamo questa notizia nel cuore della notte. Questo nuovo regolamento introduce una serie di azioni che vanno in questo momento interpretate e per certi versi fanno riflettere sul nostro ruolo e sull’interpretazione dei pubblici esercizi. Capiamo il problema che si ritrova ad affrontare il ministero, ma non crediamo che il punto di partenza sia questo, serve un correttivo”.
“Le attività sono già responsabili all’interno dei propri locali – prosegue Frongia – con organizzazioni strutturate per garantire la massima sicurezza ai nostri clienti. Abbiamo sistemi di sicurezza, attività di formazione e prevenzione che rispondono alla nostra funzione: accogliere e servire i cittadini. Noi monitoriamo i nostri spazi esterni, lo abbiamo sempre fatto, ma non ci possono essere dati altri ruoli e nuove responsabilità”.
Dovuta quindi la critica sull’ennesima fuga dello Stato dalle proprie responsabilità: “La funzione di ordine pubblico è e deve rimanere una competenza esclusiva delle forze dell’ordine. Addossare ulteriori responsabilità agli esercenti, già schiacciati da obblighi gravosi, è una scelta che penalizza l’intero settore”.
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