Pubblica amministrazione: ultimi 10 anni -20% occupati enti locali.

Tra le sfide del futuro del Paese, dato l’evidente fallimento delle politiche del passato in ampie aree dello Stivale, un posto di rilievo occupa da sempre la questione della modernizzazione della Pubblica Amministrazione. Un processo di cambiamento che il Pnrr sosterrà con una dotazione di circa 10 miliardi di euro per incrementare il capitale umano, semplificare i processi amministrativi e digitalizzare l’elefantiaca burocrazia italiana.

Tra le economie europee per le quali sono disponibili dati comparativi, secondo una recente indagine dell’Istat, i dipendenti pubblici in Italia sono i meno numerosi in rapporto alla popolazione (5,6 ogni 100 abitanti) nonché i più anziani. Difficile, invece, trovare statistiche sulla competenza degli stessi/e nel rapporto con i colleghi europei.

Il prolungato blocco delle assunzioni e le riforme pensionistiche, si legge ancora nel testo della rilevazione dell’Istituto, hanno contribuito a una riduzione dell’occupazione nella PA (-200mila negli ultimi venti anni) e all’innalzamento dell’età media (poco meno di 6,5 anni nello stesso periodo).

Tra il 2011 e il 2020 si è avuta anche una marcata ricomposizione interna: il personale dell’Istruzione è aumentato del 14,5% mentre quello delle funzioni centrali (Ministeri, Agenzie, Enti pubblici non economici) si è ridotto di oltre il 20%, di poco meno quello delle funzioni locali.

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Il 42,5% dei dipendenti pubblici ha un titolo di studio universitario, più del doppio rispetto al settore privato. Al tempo stesso l’età media dei dipendenti pubblici, pari a 49,9 anni (fino a 54,1 nelle funzioni centrali), è di 7,5 maggiore di quella degli occupati nel settore privato.

Nel 2019 le Amministrazioni pubbliche hanno investito 163 milioni di euro in formazione, ossia poco meno di 50 euro per dipendente. Si tratta di un importo in crescita rispetto al biennio precedente ma inferiore del 40% rispetto a 10 anni prima.

La diffusione dell’attività formativa è molto differenziata tra le amministrazioni. Dai risultati preliminari del Censimento 2020, il numero di partecipanti (circa 2,3 milioni) si è leggermente ridotto a confronto col 2017 (in particolare nel comparto della Sanità, per le condizioni emergenziali), mentre sono aumentate le ore (+14,5%) e si è avuto un balzo delle attività formative a distanza (passate dal 16 al 73% del totale).

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Sul piano dei contenuti l’offerta formativa si è concentrata sulle tematiche giuridico-normative e tecniche. Solo il 6,6% dei partecipanti ha seguito corsi per migliorare le competenze informatiche, malgrado la loro mancanza sia segnalata come un ostacolo importante alla digitalizzazione.

La digitalizzazione della PA italiana sconta, in particolare, la scarsità di investimenti in ICT, nonostante l’accelerazione dell’ultimo biennio. Oltre l’80% dei grandi enti (Amministrazioni centrali, Università, Regioni, ASL) nel 2020 utilizzava servizi di cloud computing contro meno del 40% degli enti più piccoli, nonostante una crescita di più di 10 punti percentuali rispetto al 2017. Il divario è ancora maggiore per le applicazioni più sofisticate e sul versante della sicurezza informatica, attualmente di grande rilievo.

Tra gli ostacoli principali alla digitalizzazione, tutte le categorie di enti segnalano i deficit di competenze e formazione. Per gli enti più piccoli si aggiungono anche i vincoli finanziari (circa l’80% dei comuni sotto i 5mila abitanti), per quelli più grandi la rigidità al cambiamento (circa il 70% delle amministrazioni centrali).

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L’emergenza sanitaria ha portato a un miglioramento dell’offerta e della familiarità coi servizi pubblici online. Le persone dotate di identità digitale SPID sono passate da poco più di 5 milioni a inizio 2020 a oltre 30 a maggio 2022. Le imprese che utilizzano servizi di e-government sono cresciute del 13% in un biennio, fino a oltre l’80% a inizio 2021. Resta però un divario importante con la media Ue nell’uso dei servizi da parte dei cittadini, in particolare per quelli meno istruiti.

L’emergenza sanitaria ha anche determinato l’introduzione massiccia del lavoro da remoto nelle istituzioni pubbliche, imprimendo una spinta alle dotazioni tecnologiche del personale, migliorate nell’85,4% dei casi.

La valutazione sull’esperienza da parte delle istituzioni pubbliche è complessivamente positiva per produttività (con un saldo tra giudizi positivi e negativi favorevole per 37 punti percentuali), soddisfazione dei lavoratori (con un saldo di 61 punti) e servizi erogati (con un saldo di 23 punti), pure se con notevoli eterogeneità tra amministrazioni.