Protezione delle minoranze linguistiche, il monito (incoerente) del CoE all’Italia.

L’Italia dove prestare maggiore attenzione alle minoranze linguistiche numericamente inferiori e rafforzare la protezione di Rom e Sinti. E’ questo in sintesi il monito del CoE – il Consiglio d’Europa – al nostro Paese. Un appello, per ampi versi, poco in linea con l’anacronistica esclusione linguistica prevista dalla discriminatoria prassi per l’invio delle domande per l’accesso al Fondo europeo della gioventù dello stesso Consiglio d’Europa, oggetto di una recente interrogazione parlamentare presentata all’Eurocamera dall’eurodeputato Gianantonio Da Re, dietro segnalazione di Sardegnagol.

Oggi, invece, il CoE ha deciso bene di fare la ‘morale’ all’Italia sulla protezione delle “minoranze linguistiche storiche” riconosciute ufficialmente dal nostro Paese. “Nella struttura decentrata della Repubblica italiana, i diritti delle minoranze sono protetti e attuati in modo molto asimmetrico nel territorio nazionale e non tutte le minoranze hanno goduto in egual misura dei diritti previsti dal trattato – si legge nella nota del CoE -. La protezione dei diritti garantiti dalla Legge dello Stato n. 482/1999 sulla protezione delle minoranze linguistiche storiche è ulteriormente rafforzata in alcune regioni come la Valle d’Aosta, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige dagli statuti dell’autonomia e altre normative nazionali e regionali”.

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Come mai allora tale “rispetto” non è previsto dal CoE per le organizzazioni giovanili emittenti di documenti redatti nelle proprie lingue nazionali per le domande per l’accesso al Fondo europeo della gioventù del Consiglio d’Europa? Misteri! Resta certa, però, la questione di opportunità sul tema, resa più insostenibile alla luce della sottoscrizione di un memorandum d’intesa, nel 2007, e di una dichiarazione d’intenti nel 2014 nella quale il Consiglio d’Europa ha dichiarato di condividere valori fondamentali, quali i diritti umani, l’uguaglianza e la democrazia.

Uguaglianza e inclusione ai quali l’Italia, secondo il CoE, dovrebbe allinearsi per quanto concerne anche l’insegnamento delle lingue minoritarie: “Le minoranze – prosegue il CoE – hanno grandi difficoltà ad accedere all’istruzione nella loro lingua, soprattutto in caso di chiusura delle scuole nella loro tradizionale area di stanziamento. Occorre compiere degli sforzi per assicurare accesso continuo, nelle aree rurali o di montagna, all’insegnamento nelle lingue minoritarie. Inoltre, la mancanza di insegnanti formati e certificati in o di lingue minoritarie ha un impatto negativo sulla disponibilità dell’istruzione nelle lingue minoritarie. È necessario fornire ulteriore sostegno alle università o ai centri di lingua che offrono corsi di formazione per insegnanti e certificazione nelle lingue minoritarie e occorre fornire degli incentivi per il reclutamento di insegnanti di lingue minoritarie. La “Rete di scuole con lingua di minoranza” appena istituita è uno sviluppo accolto con favore per consentire lo scambio di buone pratiche, formazione per gli insegnanti e materiale didattico nelle lingue minoritarie, che merita ulteriore sostegno”. Insomma, il problema di coerenza del CoE è a dir poco evidente.

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Ma non per il suo Comitato, data l’esortazione alle autorità italiane affinché venga migliorata l’efficienza del meccanismo per il sostegno delle lingue e delle culture minoritarie.

Infine, sempre secondo il CoE, nella società italiana prevale un generale clima di apertura e rispetto reciproco nei confronti delle persone appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute e presenti da molto tempo. Ciononostante, si potrebbero ottenere risultati migliori per aumentare la conoscenza tra la popolazione generale e gli studenti sulle rispettive cultura, lingua, storia e altre caratteristiche delle minoranze linguistiche. Perchè, allora, non iniziare a guardarsi dentro e a rimuovere i deprimenti paletti linguistici per la registrazione delle organizzazioni giovanili al Fondo europeo della gioventù?

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