Politiche giovanili. Quanto è credibile la ‘ritrovata’ attenzione verso i giovani in Sardegna?
E’ tempo di nuove ‘sensibilità istituzionali’ verso la questione giovanile. Una recente infatuazione forse alimentata dalle risorse della nuova programmazione europea 21-27 e capace di rispolverare da qualche vecchio cassetto la ‘mai sempre verde’ questione giovanile. Tematica, come la storia degli ultimi decenni ha dimostrato, buona, purtroppo, quale oggetto di corredo per i discorsi programmatici.
Tema, le politiche giovanili, ritornato recentemente in auge in occasione della corrida – intesa come programma televisivo – dei partiti regionali sul futuro disegno del PNRR. Argomentazioni spesso grossolane ed estemporanee e senza alcuna visione di medio-lungo periodo per le reali esigenze dei/delle giovani sardi/e.
Un nuovo amore per i giovani, si diceva, scoppiato sicuramente per effetto della nuova programmazione UE ma che rappresenta un amore infedele data la mancanza di autocritica su quanto non è stato fatto negli ultimi anni o, peggio, fatto male per sostenere la coesione sociale e l’emancipazione dei giovani in Sardegna. Un mea culpa della classe ‘dirigente’ non ancora pervenuto e che con molta probabilità non arriverà nei prossimi tempi. Spazio quindi alle idee ‘scolasticocentriche’, colorate di temi green, digitali, equità e resilienza. Il nuovo must di questi tempi nell’abecedario istituzionale di chi, spesso, non è mai andato oltre il proprio territorio di provenienza.
A conferma della ‘paraculata’ delle argomentazioni pro gioventù basterebbe, invece, dare uno sguardo ai bilanci dei comuni sardi – fonte openpolis 2018 – per avere maggiore contezza delle mirabolanti risorse, e quindi sensibilità, destinate verso le politiche giovanili. L’attenzione per i giovani è grande nei principali centri della Sardegna, come dimostra la poco incredibile dotazione annuale nel Comune di Cagliari (334880,6 euro, circa 2,17 pro capite), o quella di Sassari, con circa 108303,96 euro (0,85 euro per abitante), seguita da Oristano 69484,59 (2,19 euro), Selargius 39611,73 (1,37 per ab.) e Olbia 27270 (circa 0,45 per ab.). Dati poco incoraggianti anche nei piccoli centri della Sardegna dove gli stanziamenti annuali nel bilancio dei comuni per le politiche giovanili non superano (quando va bene), la soglia dei 22mila euro. Numeri tutt’altro che coerenti con i ridondanti slogan odierni sull’importanza strategica dei giovani per “il futuro del nostro Paese”.
Fa sorridere, quindi, alla luce di questi numeri per niente sbalorditivi, la ‘ritrovata’ centralità per le politiche giovanili, peraltro argomentata senza cognizione di causa da parte della platea istituzionale nostrana, che farebbe meglio ad aggiornarsi onde raccogliere sempre meno voti (complice il sempre più condivisibile astensionismo), da parte dell’elettorato giovanile.
La questione giovanile in Sardegna non sarà certo risolta con qualche miliardo di euro a sostegno di iniziative spot per la formazione, l’inserimento lavorativo, l’abbandono scolastico e il contrasto alla devianza giovanile, calate dall’alto dalle istituzioni regionali e dagli uffici amministrativi regionali e comunali. Risorse che con molta probabilità, appurata la conclamata incapacità istituzionale sulle politiche giovanili, potrebbero non arrivare in assenza di una seria programmazione per i giovani o, peggio, alimentare le solite azioni lobbistiche locali che, nella nostra Isola, hanno ampiamente dimostrato la propria inconsistenza per il progresso della comunità giovanile.
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