Pnrr: incremento della spesa e drenaggio da altri fondi Ue e nazionali.
Per effetto di un nuovo decreto legge per l’attuazione della revisione del PNRR, voluto dal Governo Meloni e approvato inspiegabilmente dalle istituzioni europee, oltre all’incremento della spesa nazionale (stimata in circa 15,5 miliardi di euro) e previsto ora il ‘prelievo’ di risorse da altri fondi Ue e nazionali.
Allo stato dell’arte, come ricordato da Fondazione Openpolis, “non è tuttora disponibile un dataset aggiornato su tutti i progetti che saranno realizzati con i fondi del piano. Di conseguenza non è nemmeno possibile capire quali saranno portati a termine con altre fonti e quali invece saranno eliminati del tutto”. Elementi tutt’altro che di poco conto per capire come il tanto decantato (nonché salivifico) Piano nazionale di ripresa e resilienza porterà i presunti miglioramenti in uno Stato sempre meno attrattivo e competitivo come l’Italia.
Il Dl 19 del 2 marzo 2024, ancora, autorizza un significativo incremento delle previsioni di spesa. Queste, ricordano sempre da Openpolis, “dovranno contribuire in parte alla più efficace attuazione del Pnrr e in parte a finanziare i progetti rientranti nelle misure definanziate”. Complessivamente l’aumento della spesa ammonta a circa 15,5 miliardi. Il 60% circa di questo incremento – circa 9,4 miliardi – è assorbito dal fondo di rotazione per l’attuazione del Next generation Eu-Italia. Si tratta di uno strumento con il quale gestire direttamente i flussi tra le istituzioni europee e italiane e i trasferimenti ai soggetti attuatori. Questa maggiore disponibilità è da intendersi proprio in chiave di efficienza: è importante poter garantire i flussi tra la tesoreria generale dello stato e i soggetti attuatori, al netto di dinamiche legate alle questioni gestionali.
Il decreto, così come per altri aspetti, non entra, però, nel dettaglio delle motivazioni che hanno portato a queste modifiche. Si legge solo che hanno l’obiettivo di “garantire una più efficiente e coordinata utilizzazione delle risorse europee e del bilancio dello stato e consentire la tempestiva realizzazione degli investimenti stabiliti”.
Il secondo incremento più significativo, pari a circa 2,6 miliardi di euro, riguarda il Pnc. “In questo caso – sottolineano da Openpolis – è interessante osservare che per alcuni interventi si prevede un aumento delle risorse disponibili ai fini del loro completamento. Allo stesso tempo però il fondo complementare è una delle voci principali a cui il governo ha scelto di attingere per finanziare i progetti rimossi dal piano. Su questo aspetto saranno utili degli approfondimenti ad hoc. Anche sulla base delle nuove relazioni sul Pnc che, secondo quanto disposto dal decreto, dovrebbero essere pubblicate con cadenza semestrale. A questo proposito, è opportuno ribadire che le informazioni sul fondo complementare diffuse finora sono state anche più limitate rispetto a quanto fatto per il Pnrr stesso”. Difficile capire, specialmente per i cittadini e le cittadine, alla luce dell’assenza di trasparenza, come il Pnrr sta “cambiando il Paese”…
Andando più nello specifico sulle misure definanziate, risulta che le autorizzazioni alla spesa più consistenti riguardano i piani urbani integrati – progetti generali con circa 1,6 miliardi di euro. In un allegato del Dl è possibile anche capire la distribuzione di questi fondi tra le diverse città metropolitane, titolari degli interventi. Oltre a ciò, si prevede la spesa di un miliardo per finanziare i progetti rientranti nella misura “Utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate“. Altri 500 milioni sono destinati ai progetti rientranti nella misura “Aree interne – Potenziamento servizi e infrastrutture di comunità“. Ci sono poi 300 milioni per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie.
Quest’ultima è l’unica misura interamente rifinanziata attraverso altre fonti. Per questo torniamo a ribadire l’importanza di avere dati aggiornati relativamente ai progetti.
Dall’analisi di Openpolis, ancora, emergono alcune mancanze. C’erano infatti anche altre misure del Pnrr di cui il Governo Meloni aveva chiesto (e in parte ottenuto) il definanziamento totale o parziale.
Tra questi investimenti c’è quello dedicato agli interventi per la rigenerazione urbana il cui valore originario era di circa 3,3 miliardi di euro. Il Dl tratta questa misura all’articolo 35, da cui emerge che l’importo complessivo messo a disposizione è ridotto a 1,5 miliardi. Meno della metà di quello originario.
Un’altra misura di cui non si trova traccia è quella relativa agli Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni, il cui importo originario era di ben 6 miliardi di euro.
Ci sono poi le misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico. In questo caso il riferimento è l’articolo 36 da cui si desume che i finanziamenti saranno reindirizzati verso la ricostruzione dei territori colpiti dall’alluvione del maggio 2023.
Nel decreto infine non si trovano specifici riferimenti alla misura Tutela e valorizzazione del verde urbano il cui importo complessivo è passato da 330 a 210 milioni. E Promozione impianti innovativi (incluso offshore), misura che invece è stata eliminata del tutto.
L’attuazione del Pnrr rivisto nonché la realizzazione dei progetti rientranti in misure definanziate, richiede investimenti pari a circa 15,5 miliardi. Nel decreto si chiarisce che in realtà il fabbisogno finale sarà di oltre 17 miliardi. Per recuperare questo ammontare il governo ha fatto un’operazione di drenaggio da diverse altre voci del bilancio dello stato.
Da questo punto di vista, secondo Openpoli “è interessante notare che la parte più consistente (circa il 38%) deriva dal fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2021-2027. In particolare circa 4,9 miliardi sono somme iscritte in conto residui, mentre altri 1,6 miliardi riguardano una riduzione in termini di sola cassa”.
Da notare però che il decreto ha provveduto a reintegrare le risorse del fondo. Ciò è avvenuto in parte stralciando alcuni progetti finanziati con il fondo stesso (in particolare quelli previsti all’articolo 2 commi 1-bis, 1-ter e 1-quater del decreto legge 59/2021) e in parte abrogando il fondo per il trasferimento tecnologico alle imprese del mezzogiorno, istituito dall’articolo 1 comma 977 della legge di bilancio per il 2022.
La seconda voce che vede un taglio più consistente finalizzato al recupero di risorse riguarda il fondo complementare. Se da un lato infatti le autorizzazioni di spesa per progetti finanziati dal Pnc e già avviati sono aumentate, dall’altro invece si registra un taglio per un importo complessivo di circa 3,8 miliardi di euro.
Da notare poi che circa 1,8 miliardi di euro provengono da due fondi che mettevano a disposizione risorse a favore degli enti locali. Si tratta del fondo istituito presso il ministero dell’interno per investimenti a favore dei comuni (1,06 miliardi). E di quello per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio (734,5 milioni).
Un altro importo pari a 1 miliardo e 300 milioni è stato recuperato tagliando in maniera orizzontale le risorse a disposizione di ogni ministero per il periodo 2026-2028. Per maggiori dettagli è possibile consultare l’allegato 1 del decreto legge. Altri tagli consistenti riguardano 900 milioni derivanti dal fondo per l’avvio di opere indifferibili, i cui fondi già assegnati però restano a disposizione anche per quei progetti che non rientrano più nel Pnrr. Infine 800 milioni arrivano dalla disponibilità del ministero dell’economia, in particolare dalla voce “Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica”.
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