Pnrr: il “Governo” Meloni non chiede la quarta rata.
Al 30 giugno 2023, il nostro Paese ha completato solo 10 delle 27 scadenze europee previste nell’ambito del Pnrr. Una conferma, circa lo stato dell’arte sulla realizzazione degli interventi del Pnrr in Italia, che, di fatto, ha fatto saltare l’invio della richiesta all’UE della quarta rata delle risorse del Pnrr. Ogni sei mesi, infatti, la Commissione Ue controlla che i Paesi abbiano completato le scadenze Ue previste. In caso di verifica positiva, procede all’erogazione di nuovi fondi. Azione, purtroppo, che non è stata prevista per il nostro Paese.
Una situazione grave, che si aggiunge a un processo di revisione del piano su cui sono molti i dubbi e le contraddizioni. “Da un lato – rimarcano da Fondazione Openpolis – nella relazione al Parlamento il governo ha indicato alcune scadenze come critiche, soggette a ritardi e a proposte di rimodulazione. Dall’altro lato, la Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato in Parlamento che non ci sono ritardi. L’unica certezza – proseguono – sembrerebbe la mancanza di informazioni chiare sulle intenzioni, i tempi e le conseguenze di una revisione del piano, soprattutto in termini di ricezione di nuove risorse da Bruxelles”.
Nel dettaglio l’Italia ha completato solo 10 delle 27 scadenze previste per il primo semestre dell’anno. Ma, guardando al pregresso del desolante panorama politico italiano, la “colpa” sarà sempre e solo dell’Europa.
I maggiori ritardi sono rilevabili nell’ambito della transizione ecologica (7 scadenze disattese), la pubblica amministrazione (4), l’inclusione sociale, lavoro e imprese (3).
Tra i vari adempimenti in ritardo, vale la pena citare l’entrata in vigore della riforma della giustizia. Anche in questo caso il problema è legato alla mancata pubblicazione dei decreti attuativi. Da completare anche la scadenza che prevedeva l’aggiudicazione di tutte le gare d’appalto per l’abilitazione al cloud della pubblica amministrazione. In questo caso risulta ancora aperto un bando la cui chiusura è prevista per il 21 luglio.
A buon punto, invece, la riforma del codice dei contratti pubblici, per la quale attualmente mancano all’appello “solo” 3 decreti attuativi. Per la riforma del pubblico impiego invece manca ancora un decreto del Presidente della Repubblica che vada a modificare il precedente Dpr 487/1994 riguardante i concorsi pubblici. Sempre a buon punto, ricordano da Fondazione Openpolis, è la scadenza legata all’erogazione alle imprese delle risorse del fondo impresa donna. In questo caso il governo dichiara che le aziende ammesse a finanziamento sono 743 (l’obiettivo da raggiungere era di 700), ma non vi è nessuna evidenza del fatto che i fondi siano stati effettivamente erogati, come richiesto dalla scadenza.