Pnrr, CESE: “Un’opportunità a contrasto della disoccupazione giovanile ma elaborazione del piano senza il coinvolgimento delle organizzazioni giovanili”.

Il Pnrr – purtroppo non quello italiano vista l’attuale configurazione delle misure previste nella missione giovani – secondo il CESE – il Comitato economico sociale europeo – potrebbe rappresentare una opportunità per contrastare la disoccupazione giovanile, in aumento in diverse nazioni dell’UE. Da questa constatazione – ci si chiede però dove fossero i membri del CESE lo scorso mese di maggio al momento dell’ok della Commissione al Pnrr Italiano – è partito l’appello del comitato agli stati membri, affinché i fondi disponibili vengano utilizzati per sostenere l’inclusione dei giovani e rendere i mercati del lavoro europei più accessibili.

I piani nazionali, secondo il Comitato, dovrebbero dedicare un’attenzione particolare al miglioramento delle competenze dei giovani, contrastare l’abbandono scolastico e incentivare i contratti a tempo indeterminato. Maggiore protezione sociale andrebbe garantita anche per la salute mentale dei giovani, introducendo nuovi servizi nelle scuole e nei luoghi di lavoro.

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“Purtroppo – spiegano dal CESE – nel processo di elaborazione dei Pnrr non si è svolta nessuna significativa consultazione delle parti sociali, delle organizzazioni giovanili o di quelle della società civile, che ora andranno coinvolte nella fase di attuazione e monitoraggio. In questo modo potremo tutelare il dialogo sociale a livello nazionale, che è essenziale per garantire che le risorse finanziarie pubbliche siano adeguatamente investite per realizzare una ripresa inclusiva: vogliamo che gli Stati membri creino posti di lavoro di qualità e servizi inclusivi per i giovani, in particolare per quelli con disabilità o con vulnerabilità”.

Leggendo il Pnrr italiano, non è difficile, in particolare, notare come la questione della disoccupazione giovanile è ben lontana dal focus centrale dell’azione di Governo. Ad esempio, il Pnrr italiano suggerisce di avvalersi del piano nazionale di attuazione della garanzia giovani per raggiungere i Neet, ma i dati più recenti indicano un funzionamento inadeguato della stessa garanzia, con ben due terzi dei giovani iscritti (2018) in attesa di un’offerta.

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Problemi strutturali che la pandemia ha semplicemente acuito. Lo stesso dato Eurostat, recentemente, ha confermato che in Europa un giovane under30 su sei ha perso il lavoro a causa delle ripercussioni economiche della pandemia. In diversi Paesi europei il tasso di disoccupazione giovanile è fortemente aumentato. Numeri, anche in emergenza, sottostimati dalla classe dirigente che, forse per ignoranza o dolo, non ha ben compreso le ricadute sociali per l’Italia nel lungo periodo: una nazione che si apre a registrare un aumento degli abbandoni scolastici e dei Neet, accompagnato da una perdita di imprenditori di prima generazione e di un irrimediabile declino del tasso di natalità.

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“I Neet – concludono dal CESE – presentano il rischio più elevato di emarginazione, di povertà e di esclusione permanente dal lavor. L’incapacità dei sistemi d’istruzione, educativi e sociali di prevenire il fenomeno o di ridurne il numero è la spia del fallimento di politiche efficienti e che godono di un ampio sostegno volte a promuovere le pari opportunità in Europa”.

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