Per le fratture da fragilità un impatto da 10 miliardi di euro l’anno.
Le fratture da fragilità, quelle cioè dovute ad un indebolimento dell’osso, principalmente a causa dell’osteoporosi, sono un problema importante per la sanità pubblica, che rischia di avere un peso sociale ed economico sempre maggiore a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Attualmente, come ricordato recenentemente dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone, si stima che le fratture da fragilità possano impattare sulla spesa sanitaria del nostro Paese per un importo di circa 10 miliardi di euro all’anno con un possibile trend in crescita legato all’invecchiamento.
Secondo uno studio presentato durante l’evento il 4% della popolazione italiana è in una condizione di fragilità, una percentuale che aumenta con l’età, al punto che oltre il 50% degli over 65 è considerato ‘pre-fragile’. I siti principali per le fratture da fragilità sono polso, omero, vertebre e femore, e in particolare queste ultime sono tra quelle più debilitanti e pericolose.
Uno studio sulle schede di dimissione ospedaliera ha poi rilevato che ogni anno sono circa 100mila i ricoveri per fratture del femore negli over 65 in Italia. Il dato è risultato in forte in crescita dal 2001 al 2015, mentre dopo questo periodo i valori sono stabili (con l’eccezione di un calo negli anni del Covid), un fenomeno che potrebbe essere associato a una maggiore sensibilità nell’adottare misure di prevenzione. Se il numero assoluto è costante, si deduce sempre dallo studio, l’incidenza, cioè il numero di fratture su 100mila abitanti, è infatti in calo, e per gli over 80 sono passate da 2500 a 1500 tra il 2001 e il 2023. Il trattamento tramite dispositivi (protesi o fissazione) è l’opzione preferita, continua a crescere e copre circa l’85% dei casi nel 2023.