Pagine di Quarantena: Vieni, voglio parlarti di Luis Sepúlveda

Luis Sepúlveda, scrittore cileno, ha avuto una vita avventurosa, gravida di viaggi e ideali. Suo nonno era un anarchico andaluso arrestato più volte per attività sovversive in Spagna finché nell’evadere la seconda volta si trasferì in Cile, nel 1918. Sepúlveda si iscrive alla Gioventù Comunista cilena e sarà poi una guardia personale di Allende, politico socialista e presidente del Cile al tempo in cui avvenne il colpo di stato militare di Pinochet nel 1973.

Durante la dittatura Sepúlveda verrà arrestato, la pena gli fu mutuata ai domiciliari per le pressioni dell’opinione pubblica mondiale. Francisco Coloane, scrittore cileno, suo amico ed estimatore parlò anch’egli in suo favore. Le vicissitudini politiche che interessano Sepúlveda sono di gran lunga più complesse, pertanto, dopo questo vago cenno di cui si perdonino le eventuali imprecisioni o semplificazioni, si segnala la data in cui la pena gli fu commutata in esilio, il 1977.

Ora che si ha un’idea del vissuto di Sepúlveda, di cui ancor altri accenni si incontreranno poi, non c’è migliore omaggio e commemorazione che rivivere nella lettura il suo stile essenziale e poetico, asciutto e conciso nella suspense: poiché se l’amore è vittoria sulla fine egli è incarnato nella sua opera, ‹‹con cui dimenticare la morte, pane quotidiano›› e nel sottarlo all’oblio come lui stesso fece nelle sue dediche e nella trasposizione degli individui nei suoi racconti.

La tematica dell’amore si sprigiona in tutta la sua raccolta Incontro d’amore in un paese di guerra: un amore dalle molteplici destinazioni, particolare e onnipresente allo stesso tempo, che si rivolga ad una donna muta di una Santiago anni ’60 o al mistero d’un amore o a ‹‹ Favourite Things interpretata dal quartetto di Thelonius Monk con John Coltrane che suona il sax soprano ››, che si delinei nell’ossessione per il mare, nell’esitazione di un momento con un mazzo di gardenie in mano.

Un messaggio della segreteria telefonica parla con l’interlocutore della sua stessa natura, si nutre e asseconda l’inganno cosciente e lo ama, forse, o meglio ancora ama la verità svelata nella meta-comunicazione telefonica registrata. E dell’amore vuole leggere un personaggio di uno dei suoi libri più famosi Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, opera che si nutre dell’esperienza di viaggiatore dell’autore: viaggiò come membro dell’Equipaggio di Greenpeace, la Sirius, con la quale contribuì a imprese ecologiste, come ostacolare le baleniere tra la Patagonia e la Terra del Fuoco e fu ospite della tribù degli shuar per 7 mesi, imparandone la lingua e i costumi, fino al 1979, data in cui la rivoluzione sandinista lo portò in Nicaragua.

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Fu amico di Chico Mendes, ambientalista e difensore della grande foresta sudamericana, che a causa dello scontro con il proprietario terriero Darly Alves de Silva, fu assassinato nel 1988 – come anche molti altri capi sindacali negli anni ’70. Il romanzo si carica di un’efficacia poetica che si esprime attraverso la limpidezza di una frase, di un’idea dall’aspetto lirico che è intimo e poetico: ci immaginiamo un vecchio che vuole leggere dell’amore, quello più vero e struggente, d’un’intensità sofferta e reale. Cerca allo stesso modo di capire chi sono i buoni, chi i cattivi. Non è un vecchio come gli altri, ha vissuto con la tribù shuar per un certo periodo scoprendosi ai loro occhi come uno di loro, benché non uno di loro. Da loro impara i ritmi della foresta, a superare quel lato inospitale che gli ha portato via ogni cosa e che tuttavia lo affascina, non appena penetra nella natura della terra. Così imparerà i valori degli shuar, la loro concezione di dignità della vita e degli esseri viventi e quando sarà costretto a trasferirsi ad El Idillio osserverà il ritirarsi degli animali al riparo dagli uomini incuranti, il dissacrante istinto alla distruzione di quest’ultimi, alla caccia impari e senza scopo, al loro terrore di morire a causa di cui praticano un’insensata e ingiustificata prevaricazione.

Sepúlveda traccia anche quadri estremamente parlanti, incancellabili: non solo il vecchio che legge ritto sul suo tavolo dalle gambe alte, sul muro la foto del suo unico amore, che ripete e sillaba le parole dei suoi romanzi con un gusto insaziabile; disegna i ritratti della popolazione shuar, le loro concezioni, la loro conoscenza del territorio, raffigura il suo amico, Nushiño; ritrae la ridicola e repellente caricatura del sindaco, pavido e tanto incapace quanto prepotente nella sua autorità.

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All’Equipaggio di Greenpeace va la dedica de Il mondo alla fine del mondo e a coloro che difendono la Terra del Fuoco e la Patagonia. Si tratta di terre da lui amate, e in relazione alla Patagonia si ricorda Patagonia Express, resoconto autobiografico del suo viaggio in Patagonia e scritto su un taccuino da lui ricevuto in dono da Bruce Chatwin, scrittore e viaggiatore britannico, che conobbe a Barcellona prima di partire e con cui fece amicizia (oltre che condividere l’idea di un progetto a quattro mani sui rapinatori di banche Butch Cassidy e Sundance Kid.)

Nella Terra del Fuoco si svolge il mistero della nave officina Nashin Maru, a cui il protagonista approda attraversando lo stretto di Magellano mentre guarda i gruppi di isole di cui conosce la storia e che portano i nomi delle avventure di cui resero partecipi i protagonisti, i quali in esse proiettarono le loro speranze, le loro paure, le loro maledizioni e dannazioni: Maledizione di Drake, Porto Misericordia, Isola della Desolazione, Isola della Provvidenza.

Tra la bellezza dei suoi ritratti basti l’evocazione dello zio Pepe, volontario nella guerra di Spagna, il cui tesoro è una fotografia in cui compare affianco ad Hemingway e che lo fa avvicinare ad autori e romanzi per il protagonista segnanti: Jules Verne, Emilio Salgari, Jack London, Melville. Questo personaggio si riferisce inoltre realmente a suo zio Pepe che combatté nella guerra di Spagna e che davvero lo indirizzò alla lettura degli autori citati, specie Salgari (anche grazie al nonno).

E se nel romanzo d’avventura Sepúlveda si mostra abilissimo, dalla combinazione con il genere della spy-story, sa produrre una suspense incalzante con uno stile secco e asciutto in cui trionfa la brevità e la concisione, mantenendo l’essenzialità connaturata nel suo stile: il riferimento va a Un nome da torero, ambientato sempre nella Terra del Fuoco in un arco di tempo che dalla Seconda Guerra mondiale va alla Guerra Fredda sposando appunto le qualità migliori del thriller con il romanzo d’avventura.

Per chi si addentrasse in Diario di un killer sentimentale, si aspetti lo stesso stile, giudicherà da sé il lettore se in un’altra prova altrettanto valida come la precedente. In riferimento al suo impegno politico d’obbligo è Cronache dal Cono Sud, racconti scritti tra il 2005 e il 2006, alla morte di Pinochet.

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Nell’introduzione fa riferimento alle domande poste alla Casa de América per la giornata sulla letteratura cilena in riferimento alla situazione politica. Sepúlveda lì, nel cercare risposta alle domande si ripete la frase anaforica ‹‹Volevo parlare della parte migliore del mio paese›› e spiegando quale sia la parte migliore del Cile, ‹‹la gente piena di speranza››, si rende conto che grava su tutti loro il fantasma di Pinochet e di quei militari cileni e argentini responsabili dell’epoca nera di cui si lamentavano ancora gli strascichi. A quel punto rivela quello che sarà il contenuto dell’opera e rivelerà il fulcro di ciò di cui vorrebbe parlare:

‹‹E poiché amo il mio paese, ho parlato dei suoi uomini e delle sue donne, della sua gioventù ostinatamente impegnata a conquistare la felicità e la giustizia››.Questo interesse umano, questa cura e questo rispetto per la dignità umana e la libertà, si riflette nella volontà di dar voce a uomini e donne, facendo parlare le loro storie: la storia è un concerto di storie individuali che si intersecano, collegano, tendono a qualcosa. Guardare l’umano, guardare ciò che ciascuno ha da offrire è imprescindibile.

Allo stesso modo dei protagonisti sognatori dei racconti ambientati in tutti gli estremi della terra e contenuti nella raccolta Le rose di Atacama (2000), fiori rossi che nel deserto nascono dalla sabbia una volta all’anno per poi appassire in breve tempo, immagine della vita e del suo senso di strenua resistenza ricordandoci che ciascuno è un evento unico e irripetibile.

Nella raccolta La lampada di Aladino Sepúlveda ripercorre i temi cardine da lui prediletti e scaturiti dalla sua esistenza: l’avventura, la politica, l’amore. E se a questo punto risale la nostalgia de Il vecchio che leggeva romanzi d’amore e ancora una parte di te si chiede dove sia Antonio José Bolivar Proaño, può trovarlo ancora col suo amico e dentista, il dottor Rubicondo Loachamìn diretti verso El Idillio nel racconto La ricostruzione della Cattedrale.

Giulia Pinna

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