Pagine di Quarantena: la storia del musicista più popolare e sconosciuto di sempre.

Prima di iniziare la lettura della storia che stiamo per raccontare vi invitiamo a cliccare qui e lasciare che il brano che si aprirà vi faccia da sottofondo musicale. Ci troviamo a Norimberga, Baviera settentrionale,alla fine del 600. Seduto alla tastiera del suo clavicembalo il musicista Joahnn Pachelbel sta componendo. Eccezion fatta per la perdita della moglie a causa della peste, la sua è stata fin lì un’esistenza tranquilla. Cosa notevole visti i tempi turbolenti. Dopo aver vissuto e lavorato in varie parti della Germania, Pachelbel è ritornato nella sua città natale da compositore conosciuto e apprezzato.  Il brano a cui ora sta lavorando è un canone. Facendo ricorso a una terminologia attuale il canone è un “loop” nel quale, a una melodia iniziale, se ne sovrappongono altre nel proseguo del pezzo. Talvolta accompagnate da una partitura di note basse, eseguite da un contrabasso o da un violoncello, che non si interrompe mai e per tale ragione è chiamata “basso continuo”. Il canone di Johann si sviluppa su una base di otto accordi: RE, LA, SI minore, FA# minore, SOL, RE, SOL, LA. Senza saperlo, Pachelbel, ha appena scritto la pagina più incredibile della storia della musica.

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Di li a qualche anno morirà e, contemporaneamente, si affermerà una generazione di grandi compositori che ne oscureranno la memoria. Handel, Vivaldi, Albinoni, Porpora, Telemann e quel Johann Sebastian figlio del suo grande amico Johann Ambrosius Bach. Il suo canone per tre violini e basso continuo, tuttavia, non andrà del tutto perduto riaffiorando di tanto in tanto, in opere liriche, concerti e sinfonie.

Mosca,1942. La guerra infuria e l’Unione Sovietica combatte disperatamente per la sopravvivenza contro le armate hitleriane. Il dittatore Stalin convoca il compositore Aleksandr Vasiljevic Aleksandrov e gli commissiona un canto che possa rincuorare e motivare i suoi soldati. Dopo circa un anno viene alla luce “Gimn Sovetskogo Sojuza”, un inno monumentale, tanto bello quanto brutale era il regime che magnificava. La musica del brano si ispira alla progressione di accordi e alle linee melodiche di un brano risalente a più di due secoli prima. Indovinate quale?

Gli Alleati vincono la guerra e dopo vent’anni sboccia in occidente sboccia un grande movimento di rinnovamento culturale che ha nella musica giovanile il suo epicentro. Le “canzonette” degli anni precedenti si evolvono aprendosi alla sperimentazione. Gli schemi musicali del rock’n’roll si fondono con la tradizione della musica classica dando vita a ibridi meravigliosi. Dopo secoli ritornano cosi alla luce gemme del passato che, nella forma di canzoni commerciali, raggiungono milioni di ascoltatori in tutto il mondo. È il caso, ad esempio, dell’aria sulla quarta corda di Bach riproposta in brani come “A whiter shade of pale” dei Procol Harum o “When a man loves a woman” di Percy Sledge. In questo periodo, unico e irripetibile, anche il canone torna a nuova vita. Dapprima, quasi sotto traccia, in brani di scarsa notorietà come “Oh lord why lord” dei Four Tops per poi assurgere, definitivamente, a fama mondiale grazie alla celebre registrazione del direttore d’orchestra francese Jean-François Paillard.

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Da quel momento il canone diventerà la base compositiva di un numero semplicemente incalcolabile di canzoni pop e rock. Grazie a uno schema di accordi semplice e geniale, chiunque può utilizzarlo per comporre un brano. L’elenco di brani di successo ispirati al canone includono, fra i tanti, titoli come “Let it Be” dei Beatles, “No woman no cry” di Bob Marley, “Fullness of the wind” di Brian Eno, “Cryin” degli Aerosmith, “With or without you” degli U2 (con tanto di basso continuo in accompagnamento), “Don’t Look Back in Anger” degli Oasis, “Memories” dei Maroon 5, “Dear God” degli Avenged Sevenfold e, per restare in Italia,  “Alba Chiara” di Vasco Rossi. Un elenco completo sarebbe pressoché impossibile. Non mancano neanche le reinterpretazioni in chiave rock di grandi chitarristi quali Satriani e Malmsteen anche se, a nostro avviso, la più bella resta quella di Mattrach che nel 2008 divenne virale (si può ancora dire?) in rete.

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Singolare destino quello di Pachelbel, il cui nome è sconosciuto a molti ma la cui musica è familiare a tutti. Non sappiamo in quale circostanza egli abbia composto il canone ma sicuramente non avrebbe potuto immaginare che, secoli dopo, quella sequenza di 8 accordi avrebbe ispirato un numero incalcolabile di musicisti. Chissà poi cosa avrebbe pensato se solo avesse potuto ascoltare uno dei brani dei nostri tempi che più fedelmente si rifanno al suo canone. Si, proprio questo.

foto Skitterphoto da Pixabay

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