Pagine di Quarantena. Böll e le opinioni di uno o più clown.

Leone d’oro alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, due Golden Globe, 2 Premi Oscar. Questi i premi che nel 2019 sono stati aggiudicati dal film Joker con la regia di Todd Philips. L’interpretazione prodigiosa di Joaquin Phoenix ha lasciato tutti senza fiato, e la storia di Joker, il cattivo di Gotham city, è la storia del clown Arthur Fleck. Ad un certo punto del film raggiunge l’illuminazione che la sua vita sia stata in realtà fino a quel momento una commedia e non la tragedia che aveva sempre pensato. Parafrasando una delle battute della sua esibizione di comico: da piccolo quando dicevo di voler fare il comico, tutti ridevano; invece adesso nessuno ride.

E così con un umorismo spiazzante, nero, che non suscita il riso, sarcastico nel modo aggressivo dell’incompreso, rigettato dalla società, la tragicommedia della vita e la sua inconciliabilità apparente si traduce in una lucida e crudele follia, che è quella del Joker, che emerge dalla crisi e il tracollo dell’uomo medio nei confronti della società impenitente, che pratica la sua esclusione e quella di altri coi suoi meccanismi. Non è un caso la citazione da Taxi Driver, il gesto con la mano che simula una pistola, oltre all’influenza di Scorsese sul regista. Si crea così un personaggio dinamico, dal retrogusto esistenziale, il tutto girato in modo da tradurre la sua follia in una costruzione che ponga dubbi sulla realtà di alcuni degli eventi narrati, sospesi tra l’essere accaduti o essere frutto della mente alterata del punto di vista del protagonista.

Ma detto questo, se ci rivolgessimo ad un altro clown? Con tutt’altro messaggio, e ascoltassimo, tornando indietro, le opinioni del clown Hans Schnier scaturito dalla magnifica penna di Heinrich Böll nel suo romanzo Opinioni di un clown del 1963, d’un umorismo fresco, a volte cupo, a volte sarcastico. Insomma dalle molte forme. Lo scrittore di Colonia, Heinrich Böll, uno dei più famosi scrittori del dopoguerra, in uno dei suoi libri e tra i libri più venduti, portavoce tra i vari temi di un messaggio e di un sentimento fortemente antimilitarista che rivive dalla sua esperienza personale avendo saggiato per sei anni la guerra e sperimentando la Seconda Guerra Mondiale su diversi fronti, in parte negli ospedali, in parte nei campi di prigionia.

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Quanto alla sua preparazione culturale, questa si focalizza in singoli libri e autori che si pongono come modelli: il Kleist delle novelle, Dostoevskij, come si può immaginare per un uomo che come lui vive con partecipazione intensa il proprio senso morale e religioso e quello del mondo, mentre dopo la guerra assimila la lezione realista e viva di Hemingway.

Scrive in un momento storico che si trova in un confronto tra distruzione e rinascita, involuzione e democrazia, continuità e ricostruzione. E quella guerra, trauma di un’epoca, dell’autore stesso e di tutto il mondo, abbraccia tutta la sua primissima narrativa, si erge protagonista e rievocata perché non possa configurarsi come ‹‹alibi››, come emerge nella raccolta Dov’eri Adamo? del 1951 e che in nove episodi si delinea nella versione della guerra sul fronte orientale in prima linea, o quella nei campi di sterminio, e non solo. Questa mancanza di ‹‹alibi›› che impedisce ad Adamo di rispondere ‹‹Ero alla guerra mondiale.›› e riflette oltre lo stretto senso di denuncia il fatto che lo scrittore percepisca una possibilità cristiana di resistenza – nella sua maniera di concepire la religiosità, s’intende – contro la guerra e contro la società del miracolo economico poi. Questa è per molti l’espressione maggiore del primo Böll che con la scrittura di quest’opera come di altri racconti e storie brevi, genere per altro di primo piano nella narrativa tedesca del dopoguerra, e dei romanzi si è guadagnato il Nobel per la letteratura nel 1972.

Partendo dal suo esordio, il breve romanzo (o racconto lungo) Il treno era in orario del 1949, che lo fece diventare un caso letterario, poiché fino a quel momento sconosciuto e ricordò a tutti la tragedia che li aveva travolti tutti. E il livello di poesia raggiunto è quel tipo di poesia che si sprigiona esprimendo soavemente un messaggio importante dall’evidenza suprema d’un scrittura che si stende liberamente, senza edificare prima di essere prodotta e in questo prodursi parla.

Si tratta di un veicolo, il treno, che conduce senza scampo i tre soldati alla morte, questo perché i tre personaggi, dopo la licenza per tornare a casa, una Germania ferita dai bombardamenti, in cui i nazisti e l’inedia fanno da padroni, ora tornano al fronte e sappiamo che il treno li sta portando alla morte. Nella notte finale lo scrittore inserisce un personaggio femminile, la prostituta Olina e si dedica ad un argomento che accompagnerà tutta la sua produzione artistica: l’amore.

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Non ne è esente pertanto Opinioni di un clown. Anche lì è vissuto in un modo assoluto, un assoluto miracolo che è trapelato dall’esistenza dell’altro essere, destinato a chi assiste a tale miracolo. Un modo di intendere l’amore che è spirituale, ma include invariabilmente la carne, poiché nei personaggi di Böll l’amore è unione di corpi e anima. Sappiamo infatti che non può, il nostro clown attingere ad un’altra donna che non sia Maria, quanto al carnale scoprirete cosa pensa il nostro clown del concetto di carnale come concepito dalla religione cattolica.

Nel caso de Il treno era in orario, la fisicità non si consuma ed anzi passano una notte quasi di solidarietà fraterna, seppure chiaramente due innamorati e l’amore è manifestato in un’apertura completa che li porta a confidarsi il loro passato, i loro progetti, in una reciproca confessione, nel potere che hanno certe volte due sconosciuti di conoscersi meglio in una sola notte, per lui questa confessione ha un senso particolare, dato che prenderà il treno che lo consegnerà tra le braccia della guerra. E i due innamorati pregano anche, cosa che secondo Böll può unire gli spiriti di due amanti più di ogni altra cosa.

Da ciò si evince il secondo tema: la religione. Riecheggia la sua infanzia cattolica a Colonia; ma Böll la percepisce con un senso di religiosità esistenziale, nella forma dell’amore per gli altri, per gli umili, imperniato sulle sofferenze e la solitudine altrui, intensa e reale.

Cosa che spiega anche la critica che emerge in Opinioni di un clown sull’aria cattolica di Colonia e che si esprime rispetto un’indignazione intensa contro tutto ciò che c’è di ingiusto e criminale nella realtà sociale e politica, fiamma che alimenta e ne fa uno scrittore d’opposizione e trasfigura il suo modo di disegnare l’orrore, crudo, sarcastico. Come in certe scene di Opinioni di un clown in cui l’umorismo si evolve e diventa sarcasmo acceso, minimalista, asciutto negli episodi più drammatici e che descritti in tal modo non potranno farvi scordare il ragazzo lentigginoso che aveva un’unica fortuna e quando scoprirete quale sia il sarcasmo avrà attecchito con il peso di uno scandaglio sul fondo della verità.

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E il terzo tema è la morte che ne Il treno era in orario è incombente e ineluttabile e si tramuta in un’attesa per il personaggio – e aggiungerei anche nella concezione dell’autore – e nel presagio di qualcosa di inesplicabile. E cosa che contribuisce a mantenere la poesia di questo testo è che non applica un approccio edificante e retorico che ne guasterebbe il tocco poetico, e lo trattiene nell’aspetto di una promessa sentita e vibrante nell’aria ma dall’aspetto reale, riservato, personale, come l’aria che espira dal petto del protagonista, che spinge al lettore a guardare in quella direzione, verso la destinazione di quel treno. E in Opinioni di un clown si traduce nella forma di un lutto incolmabile e imperdonabile, simbolico di un sacrificio disumano, a cui sarà impossibile non pensare quando guarderete una ragazzina trasognata o penserete ad un sette di cuori bruciacchiato dalle braci di un focolare.

E Hans, il protagonista di Opinioni di un clown si trova a scontrarsi con un mondo indifferente e disumano da cui si sente incompreso, ribolle dentro di lui una rivolta verso le contraddizioni e le incoerenze del mondo, del circolo di cattolici benestante che parla di povertà, dell’ordine borghese e cattolico in cui Maria sceglie di incasellarsi. E sappiamo come vive l’amore, il nostro Hans. Sarà impossibile non pensare alle sue telefonate che non giungono mai al punto, alle sue peculiarità, la sua indefessa monogamia, i suoi mal di testa, la sua malinconia, la sua capacità di fiutare gli odori dal telefono e così ci ritroveremo come i lettori dell’epoca a ripensare alla lezione della storia, alla guerra, ai suoi orrori, all’ammonimento contro il propagarsi d’una violenta mancanza di integrità nell’incoerenza più mascherata possibile dall’ordine della società sull’orlo di una frase emblematica come ‹‹Non so se  ci sia gente che ricama  tovaglie su disegni di Picasso e Klee››.

Giulia Pinna

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