Oggi, 30 anni fa, usciva Nevermind dei Nirvana.

Nel 1991, musicalmente parlando, gli anni ’80 parevano non essere terminati con quel pop tutto synth e batterie triggerate capace di produrre solo sgorbi come i Bros che minacciavano di invadere anche gli anni ’90.

Pareva quasi che, dopo due decenni di musica in costante evoluzione e cambiamento, il mondo si fosse fermato nella contemplazione di idoli in plastica dall’aspetto ridicolo e dalla musica ancor più brutta. Eppure sotto traccia qualcosa stava cambiando.

A ben ascoltare, in varie parti del mondo occidentale, in cantine e fumosi club ci si poteva imbattere in band che nulla avevano a che fare con la musica mainstream o con la sua ufficiale controparte metal.  

Erano band che, in spregio alle tendenze del momento, riprendevano i suoni e i ritmi della musica punk di 15 anni aggiornandoli con schema melodici che parevano presi dal pop ma che nulla avevano a che fare con questo genere.

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Questo movimento musicale era escluso dai principali mass media, ciò nonostante, di anno in anno conquistava un numero sempre crescente di seguaci e fans.

Il 10 settembre del 1991, gli spettatori di MTV assistettero alla messa in onda di un video mai trasmesso prima. Il titolo della canzone era “Smells Like Teen Spirit”, gli autori i Nirvana, una band di Seattle della quale si sentiva a parlare quali esponenti di un movimento musicale di nicchia chiamato Grunge.

Il brano era assolutamente non catalogabile; non era metal, non era punk, non era pop ma, al contempo, era tutti questi tre elementi assommati. Dopo appena due settimane durante le quali il brano conobbe un’attenzione imprevista, il 24 settembre 1991 uscì “Nevermind” secondo album dei Nirvana, pubblicato dalla Geffen Records. La tiratura iniziale prevista era di 30.000 copie. Ne sarebbero state vendute decine di milioni di copie.

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Da quel momento il Grunge cessò di essere un genere relegato ai club underground per divenire il simbolo della riscossa punk-rock. La rivoluzione non sarebbe durata a lungo. Ne musicalmente, ne umanamente. Quattro anni dopo Kurt Cobain, leader dei Nirvana, si sarebbe suicidato ponendo fine alla storia dei Nirvana. Analogamente, gli altri nomi del grunge come Pearl Jam, Sonic Youth, Soungarden, Alice in Chains si sarebbero distaccati dal genere delle origini. Chi per scelte stilistiche, chi seguendo Kurt Cobain  nella strada per l’aldilà.

A 30 anni di distanza è difficile valutare quanto sia rimasto del grunge degli anni 90. Forse niente. Resta il ricordo di una stagione indimenticabile, l’ultima, nel quale la musica rock, con il nome di grunge, fu in grado di trascinare le folle. L’album “Nervermind”, uscito il 24 settembre di 30 anni fa, fu il simbolo di quel periodo irripetibile.

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Foto credits Julie Kramer