“Non abbiamo ancora abolito la povertà”.

27 settembre 2018. Al termine del Consiglio dei Ministri che aveva trovato l’accordo sul Def (Documento di economia e finanza) il vicepremier Luigi Di Maio aveva ‘confermato’ l’abolizione della povertà nel nostro Paese, affermando che “Abbiamo abolito la povertà”.

In politica, si sà, le distorsioni cognitive sono sempre dietro l’angolo… A ricordarci, invece, che non viviamo sulla Luna arriva in soccorso l’ISTAT, che ha rilevato nel nostro Paese, circa 1,7 milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta, con una incidenza pari al 6,4% (un dato minore rispetto al  7% registrato nel 2018) per un numero complessivo di quasi 4,6 milioni di individui.

Seppur rispetto all’anno scorso si sia rilevato un tiepido miglioramento, nel nostro Paese i livelli di povertà si mantengono elevati rispetto agli anni precedenti la crisi del 2008-2009.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (8,5% nel Sud e 8,7% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (5,8% nel Nord-ovest, 6,0% nel Nord-est e 4,5% nel Centro). Per questa ragione, anche se le famiglie del Nord sono di più rispetto a quelle del Mezzogiorno (rispettivamente 47,8% e 31,7% del totale) il numero di famiglie povere nelle due ripartizioni è sostanzialmente uguale: 43,4% al Nord e 42,2% nel Mezzogiorno. Nel Centro si trova il restante 14,4% (rispetto al 20,5% delle famiglie residenti in questa ripartizione).

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Un dato ancora più avvilente, che dovrebbe far riflettere i protagonisti degli ‘Stati Generali’, riguarda l’entità dei minori in povertà assoluta nel nostro Paese: 1 milione e 137mila. Numeri che ci portano inequivocabilmente a non poterci considerare ancora un Paese civile. L’incidenza varia dal 7,2% del Centro al 14,8% del Mezzogiorno. Rispetto al 2018 le condizioni dei minori migliorano sia a livello nazionale sia al Centro (da 10,1% a 7,2%). Disaggregando per età, l’incidenza si conferma più elevata nelle classi 7-13 anni (12,9%) e 4-6 anni (11,7%) rispetto alle classi 0-3 anni (9,7%) e 14-17 anni (10,5%).

Per l’Istat il migliore andamento positivo si è verificato in concomitanza dell’introduzione del Reddito di cittadinanza (che ha sostituito il Reddito di inclusione) e ha interessato, nella seconda parte del 2019, oltre un milione di famiglie in difficoltà. In prospettiva, però, le risorse destinate al Reddito di Cittadinanza quanto graveranno sulla produttività del Paese? Non si voleva creare un Paese più solido e meno assistenzialista?

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La povertà emerge specialmente all’interno delle realtà comunali. Cresce, infatti, dal 5,0% del 2018 al 6,6% del 2019, l’incidenza di povertà assoluta nei comuni più piccoli (fino a 50mila abitanti) e diversi dai comuni periferia di area metropolitana nel Nord-est. Per i comuni centro delle aree metropolitane del Nord si confermano incidenze di povertà (7,1%) maggiori rispetto ai comuni periferici delle aree metropolitane e comuni sopra i 50mila abitanti (4,8%) e ai restanti comuni più piccoli (6,1%).

L’incidenza di povertà relativa si diversifica anche a seconda della cittadinanza dei componenti familiari. Per le famiglie di soli italiani è al 9,7%, ma triplica per le famiglie con almeno uno straniero (29,1% e 30,5% per le famiglie di soli stranieri). I valori più bassi si registrano per le famiglie di soli italiani nel Nord (4,5) mentre nel Mezzogiorno si arriva al 47,9% tra le famiglie con stranieri (48,9% per le famiglie di soli stranieri).

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foto Presidenza della Repubblica

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