Neanderthal, nuove scoperte nella Grotta Guattari.
A oltre ottant’anni dalla scoperta della Grotta Guattari a San Felice Circeo, sono stati rinvenuti nuovi reperti per lo studio dell’uomo di Neanderthal e del suo comportamento: fossili attribuibili a 9 individui di uomo di Neanderthal, dei quali 8 databili tra i 50mila e i 68mila anni fa e uno, il più antico, tra i 100mila e i 90mila anni fa, come ricordato da Francesco Di Mario, archeologo della SABAP: “Sono tutti individui adulti tranne uno forse in età giovanile. È una rappresentazione soddisfacente di una popolazione che doveva essere abbastanza numerosa in zona”. Questi, insieme agli altri due trovati in passato nel sito, portano a 11 il numero complessivo di individui presenti nella Grotta Guattari, confermandosi uno dei luoghi più significativi al mondo per la storia dell’uomo di Neanderthal, ricorda Mario Rolfo dell’Università di Roma Tor Vergata: “Lo studio geologico e sedimentologico di questo deposito ci farà capire i cambiamenti climatici intervenuti tra 120 mila e 60 mila anni fa, attraverso lo studio delle specie animali e dei pollini, permettendoci di ricostruire la storia del Circeo e della pianura pontina”.
“Una scoperta straordinaria di cui parlerà tutto il mondo – ha dichiarato oggi il Ministro della Cultura, Dario Franceschini – perché arricchisce le ricerche sull’uomo di Neanderthal. È il frutto del lavoro della nostra Soprintendenza insieme alle Università e agli enti di ricerca, davvero una cosa eccezionale”.
“Con questa campagna di scavo – ha detto Mario Rubini, direttore del servizio di antropologia della SABAP per le province di Frosinone e Latina – abbiamo trovato numerosi individui, una scoperta che permetterà di gettare una luce importante sulla storia del popolamento dell’Italia. L’uomo di Neanderthal è una tappa fondamentale dell’evoluzione umana, rappresenta il vertice di una specie ed è la prima società umana di cui possiamo parlare”.
I recenti scavi, ricordano gli archeologi, hanno restituito migliaia di reperti ossei animali che arricchiscono la ricostruzione del quadro faunistico, ambientale e climatico. Sono stati scoperti, oltre ad abbondanti resti di iena, diversi gruppi di mammiferi di grande taglia tra cui l’uro, il grande bovino estinto, che risulta una delle specie prevalenti insieme al cervo nobile ma anche i resti di rinoceronte, di elefante, del cervo gigante (Megaloceros), dell’orso delle caverne e di cavalli selvatici. La presenza di queste specie si accorda bene con l’età di circa 50 mila anni fa, quando la iena trascinava le prede nella tana usando la grotta come riparo e deposito di cibo. Molte delle ossa rinvenute mostrano infatti chiari segni di rosicchiamento, puntualizzano gli esperti del SABAP.
Le ricerche, per la prima volta, hanno inoltre riguardato parti della Grotta mai studiate, tra cui anche quella che l’antropologo Alberto Carlo Blanc ha chiamato “Laghetto” per la presenza di acqua nei mesi invernali. Proprio in quell’area sono stati rinvenuti diversi resti umani, tra cui una calotta cranica, un frammento di occipitale, frammenti di cranio (tra i quali si segnalano due emifrontali), frammenti di mandibola, due denti, tre femori parziali e altri frammenti in corso di identificazione. Le analisi biologiche e le ricerche genetiche permetteranno di ricostruire la vegetazione, il clima e l’ambiente in cui vivevano i nostri antenati. Analisi isotopiche permetteranno di ricostruire la dieta delle specie animali esaminate e l’alimentazione antica dell’uomo di Neanderthal.