Naja. 15 anni fa il ‘congelamento’ del servizio militare obbligatorio
Correva il primo gennaio 2005 e la Legge Martino mandò in soffitta ben 144 anni di servizio militare obbligatorio. Sono passati 15 anni dalla fine del ‘paradigma’ della naja, per molti considerata come un supporto all’integrazione linguistica e alla conoscenza del Paese, per altri, invece, vissuta come un’imposizione contro la libertà e i principi personali. Un fenomeno di costume che ha rappresentato, per gran parte della Storia d’Italia, un passo obbligato per i giovani italiani e una fonte d’ispirazione per un’intensa produzione letteraria.
La legge, per l’ex ministro della Difesa Antonio Martino: “Fu inevitabile ed importante per due ragioni, poichè faceva perdere un anno di tempo ai giovani nel momento più importante della loro vita e non rafforzava le forze armate. Il percorso parlamentare fu agevole perché ormai i tempi erano maturi e non vi furono obiezioni da parte delle forze politiche”.
Alla base dell’approvazione della Legge Martino vi fu, infatti, un’ampia convergenza da parte delle forze politiche del tempo, in particolare tra la Casa delle Libertà e il centrosinistra. Una volontà politica che anticipò di due anni la professionalizzazione delle forze armate, prevista per il 2007.
Più nel dettaglio, però, la Legge Martino, non prevedeva l’abolizione della naja, per la quale sarebbe servita una modifica costituzionale, ma la congelò per tutti i nati dal 1986 in poi. Le ultime reclute interessate dal sistema precedente, infatti, furono i ragazzi nati nel 1985.
Nel corso degli ultimi 15 anni si sono registrati diversi tentativi di ripristino della leva obbligatoria. L’ultimo tentativo lo scorso marzo, con il via libera dell’Aula della Camera alla sperimentazione della ‘mini-naja’, finalizzata a far svolgere percorsi formativi volontari in ambito militare a cittadini italiani di età compresa tra i 18 e i 22 anni.