Nagorno-Karabakh, l’Ambasciatore Ahmadzada: “La soluzione del conflitto passa dal ripristino dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian”.
L’Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, Mammad Ahmadzada, oggi è intervenuto sulla recente recrudescenza dell’ostilità tra l’Armenia e lo Stato azero: “Sulla scia delle provocazioni militari dell’Armenia contro l’Azerbaigian, in direzione del distretto azerbaigiano di Tovuz, inziate il 12 luglio scorso, la parte armena ha fatto ricorso a vari mezzi per sottrarsi alle sue responsabilità e celare le proprie azioni aggressive. All’estero siamo stati anche testimoni di atti di violenza e vandalismo da parte di gruppi estremisti armeni contro rappresentanze diplomatiche dell’Azerbaigian e membri delle comunità azerbaigiane, di pressioni su media, politici e personaggi pubblici”.
Un piano, per l’Ambasciatore azero, finalizzato a mistificare i fatti e rendere più torbida l’attribuzione delle responsabilità del conflitto verso l’opinione pubblica mondiale: “I paesi e le popolazioni della nostra regione sono ben consapevoli delle ‘capacità’ della parte armena di contraffare eventi storici e di appropriarsi di storia, cultura, musica, cucina e tradizioni della regione in cui ci troviamo. Queste ‘abilità’ armene sono diventate anche oggetto di ilarità, e ci sono molti aneddoti e storielle a riguardo. Gli armeni presentano l’Armenia come il ‘primo stato cristiano’, appropriandosi della storia della Chiesa dell’Albania caucasica, alterano gli eventi della prima guerra mondiale e infine definiscono la politica di occupazione e aggressione contro l’Azerbaigian come ‘autodeterminazione del popolo del Nagorno-Karabakh’. Tutte queste falsificazioni storiche hanno lo scopo di conquistare simpatie nei rapporti con il mondo, soprattutto con l’Occidente. Sarebbe difficile immaginare di cosa parlerebbero oggi gli armeni al mondo, senza queste tre falsificazioni storiche. L’Armenia, con dimensioni ridotte e povertà dilagante, priva di accesso al mare e risorse naturali, è considerata un vicolo cieco geografico ed è esclusa da tutti i processi regionali, e da ciò non ha la possibilità di beneficiare della cooperazione internazionale”.
Nella sua missiva, il rappresentante della diplomazia azera in Italia ha poi ripercorso i principali punti dello scontro, che, per la parte azera, dimostrano le responsabilità nel conflitto del Nagorno Karabakh tra l’Armenia e l’Azerbaigian: “L’Armenia ha occupato militarmente il 20% dei territori dell’Azerbaigian internazionalmente riconosciuti, compresa la regione del Nagorno-Karabakh e i sette distretti circostanti” e ancora che “le forze armate dell’Armenia sono dispiegate nei territori occupati dell’Azerbaigian, la cui linea di contatto tra le truppe dell’Azerbaigian e dell’Armenia passa attraverso i territori occupati dell’Azerbaigian”.
L’affondo sulle responsabilità armene da parte dell’Ambasciatore azero, è proseguito con la denuncia dell’opera di pulizia etnica contro i cittadini azeri: “L’Armenia ha effettuato una pulizia etnica contro tutti gli azeri sia nel territorio dell’Armenia, che nei territori occupati dell’Azerbaigain. Durante il conflitto sono stati espulsi 250.000 azerbaigiani dall’Armenia, 50.000 dalla regione azerbaigiana del Nagorno-Karabakh e 750.000 azerbaigaini dai distretti circostanti. Nel corso delle operazioni militari, le forze armate dell’Armenia hanno commesso numerosi crimini di guerra contro la popolazione civile azerbaigiana e il genocidio di Khojaly. L’Armenia – prosegue la lettera dell’Ambasciatore – ha distrutto il patrimonio storico e culturale dell’Azerbaigian nei territori occupati. Non è un caso che la città di Agdam, uno di sette distretti adiacenti occupati, un tempo il più importante centro economico e culturale della regione, sia definita oggi come l’Hiroshima del Caucaso”.
Per l’Ambasciatore, ancora, l’Armenia svolgerebbe “attività illegali nei territori occupati, compreso l’insediamento illegale di armeni da altri Paesi, lo sfruttamento illegale delle risorse naturali della regione, la promozione di visite illegali di stranieri nella regione, la coltivazione e il contrabbando di stupefacenti”.
Ancora più interessante, per gli analisti geopolitici, l’escursus storico-politico sugli ultimi 30 anni di conflitto, ripercorsi dall’Ambasciatore Ahmadzada.
“L’Armenia presenta il conflitto come uno scontro etnico tra la minoranza armena, cioè gli armeni della regione del Nagorno Karabakh, e lo stato dell’Azerbaigian. Tuttavia, al centro del conflitto, iniziato nel febbraio 1988 per la separazione della Provincia Autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) dall’Azerbaigian e l’unificazione all’Armenia, c’era e continua ad esserci l’idea del miatsum (in armeno – riunificazione) ciò che ha portato all’adozione nel 1989 della risoluzione del Soviet Supremo della Repubblica Sovietica Socialista (RSS) dell’Armena sulla “riunificazione della RSS dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh”, che contraddiceva la Costituzione dell’URSS. E dopo il crollo dell’URSS, cercando di evitare accuse di violazione dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian, l’Armenia ha iniziato a parlare di “autodeterminazione del popolo del Nagorno Karabakh”, occupando militarmente il Nagorno Karabakh, espellendo tutti gli azerbaigiani e installando un regime fantoccio nei territori occupati dell’Azerbaigian, la cosiddetta “repubblica del Nagorno Karabakh”, non riconosciuta da nessun Paese del mondo, inclusa la stessa Armenia. E’ evidente che questo scontro non ha nulla a che fare con l’autodeterminazione e si basa sull’obiettivo dell’Armenia di annettere i territori dell’Azerbaigian”.
Il diritto all’autodeterminazione del popolo armeno nel Nagorno-Karabakh, rappresenterebbe, per l’Ambasciatore azero, un diritto privo di fondamento: “Esigere la costituzione di un secondo Stato armeno nel territorio dell’Azerbaigian è tanto illogico, quanto sarebbe illogico, da parte degli armeni sparsi per i vari Paesi del mondo, esigere un domani la costituzione di un nuovo Stato armeno in uno di quei Paesi. Non esiste un concetto di popolo del Nagorno Karabakh. Il Nagorno Karabakh ha una comunità armena, che attualmente vi risiede, e una comunità azerbaigiana, oggetto di pulizia etnica ed espulsa con forza da parte dell’Armenia. La richiesta della parte armena del diritto all’autodeterminazione per gli armeni del Nagorno Karabakh, successivamente reinsediati in questo territorio a spese dell’espulsione degli azerbaigiani, abitanti originari della regione, è insensata, e rivela la vera natura della politica di aggressione dell’Armenia”.
Criticità, per l’Ambasciatore Mammad Ahmadzada, acutizzate dall’atteggiamento dello Stato armeno che ignorando 4 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite “cerca di imporre il fait accompli nei territori occupati e richiedere lo status di ‘indipendenza’ del Nagorno Karabakh, in cambio del ritiro delle sue truppe da una parte dei territori occupati”. Condizione, che costituirebbe per il rappresentante diplomatico in Italia, una “offesa allo stesso diritto internazionale, è un’ammissione da parte dell’Armenia della sua aggressione contro l’Azerbaigian. Allo stesso tempo, evidenziando questioni tecniche, quali l’espansione delle capacità di monitoraggio dell’OSCE, l’obiettivo dell’Armenia è evitare colloqui volti a risolvere il conflitto e perpetuare lo status quo”.
“L’Armenia – per Mammad Ahmadzada – deve capire che nel XXI secolo è inaccettabile che i confini degli stati vengano modificati con l’uso della forza e che il regime fantoccio creato nei territori occupati dell’Azerbaigian rimarrà sempre un’entità illegale, risultato dell’aggressione e della discriminazione razziale. Per cui, se l’Armenia veramente fosse interessata alla soluzione negoziale del conflitto, dovrebbe abbandonare posizioni massimaliste, cioè o “status indipendente” o “conservazione dello status quo” e accettare l’opzione di risoluzione “fase per fase”. Solo nel caso in cui l’Armenia accettasse l’opzione di risoluzione “fase per fase”, iniziando dal ritiro delle sue truppe dai territori occupati dell’Azerbaigian, potremmo vedere che è pronta per la pace. Questa è la richiesta che tutta la Comunità Internazionale deve avanzare all’Armenia, se vuole credere alla veridicità dei messaggi di pace della stessa”.
“Il comportamento delle attuali autorità dell’Armenia, fino ad oggi, ha evidenziato che le stesse non hanno fatto tesoro del passato e hanno continuato le politiche dei predecessori, che hanno portato all’isolamento di questo Paese nei processi regionali e al suo sprofondare in difficoltà socio-economiche. Il popolo armeno deve capire che, indipendentemente da chi è al potere in Armenia, ci sono solo due scelte per questo paese: la pace duratura, l’integrazione nei processi regionali, lo sviluppo e un futuro promettente, con il ritiro innanzi tutto dell’esercito dell’Armenia dai territori azerbaigiani occupati, o la tensione costante, l’isolamento, la povertà e lo spopolamento, mantenendo lo status quo. In ogni caso la soluzione del conflitto passa solo dal ripristino dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian, e non esiste altra soluzione”, ha concluso l’Ambasciatore Mammad Ahmadzada.