Multinazionali in Ue. 996 miliardi trasferiti in paradisi fiscali.

Circa 140 stati tra cui i Paesi membri dell’Unione europea hanno adottato la proposta dell’Ocse di introdurre un’aliquota minima al 15% per tutte le multinazionali. In Ue, come ricordato da Fondazione Openpolis, i singoli stati hanno dovuto tradurla nella propria legislazione nazionale.

Oltre a generare immensi guadagni alle imprese stesse infatti l’elusione fiscale causa una perdita importante. Non soltanto per i Paesi che tassano più severamente, ma anche per la collettività in generale, che ne perde in diritti sociali e servizi pubblici. Una perdita che globalmente ammonta al 10% del gettito sulle imprese totale, ma che in Europa arriva all’incirca al 20%. È quanto emerge dall’ultimo global tax evasion report dell’Eu tax observatory.

Le aziende multinazionali godono infatti di guadagni molto elevati e, per via della loro presenza in più Paesi, riescono molto più agilmente rispetto alle medie e piccole imprese a sfuggire ai regimi fiscali più rigidi per trasferire i propri profitti altrove.

Essendo presenti in più Paesi, le multinazionali riescono con relativa facilità a “spostare” i loro profitti da uno stato all’altro, a seconda di dove risulti più conveniente.

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L’Eu tax observatory ha individuato a questo proposito un indicatore specifico, global corporate profit shifting, con cui indica il trasferimento, da parte delle multinazionali, di profitti esteri (ovvero i profitti realizzati in paesi diversi rispetto a quello della loro sede) in Paesi con un regime di tassazione più conveniente. Ovvero quelli che sono comunemente noti come paradisi fiscali. A livello globale, oltre un terzo di questi profitti esteri sono migrati verso paesi in cui le aziende godono di aliquote più basse. Circa 996 miliardi di dollari, ovvero il 6% di tutti i profitti delle multinazionali.

Il fenomeno del trasferimento dei profitti esteri ha numerosi effetti sull’economia, tra cui anche quello di ridurre fortemente la profittabilità delle aziende estere in Paesi con tassazione elevata, come per esempio l’Italia. Massimizzandola invece nei paradisi fiscali. In questo modo, crea competizione globale a livello di tasse. Infatti, la concorrenza spinge i Paesi ad abbassare le aliquote per mantenere un’attrattività: una vera e propria corsa al ribasso (race to the bottom). Questo però non va assunto come un semplice dato di fatto: la competizione fiscale globale ha infatti numerose esternalità negative.

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Non soltanto quindi riduce l’attrattività di Paesi con aliquote fiscali elevate, ma aumenta i divari socio-economici, permettendo ai più ricchi di arricchirsi ulteriormente. Anche se alcuni paradisi fiscali possono beneficiare dei propri regimi di tassazione, globalmente c’è una forte perdita, e parallelamente una concentrazione di capitale nelle mani di pochi individui. A livello nazionale, la perdita si vede soprattutto nei paesi con le aliquote sulle imprese più elevate: vediamo i dati a livello europeo.

La Germania è il Paese Ue che riporta le perdite più ingenti, pari a oltre un quarto di tutto il gettito fiscale sulle imprese. Seguono l’Ungheria e la Lettonia con quote superiori al 20%. L’Italia è settima con il 12,9%. Mentre agli ultimi posti si trovano alcuni Paesi dell’Europa centrale (Repubblica Ceca e Slovacchia) e orientale (Polonia), con perdite inferiori al 7%.

Ovviamente l’altra faccia della medaglia è che i Paesi con regimi fiscali favorevoli ottengono ingenti profitti. In Europa, particolare è il caso dell’Irlanda, che dal 2015 a oggi ha visto una crescita esponenziale delle entrate provenienti dalle aziende, nel 2022 circa 4.500 euro pro capite. Ovvero quasi 5 volte il valore registrato da Germania e Francia, e per il 90% attribuibile a imprese straniere. Nel continente europeo le principali destinazioni di profitti delle multinazionali sono stati i Paesi Bassi (con quasi 180 miliardi di dollari nel 2020) e la già citata Irlanda (140 miliardi).

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L’aliquota minima sui profitti delle multinazionali ha come obiettivo quello di ridurre questi squilibri economici, per contenere la competizione fiscale internazionale e prevenire un progressivo inasprimento delle disuguaglianze. Questo è di particolare interesse per l’Europa che, insieme ai Paesi in via di sviluppo, è l’area più colpita del mondo dall’elusione fiscale delle grandi aziende. L’Eu tax osbervatory stima che se a livello globale il 10% del gettito viene perso, in Europa la quota sale circa al 20%.

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