Mulini di pietra e grani antichi, Corrao: “Normativa italiana ne impedisce lo sviluppo”.

Nonostante la molitura “a pietra” sia da tutti considerata una prassi tradizionale per la produzione di semola, garantendo peraltro la presenza delle più importanti qualità organolettiche del seme, della quale il Sud Italia è il principale “custode” con alcune migliaia di mulini a pietra attivi, il decreto del Presidente della Repubblica 187/2001 e la legge 580 del 4 luglio 1967, impediscono di fatto di definire come semola il prodotto lavorato a pietra, poiché non possiede il requisito dello spigollo vivo.

Una condizione di fatto che pone una pietra tombale allo sviluppo del settore per l’eurodeputato Ignazio Corrao: “Tale norma non assicura la salubrità del prodotto ma, essendo oggetto di controlli da parte delle autorità alimentari tenute ad applicare la legge, di fatto impedisce senza alcun motivo di lavorare il grano duro e di vendere il prodotto “semola”. Così facendo, spinge fuori mercato il settore dei mulini a pietra e danneggia quello dei grani antichi, entrambi in pieno sviluppo nel Sud Italia”.

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In risposta all’interrogazione del deputato del gruppo dei Verdi/ALE, il commissario Janusz Wojciechowski, ha ricordato che la legislazione dell’Unione in materia di regimi di qualità tutela prodotti e procedimenti specifici al fine di promuoverne le caratteristiche eccezionali legate all’origine geografica e alle conoscenze tradizionali: “La Commissione – ha dichiarato l’esponente della Commissione von der Leyen – non è al corrente del fatto che la legislazione italiana impedisce al prodotto ottenuto mediante molitura a pietra di recare la denominazione di “semola” ed essere così immesso sul mercato. Non esistono norme relative alla commercializzazione a livello unionale per quanto riguarda le caratteristiche fisiche e
chimiche delle farine e non esistono indicazioni relative al fatto che la legislazione nazionale in questione richieda, incoraggi o promuova accordi anticompetitivi fra imprese né che abbia delegato a operatori economici privati la responsabilità di adottare decisioni che incidono sulla sfera economica in violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE), in combinato disposto con l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)”.

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Non vi sarebbero, ancora, indicazioni del fatto che tale legislazione si traduca nell’abuso o nel rafforzamento di una posizione dominante di una data impresa, in violazione dell’articolo 102, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE o l’articolo 106, TFUE. “La misura non sembra pertanto sollevare questioni connesse al diritto della concorrenza e – prosegue – per quanto riguarda azioni specifiche relative alla tutela e alla promozione dei mulini a pietra
e dei grani antichi, la promozione di tali attività è di competenza degli Stati membri”.

foto Karl Oss Von Iya da Pixabay