MES, Eurobond e la responsabilità dell’UE.

Mes, Eurobond, solidarietà nell’Unione Europea e le ‘cattiverie’ degli Stati del Nord Europa. Proviamo a fare un po’ d’ordine. Sorvolando sulla polarizzazione politica del momento e la complessità della materia (anche per gli stessi operatori dell’informazione) che portano il cittadino ad avere una cognizione del contesto parziale, se non da vera e propria ‘discussione da bar’, è essenziale fare un passo indietro per capire l’attuale ‘diatriba’ tra Stati europei…anzi bisogna fare un vero e proprio viaggio nel tempo. 

Nel lontano 1999 l’Italia cede la sovranità monetaria alla Banca Centrale Europea, perdendo il potere di gestire la politica monetaria del paese in modo autonomo. Alla gestione comune della politica monetaria, però, non fu affiancata anche la creazione di un’entità sovranazionale per la gestione comune della politica fiscale.

Con il fallimento della società Lehman Brothers nel 2008 esplose una crisi finanziaria a livello globale, la cosiddetta ‘Grande Recessione’, che in Europa si trasformò, dopo pochi mesi, in una crisi di finanza pubblica. In questo triste periodo l’Italia inizia a perdere il controllo della propria politica fiscale con la crisi del debito pubblico (insieme a quello della Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia, Cipro e Slovenia) a causa del quale venne adottato un piano di salvataggio finanziario (erogato dalla cosiddetta troika) per scongiurare il rischio di insolvenza sovrana (il famoso default) con effetti che si rivelarono tuttavia ulteriormente recessivi per l’economia reale del nostro Paese. Un Piano subordinato all’accettazione di misure di politica di bilancio restrittive sui conti pubblici (austerity) basate su riduzioni di spesa pubblica e aumenti delle imposte.

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BCE FrancoforteProprio in questo periodo, per rispondere alla crisi della politica fiscale di alcuni Stati, nasce l’idea degli Eurobond, un ipotetico meccanismo solidale di distribuzione del debito a livello europeo attraverso la creazione di obbligazioni del debito pubblico dei Paesi facenti parte dell’eurozona, da emettersi a cura di un’apposita agenzia dell’Unione europea. In poche parole gli Eurobond avrebbero trasferito il potere di politica fiscale dei Paesi europei a una entità sovranazionale europea e tutti gli stati avrebbero avuto accesso al mercato finanziario con tassi d’interesse più bassi, aiutandoli a finanziarsi e superare la crisi. 

Un progetto che non decollò poichè i paesi più “virtuosi” (tra cui la Germania) avrebbero dovuto accollarsi un onere aggiuntivo, in termini di costo del debito, a favore dei paesi meno virtuosi, favorendo con la protezione offerta dagli Eurobond il cosiddetto ‘azzardo morale’, finendo per incentivare, in generale, politiche fiscali e di bilancio ancor meno rigorose, esacerbando la discrasia tra nazioni “rilassate” e nazioni “virtuose” e appesantendo l’onere sopportato da queste ultime.

Per rendere meglio l’idea della diffidenza degli Stati virtuosi verso gli Eurobond, affittereste un locale commerciale a un imprenditore con 3 fallimenti alle spalle? 

Proseguendo, nel 2012 contrariamente all’idea che il MES (detto anche Fondo salva-Stati) sia un’imposizione calata repentinamente dall’alto nelle ultime due settimane, con Legge 23 luglio 2012 n. 116 il Parlamento italiano ratificò il Trattato che istituì il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) redatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012. Il via libera alla ratifica avvenne con 325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti. Tutti i 168 deputati del Partito democratico votarono a favore, così come 83 parlamentari del Popolo della libertà, 30 dell’Unione di Centro e 14 di Futuro e libertà. La Lega fu l’unica a votare contro, insieme a due voti ribelli all’interno del Pdl. Il giorno della votazione, la futura leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’epoca deputata del Popolo della libertà, era invece assente…

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Si venne così a creare una situazione di stallo tra Paesi del Nord e del Sud Europa, fino a quando la Banca Centrale Europea nel 2015 annuncio di utilizzare il Quantitative Easing per acquistare titoli di debito pubblico e privato per superare la crisi finanziaria di alcuni Paesi Europei. 

La storia riprende nel 2020, ormai noto come l’anno del Coronavirus…e del ripescaggio degli Eurobond come soluzione a tutti i mali di politica fiscale degli Stati europei. Una follia se si pensa ai tempi d’emergenza per i quali sono stati richiesti. Gli Eurobond, infatti, sono irrealizzabili come soluzione di breve e medio termine, poichè la loro introduzione potrebbe richiedere una riforma dei Trattati europei e dei compiti statutari che incombono sulla Banca Centrale Europea e, in particolare, la revisione della ‘clausola di non assistenza’ contenuta dell’articolo 125 del Trattato di Lisbona.

All’interno del processo, andrebbero inoltre considerati i tempi necessari per l’adeguamento delle varie legislazioni nazionali in tema di politica fiscale e di bilancio a più restrittive condizioni di uniformità, qualora questo fosse esplicitamente richiesto da nazioni più “virtuose” come condizione per l’assenso alla creazione degli eurobond.

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Quindi, anche qualora si raggiungesse il consenso, la modifica dei trattati costitutivi richiederebbe l’innesco di una procedura complessa, che non potrebbe dispiegarsi in tempi brevi. Possiamo immaginare imprese e lavoratori attendere per così troppo tempo? Difficile un’attesa del genere anche in un Paese dove i leader dell’opposizione smaniano per riaprire le chiese per Pasqua in piena emergenza sanitaria…

Finite le riflessioni, la conclusione non può che essere dedicata alla causa che ha portato l’Italia a questo punto… e non è certo il Coronavirus! In primo luogo i limiti degli Stati europei nel non essere riusciti a trovare un accordo per gestire la politica fiscale unitaria nell’area euro. Ma la causa più grave, focalizzandoci per un momento solo sull’Italia, è da attribuirsi alla scellerata gamma di politiche realizzate negli ultimi 10 anni. Un Paese dove le responsabilità politiche non esistono. Un Paese dove il debito pubblico è riuscito ad aumentare (dati Eurostat rapporto debito pubblico/Pil 134,8 per cento, secondo dato peggiore dell’Ue) a fronte di una crescita ridicola e con le solite mance elettorali elargite ad ogni livello (comunale, regionale e nazionale) sotto forma di sussidi, cantieri comunali, reddito di cittadinanza, Quota 100, ecc. Tutte risorse sacrificate a danno di chi produce nel nostro Paese, visto purtroppo come il vero nemico…oltre la Germania, naturalmente!

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