Media literacy e cyberbullismo, al via la 9a edizione di “Una vita da social”.

Riparte da oggi il Tour sul cyberbullismo e i social media della campagna educativa della Polizia di Stato “Una vita da social”. Un viaggio che toccherà 73 tappe sul territorio nazionale per sensibilizzare i giovani sui rischi e pericoli della rete, dove 1 minore su 2 è vittima di violenze, nonché prevenire episodi di violenza, vessazione, diffamazione, molestie online, attraverso un’opera di responsabilizzazione in merito all’uso della “parola”.

A bordo di un truck allestito con un’aula didattica multimediale, gli operatori della Polizia Postale incontreranno, quindi, studenti, genitori e insegnanti. Un’attività, giunta alla nona edizione che negli anni ha permesso di coinvolgere 2 milioni e mezzo di studenti sia nelle piazze che nelle scuole, 220.000 genitori125.000 insegnanti per un totale di 18.500 Istituti scolastici, 350 città. Un successo confermato anche dai numeri di engagement sulla pagina facebook (132.000 like) e dai circa 12 milioni di utenti mensili registrati dalla Polizia di Stato.

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Una emergenza sempre più sentita nel Paese, dove aumentano i giovanissimi a rischio solitudine che per ore su Internet incontrano altri internauti altrettanto solitari che, a volte, sono già stati contagiati dai “pericoli del web”. Il fascino della rete e la sottile suggestione del messaggio virtuale, così come l’idea di sentirsi “anonimi”, nonché il senso di deresponsabilizzazione rispetto ai comportamenti tenuti online.

Dalla ricerca effettuata da Skuola.net per “Una Vita da Social”, però, emergono anche altri fattori interessanti che spesso i Millennials e la Gen Z tengono ben segreti. Emerge infatti che 1 ragazzo su 3, sul proprio social di riferimento, possiede un account falso. Perché questa identità anonima? Principalmente per conoscere gente nuova senza esporsi troppo online (26%), oppure per controllare i propri amici senza che loro lo sappiano (21%) nonché per controllare tutti quelli da cui sono stati bloccati (20%). Non manca chi ricorre ai fake per controllare il proprio partner (10%) o chi cerca di sfuggire dal controllo dei propri genitori (il 4%).

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Non manca tuttavia uno zoccolo duro, neanche così piccolo, che vive per i like. Per 1 su 3, infatti, un contenuto che genera poche interazioni ha un effetto negativo sull’umore. Mentre il 40%, più o meno sporadicamente, è disposto a cancellare un contenuto dalle scarse performance. Su una cosa, invece, i giovani sono in assoluto accordo: il controllo di chi commenta, condivide o clicca mi piace sui propri contenuti. Solo 1 su 6 dichiara di non farlo mai. Questo perché attraverso la guerra dei like si costruiscono amicizie e rapporti personali: solo il 56% è disposto a dare un giudizio positivo ad un contenuto postato da una persona che in genere non ricambia (il cosiddetto like4like). Mentre sono ancora meno (48%) quelli che non ricorrono mai al like tattico, ovvero ad una approvazione di un contenuto altrui col solo scopo di farsi notare.

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