Lussemburgo, dove l’impresa sociale prospera accanto all’alta finanza.
Il Lussemburgo è rinomato per essere un paradiso fiscale che attrae banche e multinazionali di tutto il mondo. Ai piedi dei moderni palazzi dell’alta finanza internazionale opera tuttavia un tessuto di imprese sociali e organizzazioni no profit che fanno del piccolo Granducato un esempio virtuoso di collaborazione tra imprese profit e terzo settore. Un esempio che è stato in questi giorni oggetto di una visita di studio a cui hanno preso parte l’associazione sarda TDM 2000 e altre organizzazioni provenienti da Bulgaria, Cipro, Estonia e Lussemburgo.
La visita si è svolta nell’ambito del progetto internazionale “SEYW – The added value of Social Entrepreneurship in Youth Work” realizzato dalla TDM 2000 allo scopo di promuovere e diffondere la conoscenza del settore dell’imprenditoria sociale con particolare riferimento al mondo giovanile. Nel corso della visita, conclusasi ieri, la TDM 2000 e le organizzazioni partner di progetto hanno affrontato un intenso ciclo di incontri con imprese sociali di varia natura attive in Lussemburgo. Ne è emerso un quadro estremamente variegato fatto di organizzazioni che declinano l’imprenditoria sociale secondo differenti criteri.
Numerosi i casi di economia circolare e di promozione dell’inclusione attraverso le tecnologie. Negli ultimi decenni il Lussemburgo ha conosciuto un’intensa ondata migratoria e la nuove tecnologie rappresentano uno strumento importante di inclusione in un paese nel quale si parlano tra lingue ufficiali (francese, lussemburghese e tedesco). In tale ambito è particolarmente attiva l’associazione “digital inclusion” che sostiene l’alfabetizzazione informatica dei migranti, in particolar modo eritrei, attraverso corsi e distribuzione di computer usati. Non si parla tuttavia di rimasugli di cantina ma di macchinari spesso di ultima generazione dismessi poiché, a causa dell’altissimo tenore di vita (un dipendente MacDonald’s guadagna 2000 euro), le persone cambiano il loro pc più volte l’anno.
Numerosi poi i casi di imprese che creano nuovi oggetti dal riciclo di prodotti usati proponendo, da un lato, uno stile di vita attento alle tematiche ambientali, dall’altro prodotti dall’alto potenziale d’attrattiva, in particolar modo nel settore moda. Infine il filone della responsabilità sociale che vede in Lussemburgo una collaborazione serrata tra multinazionali e organizzazioni del terzo settore fatta di interventi su tematiche ambientali, lotta alle discriminazioni, inclusione sociale. Un meeting quindi proficuo di scoperta di una realtà per certi versi imprevista nella quale grande finanza e terzo settore convivono e prosperano, non di rado in maniera sinergica.