L’impatto del Covid-19 sul programma Erasmus+ e Corpo europeo di solidarietà.

Quali sono le ripercussioni della crisi sui 170mila giovani coinvolti nell’Erasmus+ e nel Corpo europeo di solidarietà? Cosa può fare l’UE per sostenerli? E’ stato tempestivo il supporto delle Agenzie Nazionali nella fase della pandemia?

Domande che trovano una difficile risposta e una sola certezza: l’emergenza coronavirus ha colpito duramente i giovani e tutto il settore della mobilità internazionale, rappresentato da numerose organizzazioni giovanili che, con sacrificio e costanza, promuovono lo sviluppo delle competenze trasversali, linguistiche e digitali dei giovani. Anche laddove gli Stati membri, attraverso le rispettive diramazioni periferiche, non arrivano. 

Al momento, secondo le stime ufficiali provenienti dalle istituzioni europee, sono circa 165mila i giovani impegnati nei programmi Erasmus+ e 5mila i giovani coinvolti in progetti di volontariato. In particolare, con la pandemia circa il 25% degli scambi di studio è stato cancellato, il 37,5% degli studenti ha affrontato almeno una difficoltà grave legata allo scambio come l’impossibilità di ritornare nella propria nazione. Ancora, non sono state identificate misure ad hoc a tutela degli operatori giovanili e dei facilitatori specializzati in politiche giovanili e nell’educazione non formale. 

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Una mancanza di attenzione e sensibilità da parte delle istituzioni europee e nazionali, che sta portando all’epilogo le numerose organizzazioni giovanili sparse in Europa che, ricordiamolo, realizzano i programmi di mobilità per i giovani nei territori. Senza la costante opera delle organizzazioni giovanili, tali programmi resterebbero solo sulla carta di qualche “libro bianco sulla gioventù”. 

Criticità che si sommano alle recenti interrogazioni di alcuni eurodeputati che hanno lamentato anche l’autoreferenzialità dei programmi di mobilità europei.

Una crisi della mobilità internazionale dei giovani affrontata con poca accuratezza anche per la commissione Cultura del Parlamento europeo, come formalizzato nella lettera inviata alla Commissaria per i giovani e l’istruzione Mariya Gabriel, lo scorso 15 aprile.

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In quella occasione la stessa presidente della commissione Cultura, Sabine Verheyen, dichiarò che “abbiamo il dovere di assicurarci che coloro che si sono iscritti ai nostri programmi ricevano l’aiuto e il supporto di cui hanno bisogno”.

Difficoltà che permangono: la stessa azione della Commissione, al momento, si è limitata alla posticipazione delle attività in programma per un periodo di 12 mesi e a suggerire, alle autorità nazionali responsabili per la gestione dei programmi europei, di invocare cause di forza maggiore per valutare l’approvazione di costi aggiuntivi legati al Covid-19, fino all’importo massimo dei finanziamenti del progetto. 

Insomma, una risposta timida e poco coerente con le dichiarazioni sull’importanza dei giovani rilasciate dalle istituzioni, con cadenza quasi quotidiana. Un’eurozona che, in mancanza di sensibilità per le politiche giovanili, tornerà ad essere solo un ‘Vecchio Continente’.

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