Letta: “Giovani importanti” ma in Sardegna i candidati PD non rispondono.

“Quella del primo lavoro per i giovani è la principale questione da affrontare. Alla fine della legislatura vorrei che si passasse da un’età media di 30 a 24. Se raggiungeremo questo obiettivo sarà una rivoluzione, consentiremo ai giovani di essere il motore del Paese”. A dichiararlo, ieri, il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, intervenuto così per l’ennesima volta sul tema della gioventù.

“I sondaggi – ha proseguito Letta – dicono che il 40% degli elettori non ha ancora deciso se votare e per chi, in particolare i giovani. Ora parleremo molto agli indecisi e ai giovani: ci attendono le tre settimane delle sorprese, e la sorpresa saremo noi. Questa è la mia grande speranza”.

Una nuova dichiarazione (l’ennesima di Letta) espressa con la speranza di intercettare il voto del sempre più disinteressato elettorato giovanile…ma a ben poco, per lo meno in Sardegna, serviranno gli endorsement dei sondaggi su piccola scala per confermare l’idea del PD quale partito dei giovani.

Aperture programmatiche, infatti, che cozzano incontrovertibilmente, salvo qualche eccezione, con un certo snobbismo verso il settore della gioventù espresso dai candidati/e del PD nell’Isola, come confermato dalle “non risposte” pervenute sul tema della gioventù in Sardegna.

Enrico come si sentirebbe di valutare tale disinteresse da parte della sua squadra nell’Isola? Sono veramente importanti per il Partito Democratico i ragazzi e le ragazze di tutta l’Italia? Quali interventi legislativi per i giovani sardi porteranno in Parlamento i candidati/e del PD in Sardegna?

Domande, con molta probabilità, che resteranno senza alcuna risposta. Chissà, forse per mancanza di sensibilità, di competenza o semplicemente perché “i concitati” tempi della campagna elettorale non permettono uscite stampa diverse dagli autoreferenziali “comunicati del nulla”.

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Ai vari Silvio Lai, Romina Mura, Marco Meloni, Gavino Manca, Maria Del Zompo, Andrea Frailis e Francesco Lilliu, pertanto, ricordiamo la batteria di domande della nostra redazione, con la speranza che tale occasione non vada sprecata dal “partito dei giovani”.

Le domande che attendono le “non risposte” dei candidati e candidate PD.

Secondo le ultime stime del Servizio Ricerca del Parlamento europeo in Europa le regioni con la quota più bassa di bambini e giovani si trovano nella Germania orientale, Spagna e Italia. Nel nostro Paese la Sardegna risulta essere in cima alla classifica con un pallido 25,2% di presenza giovanile. Fatta questa premessa quali interventi vorrebbe proporre in Parlamento per contrastare il declino demografico nell’isola?

Dispersione e abbandono scolastico. In Sardegna oltre 1 ragazzo/a su 10 lascia gli studi prima della fine del percorso scolastico e più di un/una giovane su 4, (circa il 26,1%), vive nella condizione di Neet, ovvero non studia, non lavora e non partecipa ad alcuna attività di formazione. Anche qui su quali proposte di legge punterebbe in caso di elezione in Parlamento?

Gli interventi Ministeriali, regionali e locali per i giovani, oltre ad essere sostenuti con budget eufemisticamente parlando irrisori sono uniti dal minimo comune denominatore dell’assenza del più elementare principio di programmazione partecipata con i giovani. Nel caso fosse eletto/a porterebbe in Parlamento una proposta di legge con l’obiettivo di introdurre l’obbligo di  coinvolgimento di giovani e organizzazioni giovanili nella pianificazione degli interventi pubblici nel settore della gioventù?

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Si parla spesso di sostegno all’imprenditoria giovanile salvo poi rilevare la difficoltà di superare la scarsa accessibilità dei cosiddetti contributi “a fondo perduto” per i giovani talenti privi di risorse proprie. Una realtà, come confermato dalle poche domande finanziate dalle amministrazioni locali, che di fatto tarpa le ali alla creatività e allargamento della base imprenditoriale giovanile. Quale intervento legislativo si sentirebbe di proporre per sostenere l’avviamento di impresa per i/le giovani sardi/e privi di garanti o capitali?

Lo sviluppo delle politiche giovanili di un Paese passa anche per l’innovazione e il dialogo con le organizzazioni giovanili del territorio. In Sardegna, come ricordato dall’ultima legge quadro sulle politiche giovanili, la n.11 del 15 aprile 1999, si è creato di fatto un gap importante sia in termini di innovatività delle azioni che di confronto con le buone pratiche del settore. Quale intervento legislativo, fatte salve le prerogative regionali, si sentirebbe di proporre in Parlamento per sostenere l’innovazione e il dialogo nel settore?

Una piccola domanda per testare il suo grado di conoscenza sulle proposte di legge per i/le giovani sardi/e promosse nel corso dell’ultima legislatura regionale. Cosa è stato o non è stato fatto? 

La mobilità internazionale dei giovani, come dimostrato dai programmi europei più fortunati (in primis l’Erasmus+), rappresenta una opportunità decisamente sostenibile per giovani e famiglie, essendo i costi totalmente a carico delle organizzazioni beneficiarie dei contributi UE. In Sardegna il grosso delle risorse per la mobilità internazionale ogni anno viene distribuito alle Università di Cagliari e Sassari, precludendo, di fatto, qualsiasi opportunità di mobilità per i giovani esclusi dal circuito universitario. Anche qui, fermo restando la competenza regionale, quale intervento di legge vorrebbe proporre per sostenere la mobilità internazionale dei giovani sardi/e, laddove risulti eletto/a in Parlamento?

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Nel settore della formazione regionale capita di assistere a interventi di scarso impatto per i/le giovani sardi/e nonostante i copiosi finanziamenti garantiti da Regione, Stato e Unione. Secondo lei sarebbe auspicabile un intervento di legge capace di introdurre un sistema di monitoraggio della spesa e dei risultati formativi maggiormente efficace? 

Sugli interventi a contrasto della devianza giovanile i partiti, recentemente, hanno proposto diverse soluzioni. Conoscendo il contesto sardo da quale elemento deve partire una proposta di legge applicabile e di impatto?

Per 3 elettori over55 vi è un votante under35. Nonostante questi numeri nell’agenda politica degli ultimi Governi l’attenzione verso i giovani è stata incontrovertibilmente assente. Perché un/una giovane dovrebbe andare a votare e, nella fattispecie, esprimere la propria preferenza per lei?

Mancano 24 giorni all’election day e il sentiment attuale dice che un giovane su 4 nell’Isola non andrà a votare. In questa occasione cosa si sente di dire al 75% dei potenziali astenuti under35 in Sardegna per esortarli a recarsi alle urne?