Lavoro giovanile nell’Ue27: In Italia e Spagna i dati peggiori.
L’impatto della pandemia sul mercato del lavoro, rilevato recentemente dall’Istat, è stato rilevante sia sotto l’aspetto quantitativo (-724mila occupati rispetto all’anno precedente) sia qualitativo, per l’esacerbarsi delle diseguaglianze a sfavore di segmenti di popolazione vulnerabili già alla vigilia dell’emergenza sanitaria.
Nel 2020 la crisi ha colpito soprattutto le componenti meno tutelate del mercato del lavoro: il 55,5% della caduta occupazionale ha riguardato i lavoratori dipendenti a termine (-402mila rispetto al 2019) e gli indipendenti (-233mila), mentre tra gli occupati a tempo indeterminato il calo non ha superato le 90mila unità.
Nell’Ue27 gli occupati fra i 15 e i 64 anni sono scesi di oltre 3,5 milioni nel 2020 (-1,8% rispetto al 2019). Tra i Paesi europei l’Italia ha subito la caduta dell’occupazione maggiore dopo la Grecia (-5,1%) e la Bulgaria (-3,6%), in linea con Spagna e Irlanda (-3,1%), mentre in Francia la diminuzione su base annua è stata dello 0,5%.
Anche la ripresa osservata nel 2021 in media Ue27 (+1,5%) ha visto il nostro Paese relativamente più penalizzato rispetto alle altre grandi economie dell’area. La fase di incertezza di inizio 2021 ha infatti frenato la risalita dell’occupazione (poi riavviatasi nei mesi successivi), determinando in media d’anno una crescita degli occupati di 15-64 anni intorno allo 0,6% rispetto al 2,8% della Spagna, all’1,6% della Francia e all’1,3% della Germania.
Tali dinamiche hanno determinato un ulteriore ampliamento del divario dell’Italia rispetto alla media Ue27 per i principali indicatori del mercato del lavoro. Il tasso di occupazione dei 15-64enni, già inferiore di 9,1 punti percentuali nel 2019 nonostante i progressi registrati dal 2014, si è attestato al 58,2%, circa 10,2 punti percentuali in meno della media europea.
Il costo pagato dalle donne è stato più elevato in Italia che nel resto d’Europa. Le occupate sono diminuite di circa 376mila unità nel 2020 (-3,8% rispetto al 2019), a fronte di un impatto di genere mediamente più omogeneo nelle principali economie dell’Ue27. Nel 2021, nonostante una ripresa più favorevole per le donne, il tasso di occupazione femminile non ha ancora recuperato, in media d’anno, i livelli del 2019, rimanendo sotto la soglia del 50% (49,4%).
L’altro segmento particolarmente colpito dalla pandemia è stato quello dei giovani: nella media Ue27 si è registrato un calo di occupati sotto i 25 anni quasi tre volte superiore rispetto ai 25-54enni (-6,1% contro -2,3%), con Italia e Spagna che si distinguono per le perdite più marcate (-9,6% e -14,9%).
Nel 2021, la ripresa dell’occupazione giovanile ha riguardato anche l’Italia, pur con un’intensità inferiore (+5,5%) rispetto a Francia (+12,5%) e Spagna (+12,6%). Il tasso di occupazione dei 15-24enni – già il più basso fra le principali economie dell’Ue27 – è cresciuto in Italia di solo 0,9 punti percentuali (+3,3 punti in Francia), rimanendo ancora circa un punto sotto il valore del 2019.
Anche nel biennio 2020-21 si conferma il ruolo protettivo svolto da un più alto livello di istruzione. In Italia, nel 2020, il tasso di occupazione dei laureati (81,7%) si è ridotto meno della metà (-0,7 punti) rispetto a chi ha un diploma secondario superiore (-1,8 p.p.) o la licenza media (-1,5 p.p.). Ancora più netti appaiono i vantaggi nel 2021: in media d’anno la quota di occupati laureati 15-64enni è cresciuta di 1,4 punti percentuali sul 2020 (da 81,7% a 83,1%), a fronte di un incremento di un solo decimo di punto (da 73,0 a 73,1%) per i diplomati.
I vantaggi occupazionali dell’accumulazione del capitale umano trovano conferma anche per i segmenti di popolazione più giovane. Nel 2021, in Italia, il tasso di occupazione dei 30-34enni con titolo di studio terziario è all’81,1%, rispetto al 68,4% dei diplomati e al 53,5% di chi non è andato oltre la licenza media. Anche in questo caso il premio più elevato riguarda le giovani laureate che risultano occupate nel 78,3% dei casi, contro il 53,7% delle coetanee con diploma secondario superiore.
Nell’Ue27 l’Italia mantiene un divario importante anche con riferimento alla possibilità di lavorare da remoto. La quota di occupati di 15-64 anni che affermano di aver svolto il proprio lavoro occasionalmente o abitualmente da casa è cresciuta dal 4,7% del 2019 al 13,6% del 2020. Ciononostante l’Italia resta sotto la media europea (20,6%).
Nel 2020 in Italia la quota di occupati che hanno lavorato da casa solo occasionalmente è rimasta molto bassa (da 1,1% a 1,4%). Questa componente è invece molto rilevante nella media dell’Ue27 (8,6%). Nel 2021, tuttavia, nel nostro Paese la ripresa delle attività economiche si è associata a un ridimensionamento del lavoro agile abituale e all’incremento di quello di natura meno frequente.