La disoccupazione giovanile alla luce della ripresa economica nel Sud Italia.
Il Sud Italia riprende la corsa verso la crescita economica ma nel Mezzogiorno sono circa un 1 milione e 8mila i giovani che non lavorano e non studiano. Lo evidenzia il rapporto della Confindustria-Srm “Qualità e efficacia del sistema formativo al Sud rimane uno dei fattori critici“ del mese di dicembre 2017.
Su oltre 1 milione e 800 mila giovani che non lavorano e non studiano e di questi quasi 800 mila non hanno alcun titolo di studio o al massimo la licenza elementare e media. Cosicché torna a ampliarsi il divario tra chi prende la residenza al Sud e chi la abbandona, con un saldo negativo di oltre 62 mila unità“ nell’ultimo anno.
Al Sud c’è la percentuale più alta di giovani che lasciano gli studi, la percentuale più elevata di ragazzi che a quattro anni dalla laurea stanno ancora alla ricerca di un lavoro, la quota più bassa di adulti con livello di istruzione elevata e di giovani con istruzione universitaria. E questi dati purtroppo sono indice di un disagio sociale ancora molto distante dal superamento. Nell’indice di progresso sociale, infatti, tutte le regioni meridionali sono nella parte bassa della classifica, penalizzate soprattutto dal parametro delle “opportunità”. Purtroppo, secondo l’Istat, da qui al 2066 circa 5 milioni di cittadini lasceranno il Sud, con conseguente invecchiamento dell’area.
Ma ci sono anche dati positivi, come quello relativo al turismo, che cresce di un punto e mezzo in più rispetto al Centro-Nord. Nel turismo “il 2016 ha visto crescere arrivi e presenze dei turisti (+4,3%, 1 punto e mezzo in più del Centro-Nord). Aumenta in particolare il cosiddetto “export turistico”, ovvero le presenze (+7,8%) e la spesa (+24%) dei turisti stranieri”. Diminuisce “seppur lentamente l’incidenza della povertà”, ma non “tra i 35 e 44 anni, fenomeno che segnala la crescente difficoltà di trovare lavoro per chi non è più giovanissimo ma è ancora lontano dall’età del pensionamento”. Mentre “la percentuale dei cittadini meridionali che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti della propria situazione economica è in crescita (+2%) ma resta pur sempre di 11 punti inferiore alla media nazionale”.
Il Sud, in sintesi, vive “condizioni di nuova normalità e di moderato miglioramento” ma che – evidenzia il rapporto di dicembre 2017 del tradizionale ‘check-up’ di Confindustria e Srm – “non sono ancora in grado di scalfire in profondità il disagio ancora presente in larga parte della società meridionale”. Gli investimenti “tornano a crescere, spinti da quelli privati, e soprattutto da quelli dell’industria in senso stretto, “un balzo in avanti davvero significativo (+40%)”. Si vede una “ripartenza” che è “soprattutto nelle mani delle imprese: il numero di quelle attive, nel terzo trimestre del 2017, è aumentato di circa 7mila unità (+0,4%) rispetto allo stesso periodo del 2016, dato da confrontare con il “contemporaneo calo nel resto del Paese (-0,1%)”.
Aumenta anche “il numero delle start up innovative (+31,1% nel secondo trimestre 2017). Nonostante questo la normativa legata alla costituzione dei imprese innovative risulta per certi versi farraginosa, come il requisito dell’obbligo di assumere un certo numero di dottori di ricerca in azienda (1/3 dei dipendenti) o l’obbligo di avere 2/3 dei soci o collaboratori con una laurea magistrale e, cosa ancora più importante, il divieto di distribuzione degli utili.
Nel Centro-Nord+22,4%) con un trend positivo che riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno”. Anche dall’export “un robusto contributo ai segnali di vitalità del sistema produttivo”. Sul fronte dell’occupazione “il 2017 si conferma un anno moderatamente positivo”. Tuttavia “pur essendo abbondantemente tornati sopra la soglia dei 6 milioni, gli occupati meridionali sono ancora 230 mila in meno rispetto al picco precrisi”.