La Commissione adotta 32 procedure d’infrazione.

Per aiutare i cittadini e le imprese a trarre pieno vantaggio dai vantaggi offerti dall’Unione europea e orientare l’azione degli Stati membri, oggi la Commissione europea ha avviato 32 nuove procedure di infrazione nei confronti di diversi Paesi Ue, rei, come spesso capita, di non aver rispettato alcune delle sue regole.

Le decisioni, in particolare, nell’ambito di questo ciclo di infrazione, comprendono 32 lettere di costituzione in mora e 53 pareri motivati . 12, inoltre, i casi sottoposti dalla Commissione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, mentre 135 sono i casi archiviati visti i correttivi adottati dai vari Paeri UE.

L’Italia, in particolare, è stata bacchettata per non aver applicato correttamente le norme ai sensi della direttiva sui ritardi di pagamento ( direttiva 2011/7/UE ). Ritardi, come facilmente desumibile, che producono effetti negativi sulle imprese, riducendo la liquidità, impedendo la crescita, ostacolando la resilienza e ostacolando potenzialmente gli sforzi per diventare più ecologici e più digitali. 

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La direttiva sui ritardi di pagamento obbliga, infatti, le autorità pubbliche a pagare le fatture entro 30 giorni (o 60 giorni per gli ospedali pubblici). Una direttiva nata anche con lo scopo di dare il buon esempio nella lotta contro la cattiva cultura dei pagamenti nel mondo degli affari.

Ancora, il “Bel Paese” è stato “cazziato” per non aver recepito integralmente le norme dell’UE sull’accessibilità di prodotti e servizi per le persone con disabilità ( Direttiva (UE) 2019/ 882 ), per le quali i prodotti e servizi chiave come telefoni, computer, e-book, servizi bancari e comunicazioni elettroniche devono essere accessibili per le persone con disabilità, al fine di aumentarne la partecipazione attiva nella società, nonché maggiori opportunità di autonomia e mobilità delle persone con disabilità, che rappresentano almeno 87 milioni di cittadini europei. 

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Infine la Commissione ha “invitato” l’Italia a prevenire l’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblicola direttiva 1999/70/CE del Consiglio). La legge italiana, nel dettaglio, non previene o sanziona sufficientemente l’uso abusivo dei contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico in Italia. Ciò include insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole pubbliche, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’educazione artistica, musicale e coreutica superiore, personale dell’opera, personale degli istituti pubblici di ricerca, operatori forestali e personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco. 

Lavoratori, ricordano dalla Commissione, che hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, il che costituisce una discriminazione ed è contrario al diritto dell’UE.

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