Jill Stein: “Un anno di guerra e genocidio palestinese”.

Il 7 ottobre 2024, si è celebrato un anno dall’attacco di Hamas a Israele. Un’azione, che molti ritengono abbia innescato la campagna genocida di Israele contro Gaza sostenuta dagli Stati Uniti, diluitasi in tutta la regione mediorientale, esplodendo di fatto in una guerra regionale.

Ma, come ricordato dalla candidata dei Verdi americani, Jill Stein, la storia non è iniziata il 7 ottobre 2023.

Per comprendere la situazione attuale, bisogna, infatti, tornare indietro almeno fino al 1948, alla Nakba, la brutale espulsione di massa dei palestinesi indigeni dalle loro case da parte dei paramilitari sionisti e del neonato Stato di Israele. Una nuova entità statale nata con la forza e che ha prodotto fin dal suo insediamento violenza, occupazione, sfollamento, espropriazione, apartheid e pulizia etnica.

“Il colonialismo dei coloni, l’occupazione, il genocidio e tutte le forme di oppressione hanno sempre provocato resistenza – ha dichiarato Jill Stein -. Se ci limitassimo a condannare la violenza “da tutte le parti” senza prima riconoscere le condizioni sottostanti dell’oppressione e fare tutto il possibile per rettificare tali condizioni, non solo non affronteremmo le cause profonde del problema, ma rischieremmo di diventare complici dell’ingiustizia tracciando una falsa equivalenza tra oppressore e oppresso. Come ha osservato Desmond Tutu, “se sei neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto la parte dell’oppressore”.

Uno dei più grandi artefici del cambiamento non violento della storia, Martin Luther King Jr., identificò il “grande ostacolo nel cammino verso la libertà” come “il moderato bianco che è più devoto all’ordine che alla giustizia” e “che preferisce una pace negativa che è l’assenza di tensione a una pace positiva che è la presenza della giustizia”. Per troppo tempo, il governo degli Stati Uniti ha sostenuto la versione israeliana di “ordine” e “pace” che richiede la sistematica sottomissione dei palestinesi all’ingiustizia violenta. Ma ogni volta che alle persone vengono negati i loro diritti umani, la resistenza è inevitabile. Perfino il presidente (purtroppo osannato) Kennedy lo riconobbe con la sua affermazione che “coloro che rendono impossibile la rivoluzione pacifica renderanno inevitabile la rivoluzione violenta”.

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“King – ha aggiunto la leader del Partito dei Verdi – ha anche riconosciuto l’ipocrisia e l’inutilità di condannare la violenza degli oppressi senza prima affrontare la violenza dell’oppressione”. “Sapevo che non avrei mai più potuto alzare la voce contro la violenza degli oppressi nei ghetti senza prima aver parlato chiaramente al più grande fornitore di violenza nel mondo di oggi: il mio stesso governo”. Il Governo degli Stati Uniti è pienamente complice della violenza che Israele ha inflitto ai palestinesi e ad altri, dopo aver fornito a Israele oltre centocinquanta miliardi di dollari in aiuti militari e aver protetto Israele dalla responsabilità verso la comunità internazionale per la sua lunga storia di sfida al diritto internazionale. Per gli americani condannare la resistenza palestinese mentre il nostro stesso governo opprime attivamente il popolo palestinese non sarebbe né giusto né favorevole alla pace”.

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Gli eventi del 7 ottobre 2023 sono stati trasformati in un’arma per giustificare il genocidio dei palestinesi. Eppure è diventato chiaro che i resoconti ufficiali del 7 ottobre non solo sono stati separati dal contesto storico, ma sono stati distorti nei fatti per servire l’agenda del Governo israeliano di Benjamin Netanyhau. Uno dei grandi artefici dello sviluppo del movimento di resistenza palestinese, Hamas.

“L’ABC News australiana nel mese di settembre 2023 aveva dichiarato che le forze israeliane avevano apparentemente applicato la “Direttiva Annibale” il 7 ottobre, uccidendo un numero imprecisato di propri cittadini nel tentativo di impedire che venissero presi in ostaggio”, ricorda la Stein. “Anche il discorso ufficiale sugli ostaggi è stato estremamente unilaterale, raramente, se non mai, menzionando che migliaia di palestinesi sono tenuti prigionieri da Israele senza accusa. Dagli omicidi della “Direttiva Annibale” al disprezzo di Netanyahu per le famiglie degli ostaggi israeliani, fino all’espansione della guerra da parte di Israele ben oltre Gaza, è chiaro che il governo israeliano non ha agito spinto dalla preoccupazione per gli ostaggi, ma ha solo usato tali preoccupazioni come giustificazione per lanciare un programma preconcetto di conquista e genocidio”.

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Solo nelle ultime settimane, la situazione è peggiorata ulteriormente. In una massiccia escalation della sua guerra genocida contro Gaza, Israele ha invaso il Libano. Poco dopo, l’Iran ha lanciato una raffica di missili su Tel Aviv in risposta agli attacchi di Israele contro Libano, Siria, Yemen, Palestina e Iran stesso (ricordiamolo l’omicidio politico del capo di Hamas avvenuto in uno Stato sovrano), sollevando timori di una guerra in continua espansione in Medio Oriente.

“Se volesse – conclude Stein – il presidente Biden potrebbe fermare questa guerra con una telefonata al primo ministro israeliano, come fece Ronald Reagan nel 1982. La macchina da guerra di Israele dipende completamente dalle armi, dal denaro, dal supporto militare e diplomatico forniti dai contribuenti statunitensi. Ma invece l’amministrazione Biden-Harris è complice dei piani di Netanyahu di espandere questa orribile guerra. Un recente articolo del Politico intitolato “I funzionari statunitensi hanno silenziosamente sostenuto la spinta di Israele contro Hezbollah” ha rivelato che i principali consiglieri di Biden hanno effettivamente incoraggiato Israele a invadere il Libano, nonostante le affermazioni dei democratici secondo cui Kamala Harris sta “lavorando instancabilmente per un cessate il fuoco”.

foto hosny salah da Pixabay.com