Italia e tutela del lavoro. Sono 4 i milioni di lavoratori senza ‘salvagente’.
Durante la fase pandemica in Italia sono stati più di 6milioni i beneficiari delle integrazioni salariali, per una spesa di 18 miliardi di euro a cui si sono aggiunti 4 milioni di beneficiari di indennità assistenziali non coperti dal sistema assicurativocon una spesa complessiva di 6 miliardi di euro. Ma finita la fase di emergenza sanitaria nel nostro Paese l’applicazione dell’universalismo differenziato non è stata corretta. Ciò non significa applicare uno stesso strumento assicurativo ad aziende con caratteristiche diversificate, come è avvenuto attraverso una maggiore estensione delle integrazioni salariali, ma come sostiene l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) strutturare un nuovo modello di protezione sociale dei lavoratori su interventi di diversa natura (assicurativi e assistenziali) per rispondere a mercati del lavoro sempre più frammentati e digitalizzati. Se non si fa questo “in Italia rimangono scoperti, in caso di crisi, più di 4 milioni di lavoratori non standard, quelli anziani sopra i 52 anni, i contingenti, gli autonomi individuali, gli inoccupati in cerca di lavoro, i lavoratori delle piattaforme e i “working poors”.
È quanto è emerso da due rapporti di ricerca del progetto PTA INAPP Ammortizzatori Sociali 2022-2024 presentati oggi durante il convegno “La Protezione Sociale dei Lavoratori al Bivio”.
“In sostanza nella fase emergenziale sanitaria il sistema sembrava estendersi verso il principio di un universalismo differenziato, oltre ad un aumento delle integrazioni salariali erano stati introdotti dei sussidi assistenziali per particolari soggetti lavorativi (lavoratori autonomi, contingenti, stagionali, occasionali). Dopo la fase pandemica – ha dichiarato Sebastiano Fadda, Presidente dell’Inapp – mentre si è consolidata l’estensione assicurativa, si è persa completamente l’esperienza delle indennità assistenziali. Così la fase emergenziale ha inciso solo parzialmente sull’estensione del sistema ordinario, aumentando la copertura dei tradizionali schemi assicurativi ma perdendo completamente i programmi assistenziali in caso di perdita del lavoro per tutti quei soggetti esclusi dalle misure assicurative-contributive”.
Nel nostro Paese, ricordano dall’INAPP, dopo l’emergenza covid-19 si è realizzata una maggiore estensione delle integrazioni salariali, ma si è persa completamente l’esperienza delle indennità assistenziali. In particolare si è proceduto ad una non corretta interpretazione del principio dell’universalismo differenziato che non significa estendere una stessa misura assicurativa a tutte le tipologie di impresa, ma costruire un sistema di protezione della forza lavoro basato su programmi di natura diversificata, tra loro integrati e distinti dagli schemi di reddito minimo. In tal modo in Italia rimane ancora assente un regime di protezione dei lavoratori realmente universale, sempre troppo ancorato a consistenti schemi assicurativi categoriali e ad uno schema di reddito minimo in via di profonda ridefinizione, senza nessun’altra forma di protezione assistenziale nel mercato del lavoro a separare i due programmi, così distanti per natura, funzione e condizionalità.
In Spagna un articolato sistema di sussidi contro la disoccupazione (assicurativi e assistenziali), oltre a garantire un più alto livello di copertura, l’85% dei soggetti in una condizione di disoccupazione nel 2020, rappresenta anche un filtro per il lavoro non standard e la disoccupazione di lunga durata prima che si configuri come beneficiario degli schemi di reddito minimo. Scenario similare è quelloche si ha in Francia: anche qui abbiamo ammortizzatori sociali contributivi e un sussidio assistenziale che ha coinvolto nel 2020 circa 400mila beneficiari. Inoltre il sistema francese prevede per i lavoratori poveri un sostegno al reddito e un intenso piano di attivazione formativo, che ha coinvolto nel 2020 più di 4 milioni di working poors e un sostegno per l’assistenza abitativa. Appare evidente che anche nel caso francese l’articolazione del sistema di protezione reddituale della forza lavoro determina un minore accesso di soggetti occupabili verso gli schemi di reddito minimo. Le analisi evidenziano anche come l’attuazione di una dinamica di costruzione di un sistema di protezione sociale dei lavoratori incentrato sul principio dell’universalismo differenziato garantisce elasticità al sistema.
“Oggi gli interventi di protezione della forza lavoro riguardano le politiche sociali e il sostegno al reddito nei casi di povertà e di disoccupazione – ha concluso il Presidente dell’Inapp – Bisognerebbe pensare a migliorare il sistema per estendere la protezione anche al lavoro “non standard”, come quello autonomo, contingente, part-time involontario o delle piattaforme. Questi lavoratori non possono essere “dimenticati” dal sistema di protezione sociale, proprio per questo occorre pensare a misure di sostegno per tutte quelle figure che non godono oggi di alcun paracadute al termine spesso di singole o brevi esperienze lavorative, in modo da rendere finalmente universale un sistema di protezione sociale dei lavoratori capace di affrontare con efficacia le nuove sfide di un mercato del lavoro sempre più frammentato e composto da posizioni lavorative spesso discontinue, atipiche e legate a rapidi e profondi cambiamenti strutturali”.