Insularità. Alla Camera via libera dalla I commissione.

Via libera dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati, riunita in sede referente, alla Proposta di legge Costituzionale d’iniziativa popolare per “il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità”.

In particolare, all’articolo 119 della Costituzione, dopo il quinto comma, la proposta di legge prevede l’inserimento della seguente frase “La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.

L’iter del provvedimento, come ricordato dal centro studi del Senato e della Camera dei Deputati, è iniziato al Senato che lo ha approvato in prima deliberazione nella seduta del 3 novembre 2021. Sono stati 223 i votanti, 223 i voti favorevoli, nessun voto contrario e nessun astenuto. La Commissione Affari costituzionali del Senato aveva avviato il 4 febbraio 2020 l’esame in sede referente della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare. A seguito dell’esame in sede referente – concluso nella seduta del 27 ottobre 2021 – la Commissione ha poi proposto all’Assemblea l’approvazione del testo come modificato in sede emendativa con il seguente nuovo titolo: “Modifica all’articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità”.

Successivamente, il 30 marzo 2022, il testo della proposta di legge costituzionale, è stato approvato dalla Camera dei deputati senza apportarvi alcuna modifica rispetto al testo già approvato dal Senato in prima deliberazione.

L’esame in sede referente è iniziato nella seduta del 23 novembre 2021. In sede di Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, tutti i gruppi hanno convenuto di rinunciare alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti.

Nella seduta del 12 gennaio 2022, la Commissione Affari costituzionali, preso atto del nulla osta espresso dalla V Commissione Bilancio, ha deliberato di conferire alla relatrice il mandato a riferire favorevolmente all’Assemblea sul
provvedimento.

Il 30 marzo 2022 l’Assemblea della Camera ha approvato il progetto di legge in prima deliberazione senza apportarvi modifiche e oggi è arrivato anche il via libera dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati. Manca ora l’ultimo passaggio previsto per il prossimo mese di luglio.

Il contenuto della proposta di legge. La proposta di legge costituzionale approvata dal Senato in seconda deliberazione è diretta ad introdurre un comma aggiuntivo dopo il quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, ai sensi del quale la
Repubblica: “riconosce le peculiarità delle Isole” e “promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti
dall’insularità”.

La formulazione originaria della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare prevedeva che lo Stato fosse tenuto a riconoscere «il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità» e a disporre «le misure necessarie a garantire un’effettiva parità e un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili».

I principali elementi di novità rispetto al testo iniziale della proposta di legge, introdotti in esito all’istruttoria legislativa svolta al Senato, possono essere individuati come segue: “è la Repubblica, e non soltanto lo Stato, a farsi carico dell’intervento pubblico in favore delle Isole” e ancora che “il riconoscimento riguarda le «peculiarità delle Isole» (e non più il “grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità”); la Repubblica inoltre “promuove – nel precedente testo lo Stato disponeva – misure per rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.

Nel dibattito svoltosi al Senato è stato evidenziato in particolare come le modifiche siano volte ad evitare che il termine insularità in Costituzione sia considerato esclusivamente come fonte di svantaggio e di conseguenti ristori di tipo economico e finanziario. Per tale ragione, è stato inserito il riferimento al riconoscimento delle peculiarità delle isole, espressione che se intesa in un’accezione ampia, inclusiva della promozione delle specificità, e non ad una mera presa d’atto – sottende una valorizzazione delle specificità di carattere culturale, storico, naturalistico di tali territori.

E’ stato inoltre evidenziato – riguardo alla sostituzione del riferimento allo Stato con quello alla Repubblica – come sarebbe stato limitativo circoscrivere allo Stato, e non anche agli altri enti costituenti la Repubblica, il compito di riconoscere le peculiarità delle isole.

Ciò premesso, tenuto conto della ratio dell’art.119 della Costituzione all’interno del quale la disposizione in commento si colloca, nell’ambito degli enti che compongono la Repubblica non può che essere lo Stato ad assumere il compito principale di rimozione degli svantaggi derivanti dall’insularità specie nella misura in cui il territorio insulare coincide con
quello regionale. Del resto è proprio l’articolo 119 che, al quinto comma, attribuisce allo Stato il compito – per molti aspetti analogo – di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

L’art. 119 della Costituzione reca, inoltre, la disciplina dell’autonomia di entrate e di spesa degli enti territoriali, corredata da un duplice sistema perequativo. L’attuale formulazione è il risultato delle modifiche al Titolo V introdotte con la legge costituzionale n. 3 del 2001. Le modifiche all’art. 119 della Costituzione introdotte nel 2001 hanno inserito in Costituzione il principio del federalismo fiscale, con l’obiettivo di creare uno stretto legame tra decisioni di spesa e di prelievo diretto ad
avvicinare i cittadini alle istituzioni, nel senso di favorire un’allocazione delle risorse pubbliche in termini di beni e servizi più rispondente alle preferenze di coloro che sono chiamati a sostenerne il costo. Il primo comma estende a tutti gli enti territoriali, e non solo alle Regioni (come previsto nel testo previgente), l’autonomia di entrata e di spesa. I riferimenti al rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e al concorso all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea risultano dalla modifica introdotta con l’art.4, comma 1, lettera a), della legge costituzionale n. 1 del 2012 (“Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”).

Il secondo comma afferma il principio secondo cui i predetti enti godono di risorse autonome. L’autonomia delle risorse è declinata, innanzitutto, come potestà di fissare e applicare tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e nello specifico con i principi di coordinamento della finanza pubblica, la cui competenza, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, è demandata allo Stato. Inoltre, gli enti territoriali godono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio. L’autonomia di entrata introdotta nel 2001 è in forte discontinuità con il previgente sistema, fondato prevalentemente su trasferimenti statali, quantificati sulla base della spesa storica.

Il terzo comma demanda alla legge statale l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse, nel rispetto dell’autonomia finanziaria degli enti, non possono avere una destinazione vincolata (la destinazione è decisa dagli enti stessi). La previsione di un fondo perequativo, assente nel testo costituzionale previgente, si inserisce nella logica complessiva del decentramento fiscale in cui i territori sono responsabilizzati nelle scelte di spesa e nelle decisioni relative al loro finanziamento, in modo che ne possano rispondere ai propri elettori. In un sistema in cui il gettito delle entrate è collegato al territorio risulta coerente, e persino necessario nel rispetto dell’unitarietà della Repubblica sancita agli artt. 5 e 114 Cost. prevedere un sistema perequativo che intervenga a sostegno dei territori in cui le entrate non siano adeguate, a motivo del minor grado di sviluppo dei territori, misurato attraverso la minore capacità fiscale, e non dell’inefficienza amministrativa dell’ente territoriale.

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Il quarto comma stabilisce il principio della necessaria corrispondenza fra funzioni attribuite e risorse.

Il quinto comma dispone in ordine a risorse statali aggiuntive (rispetto a quelle percepite ai sensi dei commi illustrati) nei confronti degli enti territoriali e all’effettuazione da parte dello Stato di interventi speciali in favore di tali enti al fine di perseguire una o più delle seguenti finalità: promuovere sviluppo economico, coesione e solidarietà sociale, rimuovere
gli squilibri economici e sociali, favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

Nella versione dell’articolo 119 prima della riforma del Titolo V, era presente un comma (il terzo) che presentava una formulazione per alcuni aspetti analoga a quella della proposta di legge in commento, prevedendo interventi al fine di favorire talune zone svantaggiate. Al fine di “provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole”, lo Stato era chiamato ad assegnare, con propria legge, “contributi speciali” “a singole Regioni”.

Con la revisione del Titolo V del 2001: i) si è determinata un’estensione dei destinatari delle misure statali anche a comuni, province e città metropolitane (e non più soltanto le regioni); ii) il riferimento ai “contributi statali” è stato sostituito con quello alle “risorse aggiuntive” e agli “interventi speciali”; iii) è scomparso il riferimento alla valorizzazione del Mezzogiorno e delle Isole come finalità prioritaria (ma non esclusiva) dell’intervento statale; iv) sono state definite con maggior dettaglio le finalità e gli ambiti dell’intervento pubblico (sviluppo economico, coesione e solidarietà sociale, rimozione degli squilibri
economici e sociali, effettivo esercizio dei diritti della persona, o altri scopi diversi dall’esercizio delle funzioni proprie degli enti) rispetto al testo previgente (in cui i contributi speciali erano diretti a “provvedere per scopi determinati”).

Il sesto comma completa i principi sul decentramento fiscale prevedendo che gli enti territoriali siano titolari di un proprio patrimonio (attribuito sulla base dei principi determinati dalla legge dello Stato), introducendo la cosiddetta regola aurea dell’indebitamento, strumento a cui si può far ricorso esclusivamente al fine di finanziare spese di investimento e chiarendo che non è prevista alcuna garanzia statale sui prestiti contratti dagli enti.

I territori insulari nei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119. Il riferimento ai territori insulari, espunto dalla Costituzione nel 2001, viene in parte recuperato in sede di attuazione dell’art. 119 della Costituzione.

La legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, dispone (all’art. 16, comma 1) che i decreti legislativi delegati debbano rispettare i seguenti principi e criteri direttivi: a) gli interventi finalizzati agli obiettivi ex art. 119, quinto comma, Cost. sono finanziati con contributi speciali statali, nonché con i finanziamenti dell’Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali, secondo il metodo della programmazione pluriennale. I finanziamenti dell’Unione europea non possono peraltro essere sostitutivi dei contributi speciali dello Stato; b) i contributi speciali statali devono confluire in
appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni; c) occorre tener conto delle “specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alla realtà socio-economica, al deficit infrastrutturale, ai diritti della persona, alla collocazione geografica degli enti, alla loro prossimità al confine con altri Stati o con regioni a statuto speciale, ai territori montani e alle isole minori, all’esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale”; d) vanno definiti interventi mirati a “promuovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la solidarietà sociale, a rimuovere gli squilibri economici e sociali e a favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”. In proposito, la rimozione degli squilibri strutturali nelle
aree sottoutilizzate si attua “attraverso interventi speciali organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione”; e) devono essere definite le modalità per cui gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate dallo Stato ai sensi dell’art.119, quinto comma, Cost. siano oggetto di intesa in sede di Conferenza unificata e siano disciplinati e quantificati con cadenza annuale in sede di manovra economica.

La legge delega prevede, inoltre, all’art. 22 disposizioni in materia di perequazione infrastrutturale. Tale disciplina – oggetto di novella (si veda l’art.15 del DL n.121 del 2021) – prevede la ricognizione della dotazione infrastrutturale del Paese, l’individuazione del divario tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e la conseguente adozione di misure volte ad assorbirlo, attraverso interventi finanziati da un fondo con una dotazione pari a 4,6 miliardi di euro.

Al riguardo, il comma 1-bis del citato art. 22 dispone, alla luce degli esiti della richiamata fase ricognitiva, in ordine all’individuazione, con il coinvolgimento delle regioni, dei criteri con cui effettuare la perequazione per ridurre il divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del Paese. Nello specifico, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare7 entro il 31 marzo 2022, fra l’altro, la definizione dei criteri di priorità e delle azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalla ricognizione. A tal fine, occorre accordare priorità alla specificità insulare e tener conto (a condizione che sia comunque assicurato il rispetto dei termini
previsti dal medesimo articolo 22) di quanto previsto dall’articolo 1, comma 690, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (che attribuisce alla commissione paritetica per l’attuazione dello statuto della Regione Siciliana il compito di quantificare i costi
derivanti dalla condizione di insularità per la medesima Regione) e degli esiti del tavolo tecnico-politico sui costi dell’insularità di cui al punto 10 dell’accordo in materia di finanza pubblica fra lo Stato e la regione Sardegna del 7 novembre 2019.

Al riguardo il punto n.10 del citato accordo, al secondo periodo, reca l’intesa fra lo Stato e la Regione per l’istituzione “entro 60 giorni” dalla sottoscrizione dell’accordo medesimo di un “tavolo tecnico-politico per la definizione degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione di insularità come enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6/2019 e degli strumenti compensativi più idonei alla loro rimozione in ossequio ai principi di uguaglianza, coesione territoriale e pari opportunità”. Ai sensi del terzo periodo, al tavolo è demandata la predisposizione entro il 30 giugno 2020 di un testo di accordo istituzionale, che le parti si impegnano a sottoscrivere.

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Per completare il richiamo allo stato di attuazione della delega per gli aspetti che qui interessano, occorre richiamare il D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88 (“Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42”).

Ai sensi dell’art. 1, il provvedimento disciplina “le modalità per la destinazione e l’utilizzazione di risorse aggiuntive, nonché per l’individuazione e l’effettuazione di interventi speciali, al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”, con il fine di perseguire anche la perequazione infrastrutturale. Nello specifico, si prevede il coordinamento di tali interventi con quelli orinari effettuati attraverso le risorse previste a legislazione vigente.

Le predette finalità sono perseguite prioritariamente con le risorse per spese in conto capitale del Fondo per lo sviluppo e la coesione e con i finanziamenti a finalità strutturale dell’Unione europea e i relativi cofinanziamenti nazionali.

L’effettuazione degli investimenti deve avvenire nel rispetto dei seguenti principi e criteri: a) leale collaborazione istituzionale tra lo Stato, le Regioni e le autonomie locali e coinvolgimento del partenariato economico-sociale per
l’individuazione delle priorità e per l’attuazione degli interventi, tenendo conto delle specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alle condizioni socioeconomiche, al deficit infrastrutturale e ai diritti della persona; b) utilizzazione
delle risorse secondo il metodo della programmazione pluriennale, nell’ambito di piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione, assicurando la ripartizione dell’85 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord anche con riferimento alle zone di montagna, a quelle confinanti con Regioni a statuto speciale e alle isole minori; c) aggiuntività delle risorse rispetto alle spese ordinarie (art. 2).

La gestione del fondo è demandata ad un contratto istituzionale di sviluppo stipulato tra Governo, Regioni e amministrazioni competenti. Le criticità nell’attuazione del quinto comma dell’art. 119 circa la perequazione infrastrutturale si aggiungono peraltro alle difficoltà attuative del terzo comma del medesimo articolo, che prevede un fondo di perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Appare al riguardo problematico giustificare, o quanto meno quantificare, l’intervento pubblico solidaristico nel caso in cui le entrate tributarie non siano in grado di assicurare i servizi essenziali, senza che sia portato a compimento il processo di definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali, dei fabbisogni e dei costi standard.

Con riferimento agli enti locali (in particolare delle regioni a statuto ordinario) sono stati compiuti negli ultimi anni passi in avanti, con particolare riguardo alla stima dei fabbisogni standard, che vengono utilizzati nell’ambito dei criteri per il
riparto del Fondo di solidarietà comunale. Rimane tuttavia incompiuto il processo di determinazione dei LEP, che presuppongono una scelta in ordine all’ammontare di servizio o della prestazione che deve essere garantito dal settore pubblico in modo uniforme sul territorio. Con riferimento alle regioni, se si eccettua il settore sanitario (in riferimento al
quale sono stati definiti i LEA), per le regioni non si è completato né il processo di definizione dei fabbisogni standard, né quello di definizione dei LEP.

Le entrate degli enti locali oggi si sorreggono prevalentemente sull’imposta municipale propria, sull’addizionale comunale dall’IRPEF e sulla TASI, cui si aggiungono i trasferimenti perequativi a carico del Fondo di solidarietà comunale.

Gli interventi legislativi statali ad hoc sul tema dell’insularità. Il riconoscimento dell’esigenza di un intervento pubblico in relazione ai disagi connessi all’insularità è contenuto anche in interventi legislativi successivi alla legge n. 42, che sono diretti a specifiche realtà insulari (Sicilia e Sardegna) e non al complesso dei territori insulari. In proposito, si segnalano, fra gli altri, i seguenti: il D.L. 25/11/2015, n. 185 (“Misure urgenti per interventi nel territorio”), art.10. La disposizione attribuisce alla regione Sardegna 30 milioni di euro per il 2015 al fine di “garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sardegna, che consenta la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione di insularità e assicuri la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti” (in merito alla continuità territoriale si veda la relativa scheda di approfondimento); la L. 28/12/2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), art. 1, comma 486. La norma destina 20 milioni di euro per il 2016 alla Regione siciliana per la continuità territoriale aerea della medesima regione14; la L. 27/12/2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), art. 1, comma. La disposizione prevede l’istituzione di un Comitato istruttore paritetico Stato-regione “[i]n considerazione della condizione di insularità della Sardegna, che ne penalizza lo sviluppo economico e sociale” e, tenuto conto di una disposizione recata in una legge regionale, ai fini dell’istruttoria necessaria per l’attuazione della procedura del riconoscimento in sede europea della condizione finalizzata alla definizione
di sistemi di aiuto già previsti per le regioni ultra-periferiche di altri Stati membri dell’Unione europea.

L’obiettivo è quello di promuovere l’attivazione di un processo volto a modificare l’ordinamento vigente dell’Unione europea al fine di includere la Regione Sardegna fra le realtà territoriali ultraperiferiche, specificamente individuate nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ai cui sono riservate condizioni speciali nell’applicazione dei trattati. Ai sensi dell’articolo 349 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta misure specifiche dirette “a stabilire le condizioni di applicazione dei trattati […] ivi comprese politiche comuni” nei confronti di alcune regioni specificamente individuate: Guadalupa, della Guyana francese, della Martinica, di Mayotte, della Riunione, di Saint Martin, delle Azzorre, di Madera e delle isole Canarie. Ciò in ragione della situazione socioeconomica strutturale di quei territori, “aggravata dalla loro grande distanza, dall’insularità, dalla superficie ridotta, dalla topografia e dal clima difficili, dalla dipendenza economica da alcuni prodotti, fattori la cui persistenza e il cui cumulo recano grave danno al loro sviluppo”.

Sotto il profilo delle materie oggetto delle misure specifiche, esse concernono in particolare “politiche doganali e commerciali, politica fiscale, zone franche, politiche in materia di agricoltura e di pesca, condizioni di fornitura delle materie prime e di beni di consumo primari, aiuti di Stato e condizioni di accesso ai fondi strutturali e ai programmi orizzontali dell’Unione”. In sede di adozione delle predette misure, il Consiglio tiene conto delle caratteristiche e dei vincoli specifici delle regioni ultraperiferiche “senza compromettere l’integrità e la coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, ivi compresi il mercato interno e le politiche comuni”.

Vi è poi la L. 27/12/2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), art. 1, comma. La norma riconosce un contributo, pari a 15 milioni di euro, nell’anno 2019, “nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna che tenga conto, tra l’altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 201717, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all’insularità”. In proposito, la Regione Sardegna ha impugnato tale disposizione dinnanzi alla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 6/2019, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “nella parte in cui, nel triennio 2018-2020 e nelle more della definizione dell’accordo di finanza pubblica, non riconosce alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse”.

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La norma è stata censurata con riferimento “agli artt. 3, sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, 5 e 116 Cost., nonché agli artt. 7 e 8 dello statuto reg. Sardegna e al principio di leale collaborazione”.

Ancora la L. 27/12/2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), art. 1, comma. La disposizione, che interviene (unitamente ai commi dall’866 all’873) nell’ambito del recepimento dell’accordo in materia di finanza pubblica del 7 novembre 2019 tra il Governo e la regione Sardegna, rinvia ad una sede ad hoc la definizione della questione della compensazione dei costi
dell’insularità. Nello specifico, il citato accordo, al punto n. 10, secondo periodo, reca l’intesa fra lo Stato e la Regione per l’istituzione “entro 60 giorni” dalla sottoscrizione dell’accordo medesimo di un “tavolo tecnico politico per la definizione degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione di insularità come enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6/2019 e degli strumenti compensativi più idonei alla loro rimozione in ossequio ai principi di uguaglianza, coesione territoriale e pari opportunità”. Ai sensi del terzo periodo, al tavolo è demandata la predisposizione entro il 30 giugno 2020 di un testo di accordo istituzionale, che le parti si impegnano a
sottoscrivere.

Sempre sul tema la L. 27/12/2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), art. 1, comma. La disposizione riconosce a studenti fuori sede, lavoratori e persone con grave disabilità o che devono spostarsi per ragioni sanitarie e lavoratori un contributo per ogni biglietto aereo acquistato da e per Palermo e Catania (per un onere complessivo non superiore a 25 milioni di
euro) al fine di garantire “un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia, che consenta di ridurre i disagi derivanti dalla condizione di insularità, e assicurare la continuità del diritto alla mobilità, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea”; la L. 30/12/2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021): i) art. 1, ai commi 688 e 689, interviene al fine di “garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia, che consenta di ridurre i disagi derivanti dalla condizione di insularità e di assicurare il diritto alla mobilità […] nonché di mitigare gli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Il comma 688, in particolare, dispone che il contributo previsto dall’articolo 1, comma 124, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 è riconosciuto per ogni biglietto aereo acquistato da e per Palermo e Catania, fino al 31 dicembre 2022 nel limite delle risorse disponibili. A tal fine stanzia 25 milioni di euro per il 2020 e per il 2022. Il comma 689, inoltre, stabilisce un innalzamento da 20.000 euro a 25.000 euro della soglia di reddito lordo annuo per i lavoratori dipendenti con sede lavorativa al di fuori della Regione Siciliana e dei migranti per ragioni sanitarie che sono tra i soggetti beneficiari della misura; ancora il D.L. 21/10/2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), art.16, comma 4. Tale norma attribuisce alla regione Sardegna per l’anno 2021 l’importo di 66,6 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 806, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021),
da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali derivanti dalla condizione di insularità. Ciò in attuazione dell’accordo tra il Ministro dell’economia e delle finanze e la regione Sardegna in materia di finanza pubblica per gli anni 2022 e successivi. Le norme, tra l’altro, attribuiscono alla regione Sardegna (art. 1, comma 544) e alla regione Sicilia (art. 1, comma 546) un contributo ciascuna pari a 100 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022, da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità. Le risorse dei suddetti contributi sono una quota di quelle già accantonate con la legge di bilancio 2021 per la revisione degli accordi con le autonomie speciali, in
particolare con le regioni Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.

Gli svantaggi derivanti dall’insularità. Gli studi e la documentazione elaborata negli ultimi anni, in particolare in sede di Unione europea (si veda in particolare il documento “Islands of the EU: Taking account of their specific needs in EU policy”, 2016, a cura di European Parliamentary Research Service) evidenziano come le isole presentino situazioni di svantaggio che si riflettono su vari ambiti, fra i quali si richiamano, senza alcuna pretesa di esaustività, i seguenti: i) Trasporti. Le isole si trovano a dover far fronte ad un problema legato alla maggiore complessità nelle connessioni con la terraferma, ciò che
impone un aggravio di costi al trasporto delle persone, delle merci e dei servizi. Tale situazione ha giustificato un intervento pubblico nei casi in cui l’attività di libero mercato non sia risultata soddisfacente. Tale forma di intervento è volta a garantire la c.d. “continuità territoriale”.. ii) Ambiente. Le isole sono spesso caratterizzate da un ecosistema fragile,
particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e a fenomeni quali l’erosione della costa, la siccità e la scarsità di risorse naturali, che si collega alla dipendenza energetica con la terraferma. Inoltre minacce all’ambiente possono derivare da flussi turistici incontrollati, che sovente costituiscono la principale fonte di reddito per i territori. Tale situazione ha suggerito un intervento pubblico per favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili e, più in generale, l’adozione delle misure volte alla mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. iii) Ridotta attività economica. Le ridotte dimensioni e la scarsità delle risorse naturali spingono ad una minore diversificazione delle attività economiche e
favoriscono una specializzazione in settori economici a limitato valore aggiunto (ad es. la pesca e l’agricoltura) e/o caratterizzati da una consistente stagionalità (turismo). Investimenti nelle infrastrutture, incluse quelle della informazione e della comunicazione, potrebbero contrastare tale tendenza e favorire lo sviluppo economico in settori a maggiore valore aggiunto. iv) Consistenza demografica e lavoro. Nelle isole si riscontrano, di norma, maggiori tassi di invecchiamento della popolazione, atteso che le minori opportunità economiche incentivano lo spostamento dei giovani verso la terraferma.

Nel complesso, le situazioni di svantaggio connesse all’insularità favoriscono ridotti tassi di occupazione e una minore qualificazione professionale delle forze lavoro.